Datato attorno alla fine del IV sec. aev e proveniente da una comunità della Ionia stabilita a Memphis, nel Basso Egitto, questo frammento di papiro è uno dei più antichi testi egiziani scritti in greco, testimone di un sorprendente adattamento dei coloni greci alla millenaria cultura che li stava ospitando. E il pantheon si arricchisce di nuove divinità: a essere invocato in questa richiesta di vendetta è Oserapis, dio greco-egizio composto da Osiride e Apis, il toro mummificato manifestazione di Ptah.
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Il frammento appartiene alla Biblioteca Nazionale d’Austria e fa parte della Collezione voluta dall’Arciduca Ranieri Giuseppe d’Asburgo, il quale nel 1899 la donò all’Imperatore Francesco Giuseppe che la incluse nella Hofbibliothek (Biblioteca Imperiale) di Vienna. La Collection Erzherzog Rainier è stata inserita nella lista Unesco Memoria del Mondo nel 2001. Via World Digital Library |
Comunità di immigrati tra gli ultimi splendori d’Egitto
Da quando, nel 332, Alessandro il Macedone era stato incoronato faraone nel tempio di Ptah, la cultura greca dominava nell’Egitto ormai disgregato del cosiddetto Tardo Periodo — arco di tempo che va dalle conquiste persiane e macedoni fino alla morte di Alessandro (712-323 aev).
Gli ionomemphiti e altre comunità greche non erano gli unici immigrati, e tutti si integravano perfettamente con l’antichissima cultura che li ospitava.
I Fenici ad esempio, che in quei tempi conducevano in Egitto una vita molto dinamica di viaggi e scambi commerciali, ci hanno lasciato iscrizioni votive nel tempio di Osiride ad Abydos che ci restituiscono la sincera (perché libera) devozione a un dio locale.
Tra il IV e il V sec. aev sono frequenti le iscrizioni in aramaico, la maggior parte delle quali molto brevi. La più rilevante è sicuramente quella incisa sulla cosiddetta stele di Carpentras, lirica funebre dedicata a una certa Taba in cui non solo si invoca Osiride, ma l’intero testo sembra il risultato di una traduzione letterale di un originale egiziano, quale poteva essere un brano dal Libro dei Morti:
Sia benedetta Taba figlia di Tahapi, devota al dio Osiris, non ha fatto niente di male nella sua vita, non ha mai calunniato nessuno. Possa ella giungere al cospetto del dio della Doppia Verità e riceverne l’acqua, e come sua ancella risiedere tra i beati (in Literacy and Power in the Ancient World, 1996)
Stele di Carpentras, IV sec. aev, del cosiddetto Aramaico d’Impero IV. La stele è stata rinvenuta presso la cittadina francese di Carpentras, dove era giunta a data imprecisata, e pubblicata nel 1704. «L’iscrizione è incisa alla base di una stele calcarea su cui sono raffigurate due scene dei rituali di imbalsamazione e sepoltura tipici della cultura dell’Egitto faraonico. Il testo contiene nomi propri e vocaboli di origine egiziana ed è da ascriversi all’ambiente linguistico aramaico egiziano della tarda età persiana». Via Mnamon, Antiche Scritture del Mediterraneo |
L’integrazione arricchisce il pantheon
Se ci stupisce l’idea di una “abdicazione” a un dio straniero, in realtà è l’essenza stessa del politeismo — credenza in una pluralità di esseri extraumani in rapporto necessario e reciproco con l’uomo — a prevedere che la lista dei propri dei si possa allungare per includere quelli degli altri, vicini o lontani, con i quali si abbiano avuto rapporti più o meno amichevoli e duraturi.
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La vendetta di una madre
Artemisia, della quale null’altro si conosce se non il nome, si appella alla divinità greco-egiziana Oserapis (identificato con il toro mummificato Apis, considerato manifestazione di Ptah, forse in nome composito con l’egiziano Osiride).
Affidandosi al potere della parola scritta, Artemisia chiede in tono piuttosto drastico una punizione esemplare per il padre di sua figlia, che avrebbe privato la bambina dei riti funebri e della sepoltura: che altrettanto succeda a lui e ai membri della sua famiglia.
Artemisia si appella a Oserapis, e agli dei che siedono con lui per dare i giudizi. Come la mia richiesta qui giace, possa il padre della bambina non ricevere più alcun favore dagli dei. Se qualcuno rimuove questo documento o reca un torto ad Artemisia, il dio gli infliggerà una punizione... [il testo diventa frammentario]
(in Women and Society in Greek and Roman Egypt, 1998).
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The Carpentras Stela: a Funerary Poem, Journal of the American Oriental Society, 1981; Marc Augé, Genio del paganesimo, 1982.