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Struttura del reale e gerarchie divine nella Teologia platonica di Proclo

Massimo rappresentante del tardo neoplatonismo, il più illustre filosofo della Scuola di Atene, Proclo di Costantinopoli (410-485) è stato tra le ultime e più rilevanti voci della filosofia pagana della tardoantichità. Con l’obiettivo di dare forma sistematica alla dottrina di Platone, circa mille anni dopo il maestro, Proclo dà vita a una poderosa rielaborazione allegorica e metafisica della tradizione religiosa greca, che, in un’epoca di profonde incertezze spirituali e politiche di fronte al dilagare della teologia cristiana, sentiva la nacessità di autoaffermarsi. Il risultato, grazie anche alla contaminazione tra filosofia e magia rituale, è una visione del mondo in chiave mistica e teologica dove il Tutto è completamente divinizzato, a partire dall’Uno assoluto e trascendente fino all’ultimo piano della realtà, quello materiale, in cui viviamo. I vari ordinamenti divini che si snodano lungo questa spirale discendente, mano a mano che si procede verso il cosmo sensibile, sono popolati dalle divinità del pantheon classico, concepite non come astratte forze impersonali, ma come un dio di volta in volta determinato, principi metafisici dotati ciascuno del proprio nome e dei propri specifici requisiti. E con i quali è possibile entrare in diretto contatto grazie alla teurgia, che ricorre proprio ai nomi e agli attributi divini come strumenti della pratica magica.

Karl Friedrich Schinkel, Urano e la danza delle Stelle, 1834 (via Wiki Commons)

L’ultimo dei grandi filosofi pagani / L’Uno in noi / Il filosofo-teurgo / Gli strumenti del rito teurgico / Struttura del reale / Gerarchie divine

L’ultimo dei grandi filosofi pagani

La fonte principale sulla vita di Proclo è una agio-biografia in versi che ne mette in luce le virtù di “uomo santo” e i tratti sacrali, composta dopo la sua morte, avvenuta intorno al 485, da Marino di Neapoli, retore e poeta, suo allievo e poi successore nella direzione della Scuola platonica di Atene.

Nato nel 410 circa, intorno ai vent’anni, «incitato dalla dea tutelare della città a dedicarsi alla filosofia» (p. xix), Proclo lascia Costantinopoli per trasferirsi ad Atene, uno dei centri, insieme ad Alessandria, dove sopravviveva la filosofia indipendente. Qui studia alla Scuola platonica, tiene lezioni, scrive, si interessa alla vita politica, «infine di sera, prima di dedicarsi, nelle sue veglie notturne, al culto degli dei» (p. xx), teneva pubbliche conferenze.

Ispirata agli insegnamenti di Giamblico, la Scuola platonica è stata fondata dopo Marco Aurelio, quando la capitale attica era diventata una fiorente città universitaria, e ha dato voce all’ultima fase del neoplatonismo antico. La Scuola durerà circa centotrent’anni, sino al 529, quando l’imperatore Giustiniano, che da molto tempo perseguitava gli “ellenizzanti” (appartenenti all’antica religione), promulgò l’editto che colpiva proprio i centri della cultura pagana e che mise termine alla sua precaria esistenza, come a quella di tutte le scuole filosofiche pagane.

Le posizioni di Proclo, che insegnava e tramandava le antiche tradizioni su un solido impianto filosofico, non dovettero risultare sempre gradite alla maggioranza cristiana, che ormai deteneva quasi completamente il controllo esercitando una intolleranza religiosa e politica nei riguardi della cultura e della filosofia pagane. Proprio grazie al suo grande prestigio culturale e ai rapporti con politici e governanti, Proclo poté continuare a insegnare.

Nel tentativo di dare forma sistematica alla dottrina divinamente ispirata di Platone, venerato come l’unico vero mistagogo in grado di introdurre ai segreti della teologia filosofica, Proclo dà vita all’opera filosofico-teologica di carattere “enciclopedico” più ambiziosa del neoplatonismo tardoantico, la Teologia platonica.

Il trattato è articolato in sei libri, quelli a noi pervenuti: I, un’ampia e organica premessa su alcuni principi fondamentali e sulla natura degli dei; II, sulla natura dell’Uno-Bene, origine primissima e trascendente della realtà nelle sue diverse articolazioni; III, sulle enadi; IV, sugli dei intelligibili-intellettivi; V, sull’ordinamento degli dei intellettivi e il ruolo del Demiurgo; VI, sull’ordinamento ipercosmico.

Il risultato, nonostante le avversioni, è proprio questo: una sistematizzazione filosofica della mitologia greca che risponde a un’esigenza di stabilizzazione razionale, un’autoaffermazione della tradizione greca nella sua globalità contro la teologia cristiana. Il cristianesimo trionfante, dopotutto, non ha mai puntato a combattere il neoplatonismo quanto piuttosto ad assorbirlo, per nutrirne la sua stessa teologia.

L’Uno in noi

All’interno di una speculazione filosofica connotata da profonda religiosità, anche in senso mistico e magico, prende forma con Proclo una complessa struttura metafisico-teologica del reale che mira a dare una specifica e sistematica collocazione a ogni entità ed essere vivente, e dove tutta la realtà è ricondotta a una serie ben determinata di ordinamenti divini.

In questo contesto il mito non è solo finzione poetica, una “fantasticheria”, ma assurge alla dimensione concettuale della riflessione filosofica, che accoglie entro sé l’intenzione dell’arte per soddisfare in forma più elevata le esigenze dell’immaginazione e della fantasia.

La meta suprema dell’essere umano è raggiungere la “patria di lassù”, la vita beata, risalire la “discesa a spirale” (πρόοδος, “processione”) che conduce verso il mondo sensibile, attraverso una sorta di “trasformazione spirituale” che Platone nel Teeteto chiama homoiosis theô, rendersi simile alla divinità.

Per raggiungere questo obiettivo, all’essere umano è richiesto un movimento permanente di astrazione e autoaccertamento che non conduce, però, al disprezzo del mondo, bensì a una valutazione realistica delle dimensioni nelle quali siamo immessi.

Il filosofo-teurgo

la potenza teurgica [θευργικὴ δὑναμις] è superiore ad ogni forma di saggezza e scienza umana, in quanto raccoglie in sé i pregi che sono propri all’arte divinatoria ed anche le potenze purificatrici dell’arte perfezionatrice dei riti e, in breve, tutte le operazioni che si compiono tramite la possessione divina (I, 26, 113).

In un’epoca di profonde incertezze spirituali e politiche, la dimensione magica e mistica della tradizione pagana, insieme alla ripresa di alcune forme di religiosità iniziatica quali l’orfismo, assume un ruolo fondamentale.

Questa contaminazione tra filosofia e magia rituale è ben presente in Proclo, più vicino al “divino” Giamblico che non a Porfirio, il quale fu più un filosofo erudito che non un teurgo mistico.

La teurgia è per Proclo una via di ascesa (IV, 9, 29): attraverso i rituali teurgici, il filosofo può entrare direttamente in comunicazione con gli dei non solo a scopo speculativo, per conoscerne la natura, ma anche per invogliarli a venire in soccorso di chi chiede il loro aiuto. Come altre forme di magia, compresa quella “bassa”, la teurgia agisce servendosi delle gerarchie demoniche che abitano le dimensioni esistenti tra gli uomini e le divinità, ma facendo appello soltanto a spiriti puri.

Le più degne di venerazione fra le forme di teurgia [sono quelle che] si servono dei numeri […] e tramite questi compiono le più grandi e le più ineffabili delle loro operazioni (IV, 34, 101).

La prima di queste forme di teurgia è suggerita direttamente dalla natura, la quale, tramite i numeri e in base ad affinità simpatetiche, garantisce specifiche potenze per ciascun essere.

La teurgia procede secondo un ordinamento simile a quello concepito per l’intera struttura metafisico-teologica del reale, ma al contrario, ovvero dal basso verso l’alto, dalla base molteplice all’Uno, secondo il principio per cui un livello congiunge sempre ai livelli che sono loro superiori:

Ed è appunto per questo che la teurgia, imitando i periodi ciclici invisibili delle anime, antepone le iniziazioni agli dei di secondo livello a quelle più elevate, e, per il tramite di queste iniziazioni, ci fa passare alla specola intelligibile stessa (V, 8, 30).

Il fondamento teorico della teurgia è il concetto della συμπάθεια cosmica: un dio si manifesta solo in quegli oggetti, o per mezzo di quegli oggetti, che hanno una qualche affinità simbolica con esso. A collegare insieme in modo “simpatetico” i vari ambiti del reale è la comune origine divina di tutti gli esseri inferiori e superiori che popolano il Tutto. Ed è proprio questo legame tra i diversi livelli di realtà che consente di entrare in contatto con gli esseri divini e di evocarli.

Intermediario di conoscenza tra i diversi piani della realtà, nella continua tensione verso l’assoluto, il filosofo diventa una sorta di sacerdote universale, in un certo modo divinizzato a sua volta.

La natura divina di Proclo emerge dalla sua biografia, dove si racconta che, ricorrendo a particolari rituali teurgici, sarebbe stato capace di compiere veri e propri miracoli, ad esempio apportando piogge  sull’Attica liberandola da una terribile siccità. 

Fu inoltre protagonista della prodigiosa guarigione di Asclepigenia, una fanciulla colpita da una grave malattia che i medici non riuscivano a curare, e affidata alle cure di Proclo. Il filosofo va a pregare nel tempio di Asclepio, ad Atene (lo stesso santuario verrà saccheggiato dopo alcuni anni e trasformato in chiesa cristiana), e la fanciulla guarisce improvvisamente.

Gli strumenti del rito teurgico

Attraverso la teurgia è possibile venire a contatto direttamente con gli dei ricorrendo a determinati rituali e strumenti simbolici che richiamano i συνθήματα di ciascun dio, i caratteri specifici che contraddistinguo una divinità rispetto ad un’altra.

Questi oggetti simbolici, che il teurgo deve saper preparare e manovrare in maniera adatta, sono detti ricettacoli (ὑποδοχή), o ricettori, “veicoli” delle entità che vi sono poste, dove «le nature trasferiscono i propri principi», in grado di accogliere in sé stessi le manifestazioni delle entità divine (I, 22, 103).

ed in essi gli dei sono posti eternamente e si fanno trasportare da essi e attraverso essi agiscono (VI, 23, 108).

Così, ad esempio, le statue sono ricettacoli delle divinità perché ne raffigurano le caratteristiche e le proprietà fondamentali.

la teurgia attraverso determinati tipi di simboli invoca la bontà generosa degli dei perché illumini le statue prodotte dall’arte umana (I, 29, 124).

 – Sull’argomento, leggi Scultura e magia in Grecia

Alcune fondamentali nozioni sulla natura di ciascun dio sono inoltre ricavabili dai loro nomi, vera e propria fonte di conoscenza teologica. Operando in modo simile agli oggetti impiegati nei riti teurgici, se analizzati adeguatamente, i teonimi sono in grado di rivelare il ruolo metafisico-teologico e le prerogative specifiche delle divinità alle quali sono attribuiti. Ad esempio il teonimo Urano, il cielo, è ricondotto all’espressione ὁ ὁρῶν τὰ ἄνω, “colui che guarda le cose che stanno in alto”, Crono è interpretato nel senso di κορόνους, purezza e intelletto, mentre, per Zeus, Proclo ricorre a una pseudo-etimologia proposta nel Cratilo, δι᾽ ὃν ζῆν, “colui in virtù del quale v’è il vivere”.

La Scuola di Atene, Stanze di Raffaello, Musei Vaticani (via Wiki Commons)
Struttura del reale

La realtà è una struttura piramidale composta da una complessa serie di livelli variamente articolati e collegati fra loro, che servono in qualche modo a colmare la radicale separazione tra la trascendente semplicità del Principio unico e la caotica molteplicità del reale.

Alla sommità è l’Uno-Bene, il Principio primo, l’Unità assoluta, trascendente, il Dio-in-sé, origine del molteplice, da cui deriva tutta la realtà nel suo complesso. Dotato di una natura intrinsecamente divina, l’Uno-Bene trasmette tale natura a tutti gli ordinamenti divini che da esso derivano e dipendono.

Tutta la nostra vita è un esercizio alla visione dell’Uno (In Parmenidem, 1015, 38-40).

Tale principio è il garante e il fondamento dell’unità del Tutto, il quale, altrimenti, è destinato a sfaldarsi e disgregarsi.

Ogni grado dell’essere, ogni elemento che fa parte del Tutto non è solo partecipe del “divino” in senso generale, bensì un dispiegamento del divino nel senso più elevato. Gli dei che reggono i diversi ordinamenti compiono infatti un doppio movimento, per così dire, da un lato elevandosi verso gli enti superiori, dei quali sono emanazioni, dall’altro irradiando la loro divinità verso le realtà inferiori.

In funzione di una struttura metafisico-teologica così immaginata, la realtà ne risulta completamente divinizzata, per dirla con Talete, tutto è pieno di dei.

– In analogia con la frase attribuita a Talete, «tutte le cose sono piene di dei», leggi In liquido aere. Cosmogonia di Talete

Gli dei hanno nature e funzioni diverse a seconda dell’ordinamento di cui fanno parte, ad esempio presentano gradi più o meno accentuati di trascendenza, di molteplicità e così via. Ci sono però delle caratteristiche che accomunano la realtà divina nel suo insieme e che tutti gli dei possiedono: bontà, sapienza e bellezza (ἀγαθότης, σοφία, κάλλος, I, 26, 113).

Gli dei sono buoni, cause di tutti i beni ed elargitori di ogni forma di bene, persino gli esseri che sono posti agli ultimi livelli dell’universo godono anch’essi, in base alla propria natura, della bontà degli dei. Così il male, che pure esiste ed è reale, non dipende dagli dei, ma dalla debolezza delle entità che ricevono le illuminazioni (ἐλλάμψεις, I, 18, 85) da parte degli dei.

Poiché già possiedono l’eccellenza e la perfezione, nella loro pienezza e totalità gli dei sono inalterabili, immutabili, stabili, imperturbabili, autosufficienti e, perciò, semplicemente bastanti a sé stessi. Questo non vuol dire che le immagini degli dei, rappresentazioni sensibili di realtà intangibili e incorporee, debbano essere necessariamente uniformi, così come nelle loro apparizioni (τἀ φαινόμενα) gli stessi dei possono presentarsi polimorfi, particolareggiati, compositi e in movimento (I, 19; 20, 96).

Nell’impianto metafisico di Proclo, la struttura triadica è fondamentale e si manifesta in forme e modalità differenti nei vari livelli divini ai quali corrispondono le diverse articolazioni della realtà.

Nelle triadi, il primo termine, quello più vicino all’Uno, è unità e determinazione mentre il secondo pluralità e potenza. Insieme, con la loro stessa opposizione, danno origine a un terzo termine, figlio dei primi due.

Gerarchie divine

Al di sotto dell’Uno si susseguono in serie graduale e progressiva ulteriori livelli via via più articolati. Ogni livello, o piano, è concepito come un ordinamento di divinità disposte secondo una rigorosa concatenazione gerarchica in base alla vicinanza con l’Uno.

Subito dopo l’Uno vengono le enadi, principi divini primissimi di unità, monadi originarie semplici e anteriori alla molteplicità, ma in qualche modo già determinate e differenziate tra loro. Dopo le enadi, viene il piano degli dei intelligibili.

Ordinamento intelligibile

In virtù della loro vicinanza al Principio primo, gli dei appartenenti a questa dimensione hanno un carattere originariamente unitario e radicalmente trascendente, ma al contempo dinamico e potenzialmente molteplice. Sono le cause universali della totalità delle cose, da loro derivano e dipendono tutti gli altri ordinamenti divini.

La dimensione intelligibile è composta da tre triadi.

1. La prima triade originaria coincide con l’Uno e ha il carattere fondamentale del limite.

2. La seconda ha carattere dell’illimitato/illimitatezza (da cui anche concetti quali eternità, intero).

3. La terza triade corrisponde al Tutto, è il Vivente intelligibile o Vivente-in-sé, dove si manifesta, in maniera non ancora del tutto compiuta, l’insieme delle forme.

Ordinamento intelligibile-intellettivo

Tra il livello intelligibile e quello successivo, secondo il principio di gradualità e continuità tipico della metafisica procliana, vi sono divinità intermedie direttamente connesse con quelle intelligibili, che fungono da collegamento fra questi ultimi e l’ordinamento intellettivo.

È in questa dimensione che, per la prima volta, si manifesta a livello originario l’alterità o differenza.

Anche questi dei si dividono in maniera triplice, in tre monadi sovraessenziali, ciascuna delle quali è perfetta e comprende in sé una molteplicità di potenze e una varietà di forme: 1. l’essenza sovraceleste, l’iperuranio, 2. la vita, corrispondente alla “rivoluzione” celeste di Urano, e 3. l’intelletto, che riflette la volta subceleste e gli dei “perfezionatori” che vi abitano (IV, 3).

Quanto a Urano, padre di Crono dal quale derivano, secondo la tradizione che rimanda a Esiodo, tutte le altre divinità del pantheon tradizionale greco, è il primo tra gli dei a essere designato con il suo specifico teonimo. Urano è il dio intelligibile-intellettivo per eccellenza e tutta la sua dimensione è detta essere “il regno di Urano”.

Intermedio dunque tra gli intelligibili e gli intellettivi è il regno che ha ottenuto in sorte il grandissimo Urano (IV, 6, 21).

Ordinamento intellettivo

Il terzo ordinamento è rappresentato dagli dei intellettivi, di natura attiva e produttiva, una sorta di intelligenza universale da cui dipendono il cosmo vivente e tutti gli ordinamenti divini inferiori.

Immediatamente connesso a quelli che lo precedono, corrisponde all’ultimo livello divino autenticamente trascendente: tutti gli ordinamenti divini che vengono dopo, caratterizzati da forme di relazione con le diverse articolazioni del cosmo sensibile, non avranno più il carattere della completa trascendenza e universalità, ma saranno dotati di una natura più determinata e particolare.

In questa dimensione ha origine la realtà psichica.

L’ordinamento intellettivo non è organizzato secondo una struttura triadica ma su due triadi più una unità, corrispondenti a sette livelli distinti ma collegati.

1. La prima triade intellettiva, in accordo con l’ordine di successione tramandato dalla tradizione mitico-religiosa, è composta da Chronos, il principio originario, l’Intelletto universale e puro, Rhea, la regina, da cui la vita procede e si irradia all’interno del livello intellettivo e in quelli successivi, e il loro figlio Zeus, l’artefice del cosmo, la “causa efficiente” della vita dell’intero universo.

Rhea, principio universale generatore di vita, esprime la funzione propria di “fonte” di questo ordinamento. Insieme al figlio di Urano genera il Demiurgo, identificato con Zeus, il Re degli intellettivi, garante dell’ordine, l’Anima del cosmo che plasma a immagine del modello intelligibile. L’attività svolta dal Demiurgo consiste nel far sussistere il cosmo in modo unitario, e in questo consiste anche il ruolo fondamentale proprio degli dei intellettivi.

il Demiurgo dell’universo fa risplendere l’ordine, il limite e l’ordinamento complessivo, e realizza il Tutto come un’immagine degli intelligibili attraverso la partecipazione alle forme (V, 17, 61-62).

2. A costituire la seconda triade intellettiva, ovvero al quarto grado triadico, sono i Cureti, dei “implacabili” e “incontaminati” – in origine sacerdoti o divinità demoniche – che vegliano sulla trascendenza di Rhea e Zeus, custodendola nella sua incontaminata purezza.

3. Al settimo livello intellettivo è introdotta la monade, uno specifico principio di differenziazione e causa della separazione degli dei intellettivi dagli dei superiori (V, 36, 131).

L’ipercosmo

Tra la realtà intellettiva e il mondo sensibile si trova l’ordinamento divino ipercosmico, al di sopra ma in relazione con esso. Gli dei che popolano questo livello sono divinità non universali, come gli intellettivi, bensì particolari, e governano separatamente su ciascuna delle diverse articolazioni del cosmo.

Gli dei ipercosmici derivano e dipendono dalla realtà intellettiva e anche loro, come gli dei intellettivi, non fanno ancora parte del cosmo materiale; ma, a differenza dei primi, non sono totalmente trascendenti.

E dunque il Demiurgo dell’universo nella sua totalità non fa parte degli dei ipercosmici: infatti in questo ordinamento gli dei sono tutti particolari, o in quanto governano in modo particolare le cose nella loro universale totalità, oppure in quanto comprendono in modo universale le produzioni delle parti (V, 13, 43).

1. Nell’ordinamento ipercosmico, la prima triade è affidata, in base agli specifici ambiti di competenza, a tre demiurghi, Zeus (ipercosmico), Poseidone e Plutone/Ade. I tre figli di Crono hanno la funzione fondamentale di frammentare e suddividere l’unitarietà di Zeus Demiurgo intellettivo. Essi sono gli dei sovrani, garanti dell’armonia complessiva del cosmo che guidano e governano.

Vengono chiamati anche dei assimilatori (θεοὶ ἀφομοιωματικοί) perché rendono “simili” le determinate, specifiche e particolari componenti del cosmo sensibile, collegate tra loro in rapporto simpatetico.

questo ordine degli dei regola in modo specifico il rapporto simpatetico tra gli esseri presenti nel cosmo e la loro comunione reciproca. Infatti è per il tramite della somiglianza che tutte le cose si uniscono le une alle altre e si comunicano reciprocamente le potenze di cui dispongono, e che gli esseri superiori fanno risplendere con generosità i loro doni su quelli inferiori […] ed inoltre che si contempla nel cosmo un intreccio indissolubile, una comunione universale fra tutti gli esseri (VI, 4, 22).
2. La seconda è la triade “generatrice di vita”, composta da tre dee che hanno la funzione di vivificare la totalità del cosmo nel suo insieme: Artemide, l“essenza”, Persefone, la potenza vivificante, e Atena, l’intelletto divino generatore di vita, identificate con un’unitaria e complessiva divinità che racchiude in sé le specificità di queste tre dee, vale a dire Core.

3. A un terzo livello dell’ordinamento ipercosmico è la triade apollinea, costituita dal solo Apollo, nella quale si manifestano le tre caratteristiche fondamentali attribuite al dio dalla tradizione mitica e riconducibili all’ambito della mantica, a quello della musica e alla capacità di ristabilire l’armonia e riportare all’ordine tutto ciò che è disordinato, fungendo da cura provvidenziale da parte della dimensione ipercosmica nei confronti degli esseri appartenenti al mondo inferiore. Per somiglianza di natura e di potenza, Apollo è assimilato a Helios, il Sole divinizzato.

4. Infine la quarta triade, rappresentata, in accordo con la tradizione orfica, dagli dei incontaminati o Coribanti, in analogia con i Cureti, antichi sacerdoti preposti al culto iniziatico di Rhea/Cibele e considerati essi stessi divinità. I Coribanti hanno il compito di custodire la regina Rhea ed il Demiurgo dell’universo, vegliando sull’insieme dell’ordinamento ipercosmico. Essi, inoltre, custodiscono la seconda triade ipercosmica, quella di Core, mantenendo le dee nella loro immutabilità e permanenza.

Ordinamento ipercosmico-encosmico

Tra gli dei ipercosmici e quelli di ordine inferiore esiste un ulteriore ordinamento divino che fa da intermediario tra le due sfere. Direttamente connesse a quelle ipercosmiche, le divinità che fanno parte di questo ordinamento sono però anche vicine alla molteplicità propria delle divinità encosmiche e degli esseri sensibili, e sono pertanto dotate di un maggiore livello di determinatezza e molteplicità rispetto agli ipercosmici.

Infatti, per dirla in breve, essendo intermedi tra gli dei ipercosmici e gli dei encosmici, essi comunicano in certo modo con entrambi questi ordinamenti e possiedono una comunione indissolubile con entrambi, e in base al loro ordinamento sono a un tempo encosmici e ipercosmici, essendo unificati dall’alto dagli dei sovrani principali, mentre dal basso sono fatti procedere nella molteplicità dagli “dei giovani” (VI, 15, 73).

Anche gli dei ipercosmici-encosmici sono strutturati secondo una dodecade, divisa in quattro triadi con funzioni simili, anche se non del tutto speculari, rispetto al livello precedente.

1. La prima triade, demiurgica, è costituita da Zeus (ipercosmico-encosmico), che dirige le anime e i corpi e «si prende cura di tutte le cose», Poseidone (ipercosmico-encosmico), che governa soprattutto il livello di realtà psichico, ed Efesto, che infonde la natura nei corpi (V, 22).

2. La seconda triade ipercosmica-encosmica è la “triade custode” o guardiana ed è composta da Estia, l’incontaminata, che contiene le sommità della totalità dell’universo, Atena (ipercosmica-encosmica), l’inflessibile, che innalza le vite intermedie dal livello della materia, e Ares, il solido, potenza di corporeo vigore.

3. La terza triade è costituita da tre dee vivificatrici, Demetra/Core (ipercosmica-encosmica), generatrice di vita, anche psichica e intellettiva, Era, corrispettivo intermedio di Rhea, e infine Artemide (ipercosmica-encosmica), protettrice del naturale procedere delle cose e della generazione.

– Su Artemide Lochia protettrice del parto leggi Artemide soccorritrice in Il sepolcro delle vergini iperboree

4. La quarta e ultima triade ipercosmica-encosmica è detta “elevatrice” perché ha la funzione di elevare le entità appartenenti alla dimensione inferiore verso livelli più alti di realtà. È composta da Hermes, garante della filosofia, che innalza le anime con la potenza della dialettica, Afrodite, causa originaria dell’ispirazione amorosa verso il Bello, e Apollo (ipercosmico-encosmico), che, grazie all’arte delle Muse, porta a compimento tutte le cose con ritmo e armonia.

L’encosmo

In questo ordinamento abitano gli dei più giovani, alcuni identificati con i pianeti.

Posti direttamente nel cosmo sensibile, cui sono collegati e vincolati, a differenza dei livelli divini superiori, gli dei encosmici operano in modo diretto e specifico, per così dire, individualizzato, sulla natura e sulla sua dimensione vitale. Caso che vale in particolare per Dioniso, definito da Proclo il “re degli dei encosmici” (Commento al Cratilo, CLXXI, 4-8).

Molte divinità dei livelli superiori hanno un corrispettivo all’interno della dimensione encosmica, come Zeus, Helios, Core e la triade delle Moire, figlie della Necessità, Lachesi (il passato), Atropo (il presente) e Cloto (il futuro), le tessitrici del destino degli uomini, che esercitano la loro autorità sul Tutto senza essere ad esso vincolate (VI, 23, 102-3). A queste divinità vanno ricondotti il destino delle anime e i demoni a loro assegnati in sorte.

Gli dei encosmici rivestono un ruolo fondamentale in rapporto ai viventi: sono infatti quelle divinità che, più delle altre, attraverso le pratiche teurgiche, possono essere indotte a manifestarsi in diverse forme e modalità agli esseri umani. Purtroppo, però, non ci è pervenuta una trattazione organica sulla loro natura da parte di Proclo, che vi accenna nel VI libro.

Alcune divinità, come è evidente, risultano moltiplicate nel dispiegarsi di ordinamenti principali e intermedi. Così, nel caso di Zeus, è possibile individuare almeno tre livelli di questo dio: Zeus Demiurgo intellettivo, Zeus ipercosmico e Zeus ipercosmico-encosmico, ai quali si può aggiungere anche uno Zeus encosmico, identificato probabilmente con il pianeta Giove.

Angeli, demoni, eroi e le anime umane

Il cosmo è popolato da una nutrita schiera di ulteriori entità sovrumane, inferiori rispetto alle divinità encosmiche e da queste ultime direttamente dipendenti, strutturate secondo un preciso ordine gerarchico in base al diverso grado di prossimità rispetto agli dei.

A un primo livello troviamo le anime universali divinizzate; a un livello inferiore, al seguito delle divinità, gli angeli, intermediari e messaggeri tra uomini e dei; quindi i demoni, al servizio degli esseri divini, che incarnano determinate potenze connesse alla realtà naturale; gli eroi, anime superiori caratterizzate da specifici poteri e facoltà; infine le anime umane particolari.

A un livello ancora inferiore si pone la totalità degli esseri viventi, animali e piante. All’ultimo livello nell’ordine gerarchico universale vengono gli esseri inanimati. 

Questi ultimi, unitamente soprattutto ad alcune specie di piante – in virtù di particolari rapporti simpatetici e attraverso specifici rituali magico-teurgici –, posseggono proprietà naturali capaci di evocare le divinità o, comunque, garantire una forma di diretto contatto con esse.

Proclo, Teologia platonica, a cura di M. Abbate, prefazione di W. Beierwaltes, Bompiani, Milano 2019; i riferimenti di pagina in numero romano tra parentesi si riferiscono a questa edizione. E inoltre, G. Agosti, La Vita di Proclo di Marino nella sua redazione in versi. Per un’analisi della biografia poetica tardoantica, in “CentoPagine”, iii, 2009, pp. 30-49; L. Robin, Storia del pensiero greco, appendice di F. Adorno, Mondadori, Milano 1978, pp. 350, 354-5.

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