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L’Apollo di Mantiklos

Statuetta votiva in bronzo in stile dedalico proveniente dalla Beozia (forse dal santuario di Apollo Ismenio a Tebe, 700-675 aev circa), elegante e raro esempio di scultura protoarcaica e antichissima testimonianza di scrittura beota, reca una iscrizione nella formula di una preghiera e dedica al dio.

La figura allungata del kouros in piedi, virile e indistinta, denota attenzione alle proporzioni umane e al tempo stesso una tendenza all’astrazione

La lunga capigliatura, distribuita in boccoli che scendono sulle spalle ampie e modulata su linee diagonali ravvicinate, ricorda lo stile dedalico. Un’alta cintura stringe la vita sottile e le incisioni sulla fronte, attorno al capo e lungo la parte centrale fanno pensare che vi calzasse un elmo o una corona, di altro materiale.

Il guerriero e l’offerente

Non è chiaro se la statuetta rappresenti il dedicante o la divinità a cui l’offerta era rivolta. Nella mano sinistra, ora mancante, avrebbe potuto stringere un arco, simbolo di Apollo, anche perché delle linee sul dorso indicherebbero la presenza di una faretra. 

Oppure può trattarsi di un guerriero recante una lancia nella mano destra, chiusa e attraversata da un foro, e nella sinistra uno scudo.

Il dio saettante

Lira, cetra, arco, lancia e alloro sono i simboli di Apollo che, con linguaggio omerico, viene ricordato qui con i suoi attributi di divino arciere

Lungo le cosce, sulla parte frontale, in senso bustrofedico (da destra a sinistra, poi da sinistra a destra e così via, come il segno tracciato dai buoi con l’aratro), sono incisi due esametri che, nella formula di una preghiera e di una dedica, stabiliscono un patto di relazione tra l’uomo e il dio:

ΜΑΝΤΙΚΛΟΣ ΜΑΝΕΘΕΚΕ FΕΚΑΒΟΛΟΙ ΑΡΓΥΡΟΤΟΧΣΟΙ ΤΑΣ ΔΕΚΑΤΑΣ ΤΥ ΔΕ ΦΟΙΒΕ ΔΙΔΟΙ ΧΑΡΙFΕΤΤΑΝ ΑΜΜΟΙΒ[ΑΝ]
Mantiklos mi dedicò al (dio) abile nel lanciare, dall’arco d’argento, come decima, e tu, Febo, da(gli) in cambio una gradita ricompensa.


L’indovino

La statuetta fu con buona probabilità eseguita dall’offerente stesso. Mantiklos potrebbe essere stato lo stesso artista che, dopo aver realizzato la piccola scultura, volle dedicarla al dio e consacrargli la decima dei suoi profitti. 

Se ricondotto ai termini μάντις e κλέος (“indovino” e “fama, gloria”), il nome potrebbe nascondere un’allusione alla professione del dedicante, dietro il quale forse si celava un uomo celebre per le sue doti divinatorie

Se così fosse, la scelta stilistica dell’esametro sarebbe appropriata non solo per propositi estetici, o per delineare un rispettabile contesto epico, ma perché era il metro usato per la redazione degli oracoli, ai quali conferiva una grave solennità.

Lettura del testo greco – dell’ultima lettera rimane solo una linea verticale – proposta da Hansen, Carmina Epigraphica Graeca, 1983; traduzione e commento di P. Monella, L’Apollo di Mantiklos, Università degli Studi di Palermo. Cfr. anche Comstock, Vermeule, Greek, Etruscan and Roman bronzes in the Museum of Fine Arts, Boston, Museum of Fine Arts, Boston 1971. La statuetta è conservata al Museum of Fine Arts di Boston.

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