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I giardini di Adone

Nelle fonti greche Adonis non è un dio, ma un eroe a cui vengono attribuiti una vicenda mitica e un culto tombale dopo la morte. La prima documentazione risale a un catalogo pseudoesiodeo, in cui si dice che Adonis è figlio di Fenix, riconoscendogli quindi una provenienza orientale e facendo dell’Adonis fenicio un anello di congiunzione con la Grecia: la sua origine, infatti, va ricercata nel Vicino Oriente, dove trova una forte corrispondenza con Dumuzi-Tammuz. A differenza di quest’ultimo, tuttavia, l’Adonis greco non ha alcun nesso con la regalità, ma mantiene una valenza erotica che ne fa l’oggetto (passivo) dell’amore di Afrodite.

James Childs (1945-2020), The Return of Adonis (fonte)

Nella Bibbia, Adonis è il corrispettivo di Tammu (Tammuz), dio assiro-babilonese cui Isaia racconta che era intitolato un tempio “idolatrico” dove le donne lo adoravano. Gerolamo, che tradusse l’Antico Testamento dal greco al latino, lo riporta con il termine “Adonis”.

Il profeta quindi allude, condannandoli, ai giardini sacri allestiti in suo onore con erbe e fiori:

Vi vergognerete delle querce
di cui vi siete compiaciuti,
arrossirete dei giardini
che vi siete scelti (Isaia 1, 29).

I padri della Chiesa tardoantichi, come Origene, dicono che Adonis/Tammuz era festeggiato come tornato dal mondo dei morti, paragonandolo ai frutti della terra e ai cicli stagionali, ma in realtà nel mito Adone non risorge affatto, anzi non si accenna alla sua resurrezione fino a un’epoca molto tarda.

I testi medioevali ci informano solo che Tammuz fu macinato in un mulino e poi gettato al vento, come il grano. In realtà, non si seppe nulla di questa figura divina se non dopo la metà dell’Ottocento, quando fu decifrato il cuneiforme e si iniziarono a tradurre i testi. 

Il primo testo a essere tradotto è stato La discesa di Inanna agli Inferi e poi l’Epopea di Gilgamesh, e fu subito evidente il parallelo greco, seppur nelle sue varianti: Afrodite, infatti, non scende nell’oltretomba a cercarlo, e non riesce a riportarlo in vita.

— Sul nesso mitico-rituale tra Adonis, Attis e Dumuzi-Tammuz leggi: Gli dei ora spenti ora luminosi in Le religioni del mistero. Un’introduzione.

Gli dei morenti

L’idea che il ritorno di Adonis fosse legato ai cicli stagionali diventa parte della teoria evoluzionista ed ebbe particolare fortuna con Frazer. 

L’ultimo evoluzionista vittoriano, infatti, nel Ramo d’oro parte da un rituale nel bosco di Nemi dedicato a Diana Aricina in cui il rex nemorensis, uno schiavo fuggiasco, deve essere ucciso da un altro schiavo. 

Frazer interpreta il rituale come una “sopravvivenza” di antichi culti magici, individuando un rapporto causa-effetto tra l’azione e il risultato (magia imitativa o contagiosa), dove la categoria degli “dei che muoiono e risorgono” si sarebbe situata a metà tra il mondo magico e la religione, evoluzionisticamente necessari perché codificano la fertilità e l’accoppiamento divino come nascita della vegetazione. 

E così, sulla scia delle posizioni evoluzioniste e delle interpretazioni naturistico-vegetative, si ritenne lecito associare Ishtar alla terra e Tammuz al grano, che ritorna stagionalmente. Queste teorie sono oggi superate e la categoria di cui parla Frazer è in realtà inesistente, perché le fonti non menzionavano affatto un ritorno del giovane sulla terra, che fu piuttosto una illazione degli esegeti, quindi molto tarda.

Negli anni Venti del Novecento sono state poi trovate delle tavolette, collazionate negli anni Cinquanta, in cui si trovò la corrispondenza sumerica della discesa di Inanna e si scoprì qualcosa che mise in crisi le letture precedenti. Semplicemente, Dumuzi se ne stava pacificamente sulla terra e venne condotto negli Inferi a seguito dell’azione di Inanna-Ishtar, che è una divinità astrale e non interferisce affatto con l’agricoltura. 

La Discesa di Ishtar agli Inferi è un testo accadico che ne riprende uno più antico, sumerico, ed è uno dei primi testi mesopotamici tradotti integralmente. I testi più antichi su Dumuzi sono stati scoperti presso il palazzo reale della città di Lagash nel III millennio, prima di re Sargon, dove era venerato come prototipo degli antenati dei sovrani, una divinità locale chiamato sposo di Inanna

Il Dumuzi più tardo non avrà più legami con la regalità, ma è probabile che il dio locale di Lagash avesse anche altri attributi e caratteristiche più ampie.

La nascita

La prima caratterizzazione di Adonis nelle fonti greche, pur nelle varianti, è la sua nascita incestuosa. Sua madre è Mirra, figlia del re del Libano — o della Siria, ma comunque di origine orientale — che, per punizione da parte di Afrodite, si innamora del padre, con cui riesce ad accoppiarsi e ne rimane incinta; viene trasformata in albero di mirra, e dalle sue lacrime, divenute gocce della preziosa resina — afrodisiaca per i greci —, nasce suo figlio.

Adonis/Tammuz, Figurina bronzea dalla Siria (100-200 d.C.), via liebeghaus.de

Per i greci, l’incesto è una pratica associata all’Egitto piuttosto che al Vicino Oriente, dal momento che il re divino, non facendo parte della società umana e del sistema di reciprocità, sposa la propria sorella per sottrarla allo scambio perché nessun altro accoppiamento sarebbe per lei egualitario. 

L’incesto padre-figlia, tuttavia, è diverso da quello praticato dal faraone ed è visto dai greci come estremamente irrazionale perché sconvolge la normale sequenza delle generazioni. 

La nascita incestuosa di Adonis, comunque, basta a porre l’inizio della sua vicenda in Oriente. Non è un caso che Erodoto situi la dimora della mitica Fenice in Arabia, dove vive cinquecento anni fino a che una nuova Fenice depone un uovo di mirra, vi mette dentro quella vecchia in modo da imbalsamarla e la porta in Egitto, a Heliopolis. La mirra, infine, è connessa anche alla regalità: i Magi donano mirra al bambino riconosciuto come re.

— Sul mito della Fenice leggi: Gli Hieroglyphica di Orapollo, ovvero l’interpretazione delle oscurità.

Se Mirra compare solo in questa sfortunata vicenda come madre del giovane eroe, il padre Cinyras (il cui nome rimanda a uno strumento legato alle lamentazioni) ha un ciclo indipendente e compare già nei poemi omerici come un re cipriota di cui si dice che non partecipò alla guerra di Troia per viltà. In altre fonti ne è descritta la straordinaria ricchezza e bellezza, e sarebbe colui che ha introdotto il culto di Afrodite a Cipro.

Altrove, infine, si accenna all’esistenza di sorelle di Adone che, avendo offeso Afrodite, devono espiare praticando (e quindi fondando miticamente) la prostituzione sacra, istituzione tipicamente orientale e relativamente tarda (tardo-babilonese), che riguarda Ishtar e Astarte. In epoca sumerica, viceversa, le sacerdotesse erano castissime, oppure erano sposate e avevano rapporti solo con il proprio consorte.

Erodoto narra che nella regione di Babilonia vigeva la regola per cui tutte le donne prima del matrimonio dovessero praticarla in onore di Ishtar, oppure sacrificare le loro chiome, e tutte, a detta dello storico greco, sceglievano la prima opzione. In realtà, la prostituzione sacra era praticata ma non nella misura descritta da Erodoto, ed esistono prove che l’attestano anche a Cipro, nel tempio di Afrodite, e in alcune zone della Magna Grecia.

Valenza funeraria del mito di Dumuzi-Tammuz

Nella versione sumerica della vicenda, Inanna decide di scendere dal cielo sulla terra “verso il kur”, gli inferos, un luogo identificato con una montagna situata a occidente benché sotterraneo, il punto in cui i corpi astrali passano al di sotto dell’orizzonte terrestre nel cammino che compiono da est a ovest per ricomparire al mattino, se si tratta del sole, o la sera nel caso degli altri corpi celesti. 

Potrebbe quindi trattarsi del mito di fondazione del ciclo del pianeta Venere, che comprende i giorni della sua scomparsa perché non è visibile tutto l’anno. 

Dopo essere stata ridotta a cadavere per poter scendere nel mondo dei morti, il padre Enki cosparge Inanna di acqua per farla tornare in vita, ma a patto che nell’aldilà venga lasciato un sostituto della dea. Nel frattempo, sulla terra, tutti piangono la sua scomparsa, tranne Dumuzi, il quale viene inseguito dai demoni e poi catturato. 

Segue una parte frammentaria, l’unica, quindi gli ultimi versi enigmatici alludono a un’alternanza di “sei mesi tu, sei mesi tua sorella” (Geshtinanna) e poi un termine che in maniera non del tutto certa può significare “risalire”, quindi la dossologia (lode) finale dedicata però a Ereshkigal regina degli Inferi, non a Inanna.

Il testo accadico dice che Tammuz ascolterà le lamentazioni e aspirerà incenso, alludendo quindi a riti funebri, il che fa supporre che egli non torni affatto in vita se non per un solo giorno, nell’occasione della festa dei morti. 

Alla luce delle più recenti scoperte, si abbandona definitivamente l’interpretazione naturistica e si ammette che Tammuz compare in realtà solo nei testi funerari perché, sebbene sia un dio, non torna in vita e non risorge, ma rimane vivo nell’aldilà

Nella pratica del culto Tammuz, al pari di Adonis, viene lamentato ritualmente dalle donne come nel mito lo piange la sua sposa divina.

Antonio Canova, Venere e Adone, 1795 (via Wiki Commons)

L’aspetto funerario e quello erotico

Il rituale dello hieros gamos, le nozze sacre, in cui il giovane dio è impersonato dal re e la dea da una sacerdotessa, è un altro parallelismo tra Dumuzi-Tammuz e Adonis, anche se per quest’ultimo c’è minor margine di sicurezza.

Tra i doni che la sua sposa gli concede c’è tutto quello che si riferisce a un regno corretto, benessere e fecondità per il paese; ma quando Inanna si riferisce al grano nomina Nisaba (“faccia per te crescere il grano”), la dea della scrittura e dell’agricoltura. L’agricoltura, quindi, ancora una volta rimane al di fuori dalla portata di Dumuzi.

La ierogamia regale non è una pratica molto antica ma una innovazione neosumerica, introdotta da un re di nome Shulgi, il primo re mesopotamico divinizzato in vita: d’ora in poi, la titolatura convenzionale per il re sarà “sposo di Inanna”. 

Per il sovrano, “Dumuzi” è un attributo metaforico in quanto amante archetipico della dea, come altri titoli che li chiamano Utu (dio sole) o Enki. Il rituale ierogamico non era rinnovato ogni anno ma avveniva una sola volta in un regno, e non è neanche certo se venisse celebrato realmente, poiché non compare nei testi delle intronizzazioni.

Le nozze sacre non verranno più celebrate a partire da Hammurabi di Babilonia, e si comprenderà l’enorme iato temporale tra queste pratiche rituali e l’Adonis greco; è probabile che le vicende del dio sumerico e poi assiro fossero conosciute attraverso una trasmissione orale ma, mentre l’antico Dumuzi mostra un carattere funerario e uno erotico, in Tammuz prevarrà decisamente l’aspetto funerario mentre quello erotico comparirà di nuovo con Adonis. 

Anzi, in Dumuzi l’aspetto erotico si inserisce nel quadro dell’ideologia regale e nei testi più antichi egli compie anche azioni guerresche; in un testo tra il neosumerico e il paleobabilonese è, nel suo aspetto astrale, una stella che sconfigge i nemici. 

L’erotismo che caratterizzava i sovrani mesopotamici è una qualità fondamentale e per regnare era necessario possedere una certa attrattiva sessuale: una serie di canti esaltano l’aspetto avvenente del figlio di Shulgi, le sue qualità di amante straordinario, fatto strano per noi da associare a un re guerriero, ma serve a legittimare la seduzione di Inanna e le nozze con la dea affinché ella, in un rapporto di reciprocità, gli conferisca la regalità. 

Per i Greci, al contrario, la sensualità di Adonis diventa simbolo della regalità orientale (avendo i Greci rifiutato l’istituto politico della regalità tout court) in cui un re amante di una dea è visto come una figura mollemente voluttuosa. Adonis infatti, sebbene figlio di re, non regnerà mai.

In ambito greco, Afrodite è la riplasmazione di Inanna-Ishtar-Astarte. In lei sono confluiti elementi orientali e gli stessi Greci la chiamavano Cipride. Ma con una differenza: il campo d’azione della dea mesopotamica è amoroso-bellico (Inanna-Ishtar sceglie liberamente il suo re per concedergli la vittoria in guerra, come la Venere romana), mentre tutto quello che riguarda le armi è estraneo ad Afrodite.

— Sul rapporto tra Ishtar “signora della battaglia”, la sfera bellica e la regalità leggi: Ishtar di Ninive.

Nei poemi omerici compare solo una volta per salvare il suo protetto Paride (ancora una volta un principe orientale) e non ha nulla a che fare con la regalità, sia sul piano reale (non esisteva più l’istituzione politica) sia su quello mitico, anche perché, semmai, la regalità greca era connessa con l’eroismo piuttosto che con l’erotismo.

Afrodite ha numerosi amanti, ma Adonis è quello per eccellenza. Lui non fa nulla per conquistarla, si limita a essere seducente, è un oggetto passivo dell’amore della dea. In alcune versioni Afrodite si innamora di lui appena nato, perché nasce già adulto.

(Tratto dagli appunti del seminario I Greci e l’Oriente tenuto da Paola Pisi — Religioni del mondo classico — nell’ambito del corso di Storia delle religioni di Gilberto Mazzoleni, Università La Sapienza, Roma, a.a. 2000-01.)

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