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Il pavone dell’immortalità

Policromo, cangiante, sempre diverso pur rimanendo lo stesso. Il pavone, animale sacro a Giunone, è una creatura portentosa di straordinaria bellezza e dalle capacità divinatorie. Simbolo di rinnovamento e transizione, il motivo decorativo del pavone ricorre nei primi secoli dell’era corrente tanto nell’arte paleocristiana, a rappresentare la vita eterna, quanto nel culto dei morti della religione tradizionale romana, già avviata verso un processo di profonda trasformazione. A far luce su questi aspetti alcuni ritrovamenti emersi nel corso di una recente campagna di scavo in una necropoli imperiale che si stendeva tra le ombrose valli del fiume Almone, tra il primo e il secondo miglio di via Appia Antica, tra altari funerari e strutture per le libagioni ai defunti, anche il grande mosaico di un pavone circondato da grappoli d’uva.

Destino, trasformazione e vita eterna

Uccello dalla splendida coda, pronta a schiudersi come una conchiglia rivelando brillanti piume colorate e una massa di occhi dipinti, il pavone (pavo, onis, ταώς) è animale di grande bellezza sacro a Giunone — l’agile carro sul quale la figlia di Sarurno vola nel limpido cielo è trainato da pavoni screziati (pictis, Ovidio, Metamorfosi, 2, 531).

Il pavone fa parte di una particolare categoria di uccelli divinatori, in grado di comunicare presagi con la traiettoria del loro volo (alites, Plinio, NatHist. 10, 23-24). 

Colorato, policromo, cangiante, non è mai uguale ma sempre diverso, pur rimanendo lo stesso anche quando appare differente. Insomma, tante volte esso muterà, quante volte sarà percorso da un movimento.

Così Tertulliano (De Pallio, 3, 1), che scrive in un periodo in cui il cristianesimo si sta diffondendo rapidamente in tutte le province dell’impero, anche le più occidentali, del pavone ammira il potere di trasformazione

Il motivo decorativo del pavone ricorre spesso nell’arte paleocristiana, nelle chiese bizantine e fino al Medioevo. In una chiesa del VI scolo a Nahariya, città mediterranea a nord di Israele, un mosaico pavimentale ritrae due pavoni con al centro un calice, simbolo dell’eucarestia e quindi della vita eterna

Lo stesso motivo ricorre sulla pavimentazione della basilica di San Donato a Murano, edificata nel XII secolo, dove, tra leoni, cervi e grifoni, i pavoni sono i soli animali ritratti ad avere lo sguardo rivolto verso la navata centrale, mentre afferrano con il becco un po’ di pane posizionato sopra a un calice (¹).

Mosaico con pavoni nella chiesa di Nahariya (Wiki Commons)

Transizione e rinnovamento

Il pavone è un animale davvero speciale. Ogni anno, con la caduta delle foglie, perde la coda perché una nuova, più bella e più brillante cresca al suo posto in primavera, quando i fiori spuntano dalla terra (Plinio, NatHist. 10, 23-24). Come il serpente muta e rinnova periodicamente la propria pelle, il pavone è un potente simbolo di rinnovamento che si perpetua attraverso il susseguirsi degli aurea pavonum saecla (Lucrezio, De rerum natura, II, 500),

le generazioni dorate dei pavoni cosparsi di grazia ridente.

Ed è curioso che una creatura talmente portentosa non sia stata menzionata negli Hieroglyphica di Horapollo, trattato composto nel V secolo negli ultimi ambienti pagani d’Egitto, che risponde a molte curiosità sulla scrittura geroglifica, sull’interpretazione dei simboli e sul significato astronomico di alcuni animali sacri.

— Leggi Gli Hieroglyphica di Orapollo, ovvero l’interpretazione delle oscurità

Non è però trascurato nei cosiddetti manoscritti illuminati, trattati medievali di mirabilia e bestiari, raccolte di descrizioni e immagini di fenomeni naturali e animali reali o immaginari. Compare ad esempio nel Bestiario di Northumberland di metà Duecento, in un bestiario francese dello stesso periodo, o ancora nel De natura avium della seconda metà del XIII secolo e in una miscellanea da Creta, dei primi del XVI secolo.

Dorato e scintillante, il pavone, ambivalente e doppio come si addice alle creature che segnano un passaggio, ha anche un lato d’ombra: è la moltitudine di pavoni selvatici che popola una foresta oscura (nemus opacum) con alberi mai visti altrove, nelle favolistiche Historiae Alexandri Magni (9, 1, 13). 

Il pavone in un bestiario francese del 1270 (Getty Museum

Sulla soglia dello spazio urbano...

Simbolo di rinnovamento e trasformazione, il pavone ricorre nelle decorazioni degli ambienti funebri a Roma.

In una necropoli che si stende tra il primo e il secondo miglio della via Appia Antica, al confine tra la città e il suburbio di Roma lungo la valle dell’Almone, sono stati scoperti tre mosaici, uno con motivi geometrici, uno con iscrizione e un altro, più completo e meglio conservato, con al centro un pavone raffigurato nel momento in cui sta beccando l’uva da tralci di vite che fuoriescono da grandi contenitori ai quattro lati della composizione (²). 

In uso dal II al IV secolo, il complesso funerario è situato in un luogo di passaggio demarcato territorialmente dal fiume Almone. Gli arredi, le decorazioni e i monumenti che custodisce raccontano usi e tradizioni della classe medio-alta in un momento di transizione, quando la cultura locale si stava ibridando e fondendo con quella giudaico-cristiana, mantenendo però ancora la struttura funzionale dei suoi riti e delle sue credenze. 

— Leggi anche La fine di un mondo. Ultimi tentativi di restaurazione pagana a Roma

Costituita da una serie di monumenti di piccole dimensioni, tra cui un altare funerario in marmo bianco iscritto, la necropoli ospita colombari per la deposizione delle urne e sepolture per inumazione, destinate a ceti meno abbienti e databili a una fase successiva. 

Altri culti erano attivi nel suburbio circostante la necropoli, primo tra tutti quello di Marte Gradivo, dio della crescita e dell’azione militare, che qui aveva un templum, uno spazio sacro, e un aedes, un tempio monumentale: adatto a un luogo che è porta d’accesso naturale alla città anche per gli eserciti in partenza e di ritorno dalle campagne di guerra. 

Presso il fiume Almone, inoltre, annualmente, nel mese di marzo, i sacerdoti attendevano al lavaggio rituale della statua aniconica di Cibele e dei coltelli usati nei sacrifici: «là dove [...] l’Almone lava i coltelli della gran Madre frigia» (Marziale, Epigrammi, III, XLVII).

— Leggi anche In deorum Matrem. Inno alla Madre degli dei

Mosaico con pavone emerso negli scavi della necropoli di via Appia Antica (Appiantica39)

... e del mondo dei morti

Oltre ai mosaici, il progetto interdisciplinare di scavo e ricerca Appia Antica 39 dell’Università degli studi di Ferrara, avviato nel 2022, ha restituito pitture parietali, olle in ceramica da fuoco per le ceneri, e inoltre una piccola lucerna a forma di uccello e un balsamario di vetro, posti a corredo di una delle incinerazioni. 

Sui pavimenti degli edifici sono stati rinvenuti anche dei fori, dove venivano inseriti i tubuli usati per le libagioni ai defunti, compresi i tappi in marmo che li coprivano.

— Leggi Tradizione funeraria romana

Il paesaggio della valle dell’Almone, in questo tratto extraurbano della Regina viarum dove il fiume è al tempo stesso elemento di separazione e comunicazione con il mondo dei morti, caratterizzato da un clima umido e un aspetto acquitrinoso, costituiva l’ambiente ideale per il proliferare di entità ctonie di varia natura, come la ninfa Egeria, e le anime dei morti. Non è inappropriato, allora, che questo luogo sia stato scelto come sede di una necropoli, decorata con i simboli dell’immortalità.

(1) I. Costantini, I mosaici della Basilica dei Santi Maria e Donato a Murano, tesi di laurea, Università Ca’ Foscari, Venezia 2015-16. 

(2) R. Dubbini, Appia Antica 39, R. Dubbini et al., Laboratorio archeologico di via Appia Antica 39. Un paesaggio di confine tra la città e il suburbio di Roma, in “Bollettino di Archeologia Online”, XIV, 1, 2023, pp. 305-331. Cfr. anche G. Marziali, Il pavone magico ultima scoperta sull’Appia Antica, in “La Repubblica Roma”, 11 agosto 2025, p. 7. 

In copertina: xilografia di un artista indiano, fine XIX secolo (Wellcome Collection)

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