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Sacerdoti e sacerdotesse di Eleusi

Le cerimonie in onore di Demetra e sua figlia Persefone, la fanciulla (Kore) rapita da Ade per farne la sua sposa e regina degli Inferi, erano tra le più importanti feste celebrate fin dai tempi remoti, il cui nucleo mitico è riportato nell’Inno omerico a Demetra. Queste celebrazioni sopravvissero per più di cinque secoli dopo che la Grecia divenne una provincia romana, fino alla completa distruzione di Eleusi da parte dei Goti di Alarico nel 396. Attorno ai cosiddetti Grandi Misteri ruotava un gran numero di sacerdoti e funzionari, consacrati e civili, uomini e donne che svolgevano le funzioni più varie, dalla proclamazione della festa alla spiegazione dei simboli, fornendo indicazioni agli iniziandi rispetto ai rituali cui dovevano sottoporsi prima di entrare in contatto con le divinità.

Demetra e il suo sacerdote nella casa del re di Eleusi (Wellcome Collection)

Il sigillo del silenzio / Svolgimento della festa / I gradi di iniziazione / Lo ierofante / Il daduco o tedoforo, portatore di fiaccola / L’araldo / Epibomio / Le sacerdotesse / Uffici minori / I funzionari civili

Il sigillo del silenzio

L’esperienza misterica consisteva in una iniziazione che si realizzava mediante la comunione personale dell’individuo con la divinità, e comprendeva una visione, raggiunta nella trance estatica – indotta tramite danze turbinose o bevande “mistiche” –, e la conseguente illuminazione. 

Il rito era finalizzato alla trasformazione spirituale dell’iniziato, che in questo modo, dopo un’esperienza di “morte” e “rinascita”, otteneva la salvezza (oltremondana, eterna).

Mantenere il segreto è un punto su cui le fonti antiche insistono particolarmente. Scrive Apuleio, raccontando la sua esperienza iniziatica (Metamorfosi, 11, 23):

Accessi confinium mortis et calcato Proserpinae limine per omnia vectus elementa remeavi; nocte media vidi solem candido coruscantem lumine; deos inferos et deos superos accessi coram et adoravi de proxumo. Ecce tibi rettuli quae, quamvis audita, ignores tamen necesse est.
Arrivai ai confini della morte, posi il piede sulla soglia di Proserpina e poi tornai indietro, trasportato attraverso tutti gli elementi. In piena notte vidi il sole brillare di fulgida luce; mi avvicinai agli dei inferi e a quelli superi, li adorai da vicino. Ecco, ti ho riferito; ma quello che hai ascoltato è necessario che tu non lo capisca.

La segretezza veniva imposta con il massimo rigore, con le leggi degli uomini e quelle degli dei: chi avesse divulgato i misteri, oltre a essere bandito da Atene, attirava la vendetta divina su di sé e su coloro che gli erano vicini. Così Orazio (Odi, 3, 2):

[Virtus] est et fideli tuta silentio
merces: vetabo, qui Cereris sacrum
volgarit arcanae, sub isdem
sit trabibus fragilemque mecum
solvat phaselon
[La Virtù] è premio sicuro all’inviolato silenzio: dunque vieterò che stia sotto il mio tetto o salpi insieme a me su fragile battello chi rivela i misteri di Cerere.

Pertanto, non sappiamo nulla delle cerimonie mistiche eleusine, ma conosciamo solo lo svolgimento della parte pubblica.

Svolgimento della festa

I Grandi Misteri si teneva in autunno, a partire dal 16° giorno del mese di Boedromione, corrispondente a metà settembre-metà ottobre. Le feste duravano in tutto una decina di giorni ed erano in parte pubbliche, con sacrifici e processioni, e in parte segrete. 

Alla vigilia, il 15° del mese – giorno di luna piena –, lo ierofante accompagnato dal daduco (vedi infra) davano avvio alla festa, invitando ai Misteri i fedeli di lingua greca e annunciando l’obbligo del segreto assoluto

La sera del 16 (i giorni si contavano da tramonto a tramonto) avveniva la distribuzione del vino al popolo in ricordo del generale Cabria e della sua vittoria a Nasso, avvenuta proprio durante la celebrazione dei Grandi Misteri. Plutarco (Vite parallele. Focione, 6) ricorda infatti che Cabria era solito offrire agli Ateniesi del vino ogni anno, il sedici del mese Boedromione (καὶ παρεῖχεν οἰνοχόημα Χαβρίας Ἀθηναίοις καθ᾽ ἕκαστον ἐνιαυτὸν τῇ ἕκτῃ ἐπὶ δέκα τοῦ Βοηδρομιῶνος).

Il mattino successivo aveva luogo il primo atto formale della festa, la pubblica proclamazione (πρόρρησις). Questo giorno prendeva il nome di Ἅλαδε μύσται dalla suggestiva cerimonia che si svolgeva, letteralmente “verso il mare”.

Il giorno dopo, il 17, venivano offerti i sacrifici (ἱερεῖα) per la sicurezza dello Stato da parte dell’Arconte Basileus e degli ἐπιμεληταί (vedi: I funzionari civili).

Il 19 infine, dopo aver provveduto a sacrifici e purificazioni, gli iniziandi percorrevano in solenne processione i circa 20 chilometri della via Sacra, che collegava Atene ad Eleusi.

Il corteo era composto dai carri che recavano gli oggetti sacri, su cui erano i sacerdoti, seguiti dagli iniziandi coronati di mirto, dalle autorità e dalla folla inneggiante. Si giungeva ad Eleusi a notte inoltrata e alla luce delle fiaccole si entrava nel telesterion, il “Palazzo”, la grande sala che costituiva il santuario dentro cui si svolgevano le iniziazioni. 

Canti, preghiere, sacrifici, digiuni e sacre rappresentazioni preparavano l’atmosfera per le notti mistiche dei due giorni seguenti, quando si svolgevano i Misteri propriamente detti.

(Cfr. S. Ribichini, Il rito segreto. antichi culti mistericiLeggi anche: Le religioni del mistero. Un’introduzione)

Demetra (via Europeana)

I gradi di iniziazione

Inizialmente concessa solo ai cittadini ateniesi, la possibilità di essere iniziati fu poi estesa a tutti i Greci, compresi gli schiavi e, naturalmente, le donne, a patto che non si fossero macchiati di omicidio. Riporta infatti Erodoto (Storie, 8.65.4):

τὴν δὲ ὁρτὴν ταύτην ἄγουσι Ἀθηναῖοι ἀνὰ πάντα ἔτεα τῇ Μητρὶ καὶ τῇ Κούρῃ, καὶ αὐτῶν τε ὁ βουλόμενος καὶ τῶν ἄλλων Ἑλλήνων μυεῖται.
Ogni anno gli Ateniesi celebrano questa festa per la Madre e la Fanciulla, e ogni ateniese o altro elleno che lo desidera viene iniziato. 

Si poteva ricevere la prima introduzione ai Misteri da bambini, durante i cosiddetti Piccoli Misteri, che si tenevano in primavera, e i gradi superiori da adulti. Erano chiamati μύσται coloro che avevano ricevuto almeno un grado di iniziazione, ἐπόπται o ἔφοροι quelli che invece erano arrivati al grado più alto. Per entrambe queste classi di iniziati, vi erano cerimonie mistiche specifiche, che si tenevano il 22 e il 23 del mese. Il più breve intervallo possibile tra un grado e l’altro corrispondeva a un anno. Lo dice in maniera esplicita Plutarco (Vite parallele. Demetrio, 26.1):

ἀλλὰ τὰ μικρὰ τοῦ Ἀνθεστηριῶνος ἐτελοῦντο, τὰ δὲ μεγάλα τοῦ Βοηδρομιῶνος: ἐπώπτευον δὲ τοὐλάχιστον ἀπὸ τῶν μεγάλων ἐνιαυτὸν διαλείποντες. 
i riti minori venivano celebrati nel mese di Anthesterion, i riti grandi in quello di Boedromione; e i riti supremi [gli epoptica] venivano celebrati dopo un intervallo di almeno un anno dai grandi riti.

Lo ierofante

Ἱεροφάντης era il sacerdote più importante, citato al primo posto negli elenchi dei sacerdoti eleusini. Ne veniva nominato uno alla volta dalla famiglia eleusina degli Eumolpidi il cui capostipite era Eumolpo, mitico figlio di Posidone e figura centrale nella storia del culto. Il suo incarico durava tutta la vita. Era generalmente un uomo anziano e rimaneva legato a una rigorosa castità (Pausania, Descrizione della Grecia, 2.14.1).

Il nome significa letteralmente “colui che mostra le cose sacre”, infatti il suo compito principale consisteva nel mostrare e spiegare agli iniziati i simboli e le figure sacre, forse in una sorta di canto o recitativo ‒ per cui era richiesto che fosse dotato di una bella voce.

Lo ierofante, così come il tedoforo e altri iniziati, dal momento della sua santificazione non veniva più chiamato con il suo nome ma solo con il nome sacro, sebbene nelle iscrizioni più tarde troviamo menzionato il nome gentilizio romano (cfr. Luciano di Samosata, Lessifane, 10).

Era vestito all’orientale, con una lunga veste (στολή) e un turbante (στρόφιον).

Il daduco o tedoforo, portatore di fiaccola

Il daduco (δᾳδοῦχος), o tedoforo, era di rango inferiore rispetto allo ierofante, al pari del keryx, ma si trattava comunque di uno dei più alti ufficiali delle celebrazioni eleusine. Originariamente la carica era ricoperta dai discendenti di Trittolemo, il mitico re eleusino che dall’Attica aveva diffuso in tutta la Grecia sia il culto di Demetra sia la conoscenza della sua arte, cioè l’agricoltura, rivelando i riti misterici di Demetra e Kore a Eracle e ai Dioscuri (cfr. Senofonte, Elleniche, 6.3.6). 

Poi, intorno al 380 aev, questa famiglia si estinse e alla daduchia succedettero i Licòmidi, cui apparteneva anche Temistocle, che nel demo attico di File celebrava un culto locale di Demetra intriso di dottrine orfiche.

Non è chiaro se il daduco ricevesse un nome sacro, come lo ierofante, e non sappiamo esattamente come fosse vestito, ma solo che indossava un copricapo di foggia orientale, una banda (στρόφιον) sui lunghi capelli (Pausania, Vite parallele. Aristide, 5.6). Inoltre il daduco portava il diadema di porpora e la corona di mirto, che gli venivano apposti sul capo al momento della consacrazione.

Chiamato anche con il sinonimo tedoforo (“portatore di torcia”), poiché il suo compito principale era quello di tenere la fiaccola durante i sacrifici. Inoltre, condivideva diverse funzioni con lo ierofante, ad esempio recitava brani del rituale, prendeva parte ad alcune purificazioni durante la πρόρρησις ed anche nell’esposizione dei misteri. Al pari dello ierofante, il daduco doveva essere un uomo di comprovata santità. 

Il daduco aveva inoltre il compito di consegnare agli “epopti”, cioè quelli che erano stati iniziati l’anno precedente, un segno di riconoscimento, una tessera o un gettone di metallo, che avrebbe permesso loro di assistere alla parte occulta del rito.

L’araldo

κῆρυξἱεροκῆρυξ. Secondo la tradizione eleusina, Keryx era il figlio minore di Eumolpo, la famiglia cui appartenevano era quindi quella dei Cerici.

Racconta Pausania (Descrizione della Grecia, 3.38.3) che al termine della guerra tra Eleusi e Atene, nella quale trovarono la morte Eretteo, re degli Ateniesi, e il figlio di Eumolpo, si arrivò alla condizione per cui gli Eleusini sarebbero stati del tutto assoggettati agli Ateniesi, tranne che per i Misteri, sui quali avrebbero mantenuto il pieno controllo. Furono così nominati i ministri del culto, Eumolpo e le figlie del re Celeo, Diogenia, Pammerope e Saesara.

Tra i suoi compiti vi era soprattutto quello di proclamare il silenzio durante i sacrifici.

Epibomio

Letteralmente quello sull’altare (ὁ ἐπὶ βωμῷ), generalmente menzionato insieme agli altri tre sacerdoti (ierofante, daduco e keryx) con i quali abitava nell’edificio detto Pritaneo, dove erano mantenuti con fondi pubblici – per questo erano chiamati ἀείσιτοι, ospiti. Il suo nome, come quello del keryx, non era sacro, e nessuna famiglia rivendicava questo sacerdozio.

Le sacerdotesse

La ierofante (ἱερόφαντις) era la sacerdotessa donna i cui doveri corrispondevano a quelli dello ierofante. Apparteneva a Demetra e il suo nome era sacro. Inizialmente la carica era ricoperta da una sacerdotessa alla volta, poi il numero si moltiplicò, probabilmente da quando Vibia Sabina, moglie di Adriano, fu divinizzata come Demetra.

Potevano essere state sposate, ma dal momento della consacrazione dovevano condurre una vita di assoluta castità. Chiamate anche προφάντιδες (= προφήτης), ed anche μέλισσαι, letteralmente api da miele, termine che sarà poi usato nella filosofia neoplatonica per indicare un essere puro e casto.

Porfirio, ad esempio, cita questo nome in relazione alle sacerdotesse di Demetra, collegando la simbologia del miele alla luna e alla morte (L’antro delle ninfe, 18):

καὶ τὰς Δήμητρος ἱερείας ὡς τῆς χθονίας θεᾶς μύστιδας μελίσσας οἱ παλαιοὶ ἐκάλουν αὐτήν τε τὴν Κόρην Μελιτώδη, Σελήνην τε οὖσαν γενέσεως προστάτιδα Μέλισσαν [...] πεποίηνται ἤδη τὸ μέλι καὶ θανάτου σύμβολον (διὸ καὶ μέλιτος σπονδὰς τοῖς χθονίοις ἔθυον).
Gli antichi, poi, chiamavano Melissai le sacerdotesse di Demetra, come si conviene alle iniziate ai misteri della dea sotterranea, e Kore stessa Melitode, e chiamavano Melissa la Luna, che presiede alla generazione [...] Per gli antichi il miele era anche simbolo di morte (ragione per la quale offrivano agli dei ctoni libagioni di miele). 
Cerere/Demetra seduta con uno specchio in mano. Le stanno accanto per assisterla due sacerdotesse, una con una patera, l’altra con un cystus e un praefericulum (vaso di metallo usato durante le cerimonie per contenere il vino delle libagioni). Nelle processioni in onore di Cerere/Demetra, alcuni iniziati camminavano davanti al suo simulacro portando degli specchi sulla schiena, altri recando pettini d’avorio. Da Outlines from the figures and compositions upon the Greek, Roman, and Etruscan vases, pl. XVII.

La carica di tedoforo o daduco poteva essere ricoperta anche da una donna, la “daduchessa” (δᾳδουχήσασα). Luciano di Samosata, con una battuta sarcastica, ne descrive una (La discesa agli inferi, 22):

ἰδοὺ γοῦν προσέρχεται δᾳδουχοῦσά τις φοβερόν τι καὶ ἀπειλητικὸν προσβλέπουσα. ἦ ἄρα που Ἐρινύς ἐστιν;
ecco che arriva una daduchessa; una donna cupa e ostile. Una Erinni, forse?

Vi erano poi le ἱέρεια, i cui compiti corrispondevano a quelli degli epibomi. 

Uffici minori

Pur non essendo strettamene sacerdoti, i mistagoghi (μυσταγωγοὶ) ricoprivano un ruolo importante nei Misteri. Innanzi tutto, dovevano aver attraversato tutti i gradi dell’iniziazione; il loro compito principale era quello di fornire indicazioni agli iniziandi sulle cerimonie di purificazione cui avrebbero dovuto sottoporsi, e di individuare i candidati indegni che non potevano essere ammessi.

In caso di un candidato speciale, se il mistagogo non sapeva indicare quali riti purificatori fossero richiesti, si ricorreva all’esegeta (ἐξηγήτης), eletto dagli Eumolpidi o dai Cerici. Il suo compito era perciò quello di decidere nei casi difficili, e in generale dare responsi sul diritto ecclesiastico eleusino; esistevano infatti molti libri dei Misteri, tenuti rigorosamente nascosti, che contenevano indicazioni su quali rituali svolgere a seconda dei casi, oltre alle interpretazioni allegoriche di alcuni miti.

Uno speciale tribunale ecclesiastico (ἱερὰ γερουσία) era istituito per giudicare i reati di empietà in relazione alla festa, che i sacerdoti, soprattutto gli Eumolpidi, dirigevano secondo leggi non scritte e molto antiche. 

Per i casi di eterodossia, cioè per aver compiuto riti contrari al culto tradizionale, le punizioni andavano dall’esclusione dai Misteri alla privazione del titolo di iniziato, con scomunica e maledizione: i sacerdoti e le sacerdotesse pronunciavano parole di imprecazione, rivolti a occidente. Nei gravi casi empietà, disordini, volgarità o profanazione dei Misteri, la pena poteva consistere nella confisca dei beni, nel confino e arrivare persino alla morte.

Una delle accuse mosse contro l’oratore ateniese Andocide, nel processo per empietà intentatogli nel 400/399 aev su segnalazione di un sacerdote dei Cerici, era di aver posto un ramoscello di supplice sull’altare dell’Eleusinion durante la celebrazione dei Misteri. Era quindi accusato di aver preso parte alla festa senza averne diritto. Secondo una legge patria non scritta, era prevista la morte per questo tipo di atto, mentre un’ulteriore legge, incisa su una stele, prevedeva semplicemente una multa di mille dracme. Il tentativo di far condannare Andocide, alla fine, fallì, e l’oratore ne uscì assolto.

(cfr. D. Tripodi, Una nota a Ps. Lys. 6 Contro Andocide, in “Prometeus”, 37, 3, 2011, pp. 245-9; cfr. anche la difesa di Andocide, Sui Misteri).

Vaso da Cuma raffigurante sacerdoti e sacerdotesse eleusine. In A. Baumeister, Denkmaler des klassischen altertums, Munchen-Leipzig 1889, p. 474

Tra le altre figure che prendevano parte allo svolgimento o alla preparazione della festa, gli spondofori (σπονδοφόροι) venivano inviati ai confini del paese un mese prima della cerimonia, per annunciare l’inizio della tregua. Appartenevano alla famiglia degli Eudanemi, dal nome di un eroe cultuato a Eleusi. Così nell’Anabasi di Alessandro (3, 16): «chiunque sia stato iniziato ai misteri delle due dee di Eleusi, conosce l’altare di Eudanemo che è nella pianura».

Altri incarichi erano ricoperti dal φαιδρύντης τοῖν θεοῖν, letteralmente che abbellisce, che pulisce, che ha cura del tempio e delle statue. Vi era poi il purificatore degli Eleusini (ἁγνίστης τῶν Ἐλευσινίων), che presiedeva all’ἅλαδε μύσται, la cerimonia “verso il mare” che si svolgeva il 16 di Boedromione. Le balie (ἰακχαγωγὸς e κουροτρόφος) invece assistevano il bambino Iacco, stesso ruolo svolto probabilmente dalla δαειρίτης, sacerdotessa di Persefone, dal nome Daeria che la dea aveva nel culto eleusino. Lo ἱεραύλης era a capo di una sorta di coro, composto da ὑμνῳδοὶ e ὑμνητρίδες. Che funzioni avessero, infine, i παναγεῖς (santissimi, purissimi) e i πυρφόροι (portatori di fuoco), al di là del significato dei loro nomi, non è chiaro: forse si trattava di ruoli intermedi tra i ministri del culto e gli iniziati.

I funzionari civili

Il principale sovrintendente civile della festa era l’Arconte Basileus assistito da quatto ἐπιμεληταί, incaricati, eletti dal popolo, che si occupavano dei sacrifici, valutare le offerte dei devoti, dividere gli iniziati in base ai diversi gradi di iniziazione, amministrare i fondi e così via. Quanto alle finanze della festa in generale, erano gestite dagli ἱεροποιοὶ (funzionari, inservienti), nel numero di tre.

L’Arconte poteva nominare un assistente (πάρεδρος), di regola un suo parente. I compiti dell’Arconte e del suo assistente consistevano principalmente nello svolgimento di sacrifici e preghiere per la prosperità del popolo di Atene e di Eleusi, e inoltre a loro era affidata la supervisione generale della sicurezza durante tutto il corso delle celebrazioni. 

(Articolo elaborato a partire da Eleusinia, in A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, 1890)

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