Demone dall’aspetto feroce, Pazuzu compare diffusamente sugli amuleti protettivi nella Mesopotamia del I millennio. Forza devastante che minaccia la natura, il bestiame e l’uomo, egli ha però, secondo il principio dell’ambiguità della magia, anche il potere di sconfiggere gli altri demoni, cosa che assicura la sua funzionalità come amuleto protettivo, senza che quel potere distruttivo si abbatta su colui che intende proteggere.
Retro della statuetta in bronzo conservata al Louvre, l’iscrizione reca una formula di incantesimo di tipo “standard A” (cfr. infra). |
L’attitudine aggressiva di Pazuzu è splendidamente confermata dalle sue rappresentazioni. Il volto e l’espressione sono un misto di elementi terio e antropomorfi: la testa ha una peculiare forma rettangolare, mascelle canine, corna caprine, una bocca aperta a mostrare la larga lingua e occhi tondi al di sotto di due sottili sopracciglia.
Altre caratteristiche sono la barba umana tagliata orizzontalmente, orecchie umane, sporgenze rotonde sulla testa e la gola segnata da linee orizzontali. Il suo corpo è piccolo, sottile e allungato da cane affamato con le costole sporgenti, cosce umane o animali e talloni d’uccello, spalle anch’esse umane e braccia che si protendono a stringere una clava, l’arma del predatore.
Completano la sua iconografia il pene eretto e terminante con una testa di serpente, un paio di ali sulla schiena e la coda di scorpione.
Una fortuna di massa
Mentre le caratteristiche fisiche sono comuni a molti demoni, la sua faccia è estremamente peculiare e le sue caratteristiche appartengono solo a lui, e, pars pro toto, spesso ne veniva utilizzata solo la testa.
Le teste di Pazuzu, che nella maggior parte dei casi costituivano esse stesse un amuleto, in altri erano usate insieme ad altri sigilli, venivano lavorate in metallo, pietra, vetro, osso o, più frequentemente, in cera. A figura intera o solo con la testa, compare regolarmente negli amuleti insieme alla demonessa Lamaštu, figlia di Anu. La maggior parte delle statuette è stata realizzata tra il VII e il VI secolo, mentre le ultime risalgono all’epoca seleucide.
La storia di Pazuzu costituisce il suo primo mistero. Sono state date diverse spiegazioni alla sua improvvisa diffusione nella prima metà del I millennio: certo non si esclude la sua provenienza autoctona, mesopotamica, ma si riscontrano connessioni iconografiche con le rappresentazioni tarde dell’egiziano Bes. Le prime raffigurazioni di datazione certa provengono dalle tombe reali di Kalhu (Nimrud) risalenti alla fine del XIII secolo, mentre il primo riferimento testuale è in una lettera del 670 aev circa.
La fattura di questi oggetti denota un utilizzo privato, come dimostra la loro presenza nelle sepolture quale parte degli averi del defunto: molti amuleti sono piccoli e presentano un foro dove presumibilmente infilare una catenella, che il portatore teneva con sé come elemento decorativo appeso al collo o sulle fibulae; anche i sigilli e le statuette sono una combinazione di funzione protettiva ed estetica.
Ulteriori conferme sono i documenti tardo-neobabilonesi che descrivono la gioielleria indossata dalle dee nel tempio, tra cui è annotato “un Pazuzu d’oro appeso a un filo d’oro”.
Le statue e le raffigurazioni più grandi erano usate nelle case e appese al muro come protezione: una delle rare statuette di Pazuzu ritrovate in situ era poggiata sul pavimento (forse caduta dopo l’abbandono della casa) e rivolta verso la porta d’ingresso di una importante dimora residenziale nella città neoassira di Dur-Katlimmu.
Se accettiamo la sua provenienza dalla Mesopotamia, Pazuzu era un demone relativamente “giovane” nel contesto religioso assiro-babilonese e la sua fama esplose per pochi secoli nel cuore del I millennio; eppure la sua diffusione, oltre che per numero di amuleti, fu straordinaria anche per la distribuzione geografica: dall’Assiria a Babilonia, dalla Persia occidentale ai recenti scavi di Bēt-Šemeš di Giudea e persino sull’isola di Samos. Purtroppo molti reperti sono andati perduti, venduti illegalmente al mercato nero delle collezioni private.
Efficace contro il male
La sua popolarità è dovuta di certo alla sua capacità di respingere i demoni. I testi che ne fanno riferimento ci raccontano di come abbia ottenuto questo grande potere, e riportano le formule e gli incantesimi spesso scritti in prima persona (“incantesimo standard A”):Io sono Pazuzu, figlio di Hanbu, re dei demoni lilû. Io ho scalato le grandi montagne tremanti, i vènti contro cui ho lottato erano rivolti a occidente, a uno a uno ho spezzato le loro ali.Pazuzu ha in epoca neoassira anche una funzione terapeutica e nei rituali di guarigione si possono leggere queste istruzioni:
Fai una testa di Pazuzu, o il malato la tiene tra le mani oppure la fissi sul suo capo. Qualsiasi male lo abbia colpito, vedendo [Pazuzu] non si avvicinerà più, e il malato guarirà.
Ma il ruolo di Pazuzu come allontanatore del male diviene più evidente nella sua relazione con Lamaštu, demonessa temutissima ritenuta responsabile della morte di bambini e donne in gravidanza, alla quale venivano dedicati molti amuleti e rituali per tenerne a bada la minaccia.
Raffigurata con la testa di leonessa e le orecchie d’asino, il ventre piumato o leopardato e talloni d’uccello, stringe dei serpenti tra le mani mentre un cane o un maiale succhiano dal suo seno. Dal VII secolo in poi, Pazuzu compare sugli amuleti di Lamaštu alla sua destra in posizione d’attacco, mentre cammina a grandi passi allungando un braccio per raggiungerla, oppure sul dorso degli amuleti. Eppure nelle testimonianze testuali questa connessione non è sempre evidente e la particolare qualità del loro rapporto, che risalta dall’iconografia, rimane nell’ombra.
Tutto questo, tuttavia, non spiega ancora l’inusuale diffusione di Pazuzu in funzione apotropaica più di altre entità soprannaturali che pure appartenevano, con la stessa funzione, al pantheon assiro.
Quello che forse viene a volte sottovalutato è l’aspetto generale, e per Pazuzu in particolare, dell’azione protettiva dei demoni nella sua ambiguità, per cui coloro che dovrebbero avere un potere contro degli esseri pericolosi possono esserlo a loro volta: si desidera e si ha paura allo stesso tempo di quella forza distruttrice.
Il termine greco apotrópaioi rende bene l’ambivalenza poiché significa non solo la difesa contro il male, ma anche il pericolo stesso che si intende allontanare.
Incantesimi
La “doppia natura” del potere del demone è ben espressa dalla tipologia degli incantesimi a lui rivolti: l’“incantesimo standard A”, come quello riportato sopra, è grammaticalmente formulato in prima persona singolare dove Pazuzu racconta le sue lotte e la vittoria contro i demoni del vento delle montagne, mentre nell’“incantesimo standard B” ci si rivolge al demone con la seconda persona singolare o, in parte, la terza, come in questo, tratteggiato con vividi dettagli:
Tu, o Potente, che ti innalzi sulle montagne,
che affronti tutti i vènti,
vento che imperversa cavalcando terribilmente,
feroce e rabbioso arriva infuriando
e ruggendo sulle regioni del mondo distrugge le alte montagne,
prosciuga le paludi e fa appassire i canneti.
Egli ha affrontato la foresta ed estirpato i suoi alberi,
ha attraversato il giardino e ne ha fatto cadere i frutti,
ha attraversato il fiume e vi ha riversato ghiaccio,
ha coperto la terra di brina,
si abbatte sul giovane curvandogli la schiena,
lo atterra, lo colpisce sul ventre,
ha attraversato il fiume e vi ha riversato ghiaccio,
ha coperto la terra di brina.
Agonia degli uomini, malattia degli uomini, sofferenza degli uomini,
non entrare in casa mia, non avvicinarti a casa mia!
Sii evocato per Anu e Antu, Enlil e Ninlil, Ea e
Damkina, il cielo e la terra! Formula d’incantamento.
Le due tipologie di incantesimi non si escludono, sono anzi complementari: la breve historiola narrata in prima persona nello “standard A” serve a spiegare le sue qualità di distruttore di demoni, un avvertimento alle forze del male a non sfidarlo, a conferire a questa prerogativa un fondamento mitico e quindi efficacia rituale.
Questa funzione è espressa e messa in pratica pronunciando il suo nome e indossando amuleti che lo rappresentano. L’incantesimo di tipo A assicura la presenza di Pazuzu secondo un principio di magia simpatetica, gli amuleti B proteggono dagli effetti indesiderati.
Questo utilizzo equivoco del demone si riscontra anche nelle sue rappresentazioni: in alcune compare insieme ad altre due entità, i cosiddetti “uomo-leone” e “l’eroe” identificati con Ugallu e Lulal, che al fianco di Pazuzu hanno la stessa funzione degli incantesimi B ovvero svolgono un ruolo di controllo sulla sua azione.
Tale considerazione sarebbe confermata dal fatto che in molti manufatti i due “guardiani” non compaiono al fianco di Pazuzu ma sul retro, incisi obliquamente dietro le sue “teste” o al di sotto di alcune righe di simboli magici, dove non possono essere visti, ma ugualmente agire.
Testo e immagini esprimono la stessa idea di controllo nell’invocazione di questo demone dall’attitudine ambivalente e pericolosa e possono essere utili a chiarire le difficoltà che si presentano quando se ne riduce l’interpretazione alle categorie di “bene” e “male”.
(N. P. Heeßel, Evil against evil. The Demon Pazuzu, in “Smsr”, 77, 2011, pp. 357-68)
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Ottima l'osservazione sulla funzione apotropaica della faccia, cara, in spagnolo, di Paz.uzu, in zumero 'carne', uzu, di Paz vel Baz. ABZU, in accado apzu, dà sintagma latino abzu-ordo, zumero abzu-urdu e spiega assurdo. ABZU gira ZU AB, 'luna sole', EN ZU, AB la -Al Ba, accadi Su en, Al pa, Nessuno può capire l'insieme assurdo di dei e demoni che popolavano ABZU URDU, se non viene osservata la rivoluzione teo-cosmologica attuata dai sacerdoti babilonesi di Marduck che cambiarono l'inizio dell'anno zumero nell'equinozio 'lunare' d'autunno e lo spostarono nell'equinozio 'solare' accado di marzo-aprile. Osservate attentamente i grafi letterari e scordate gli elementi-parti corporee riferite.
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