
È antica leggenda che Herne, un tempo guardiacaccia nella selva della tenuta di Windsor, quand’è inverno, intorno alla mezzanotte, con due enormi corna in testa si aggiri intorno a una quercia. L’apparizione del fantasma fa disseccare le piante, porta infermità al bestiame e tramuta in sangue il latte delle vacche, mentre, camminando, lo spettro trascina dietro di sé una catena con fragore tetro e orrendo...
La prima testimonianza letteraria su Herne e le sue spettrali apparizioni è offerta da Shakespeare in The Merry Wives of Windsor. Ma la sua leggenda corre indietro nel tempo, al XIV secolo, quando regnava Riccardo II, il predecessore di Enrico IV.
Di Herne sappiamo che amava il suo lavoro e si riteneva fortunato a poter svolgere una mansione che gli piaceva. Conosceva profondamente, per istinto ed esperienza, tutti gli alberi e ogni angolo delle foreste che circondavano il castello. Alto e robusto come una quercia, aggraziato e bello come la luce del sole screziata attraverso le foglie, nessuno sapeva intagliare il legno come lui. Il re lo teneva in altissimo pregio e i suoi servigi gli erano molto preziosi.
La morte eroica e la sorte ultraterrena
Herne perse la vita durante una battuta di caccia, per salvare il re, un giorno in cui fu avvistato un raro cervo bianco. Disperato per la sua morte, il sovrano accettò l’aiuto di uno straniero apparso all’improvviso da dietro un grande faggio cavalcando un cavallo nero, il quale si rivelò essere il potente stregone Philip Urwick. Questi ordinò che si rimuovessero le grandi corna dalla preda di caccia e si apponessero sul capo di Herne.
Dopo un mese di cure, il copricapo gli fu rimosso permettendogli di presentarsi di nuovo a corte, dove fu accolto con tutti gli onori dal re in persona che gli fece dono di una sacca di monete d’oro, una catena d’oro e un corno da caccia d’argento.
Attiratosi ben presto le invidie degli altri intendenti e cortigiani, Herne cadde in un tranello ordito da due di loro, che gli fece perdere il favore del re e in seguito al quale fu allontanato dal palazzo. Fu poi trovato morto impiccato, appeso a un albero di quercia. Da quel momento, i rivali invidiosi cominciarono a perdere le loro abilità e si videro costretti a ricorrere di nuovo ai rimedi dell’oscuro mago Urwick, per placare l’ira del defunto.
Seguendo le disposizioni del mago, lo spirito di Herne venne evocato sotto la quercia che lo aveva visto suicida. Lo spirito si materializzò con un’improvvisa raffica di vento, e con voce solenne ordinò che alla mezzanotte dell’indomani fossero riuniti sotto quell’albero tutti i cavalli e i cani da caccia del re.
Così fu fatto. Per molte notti infuriò una terribile caccia spettrale. Il complotto fu smascherato e i due cacciatori giustiziati, e solo allora i cervi e gli altri animali tornarono a popolare le foreste circostanti.
Selve infestate
Pare siano state molte, da allora, le apparizioni notturne di Herne nell’area di Windsor, accompagnate dal frastuono delle corna e dall’abbaiare dei suoi cani da caccia.
La sua figura agile si manifesta a cavallo di un destriero nero dall’aspetto infuocato, indossa sempre le sue corna ed emana una luce azzurra. Sulla sua spalla è posato un gufo cornuto dai penetranti occhi rossi, e in mano stringe una catena che sferraglia con sinistro fragore.
Insieme ai due invidiosi detrattori, costretti ad accompagnarlo per l’eternità, è alla guida della caccia notturna attraverso le foreste e il cielo tempestoso, alla ricerca di anime dannate perse nella natura selvaggia.
Le sue apparizioni possono presagire che la nazione è in pericolo, o che il sovrano è prossimo alla morte. Persino Enrico VIII ne fu testimone e, più recentemente (1976), un guardiano ha dichiarato di aver visto nel giardino all’italiana del castello delle corna ramificate crescere sulla testa di una statua che poi ha preso vita, animandosi.
Onorevoli corna
Nella tradizione inglese Herne è associato con il mondo dei morti e le attività notturne. È alla guida della leggendaria caccia selvaggia (Wild Hunt) e indossa grandi corna sul capo come Pan, il celtico Cernunnos e altri personaggi del folklore tedesco e francese.
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Herne the Hunter in The book of English folk tales (Internet Archive) |
Il personaggio di Herne, così come è entrato nella leggenda, deve molto a Cernunnos, dio celtico della caccia e dei luoghi selvatici, associato al mondo sotterraneo e alla fertilità cui spesso si accompagnano i simboli della quercia e del cervo.
Il nome del dio Cernunnos compare per la prima volta su un altare romano-gallico trovato nel sito di Notre Dame a Parigi, dove è raffigurato con le fattezze di un uomo barbuto con orecchie umane e intricate ramificazioni sul capo – Cerne, “cornuto”, e Unnos, “uno”, stante per “il Cornuto”.
La sua raffigurazione più celebre è sul cosiddetto Calderone di Gundestrup, una coppa d’argento del II sec. aev rinvenuta presso un sito celtico in Danimarca. Così, sebbene non se ne abbiano testimonianze certe, è probabile che, prima che i Romani sbarcassero su quelle coste, anche in Gran Bretagna esistessero templi e altari dedicati a Cernunnos.
La cavalcata delle anime perdute
Oltre all’iconografia di Cernunnos, altri elementi concorrono alla formazione della leggenda di Herne. Il nome, per esempio, richiama un epiteto di Odino, il dio sciamano del paganesimo nordico, nel suo ruolo di guida delle schiere di anime che percorrono furiosamente il cielo come una tempesta – Herian, “il capo della moltitudine”, un tema comune in molte parti d’Europa.
Altrove, nel Berkshire, la schiera dannata è guidata dal fantasma di una giovane donna di nome Dorcas Noble, giustiziata per stregoneria con l’accusa di aver avvelenato una rivale in amore, costretta nell’aldilà a cavalcare per l’eternità l’impetuosa burrasca.
Tempi duri per Herne il cacciatore
Nell’aprile 2016 Mr. Andrew Cleghorn, ex muratore 52enne di Cardrona, Scozia, aveva presentato una richiesta allo Scottish Borders Council per poter edificare una statua e un altare a Herne the Hunter.
Il progetto, che si sarebbe dovuto realizzare all’interno di un terreno di sua proprietà, comprendeva anche la costruzione di un pozzo sacro e di un edificio a due piani per ospitare una rara varietà di pollame. Il Consiglio ha alla fine emesso parere contrario, ritenendo l’opera troppo impattante in un’area paesaggistica di speciale rilievo quale la Tweed Valley (“The Southern Reporter”).
La notizia è stata riportata anche dal locale “The Scotsman” con toni affatto derisori: «Un pagano perde la sua battaglia», titola, e all’interno si accenna alla vicinanza di una chiesa, alla quale l’altare pagano avrebbe dato molto fastidio («his tribute to Herne the Hunter might upset neighbours, including a nearby church»).
«Ogni idea è stata respinta dall’ufficio Pianificazione senza considerare la validità o meno del proposito», replica la difesa in seguito all’appello dell’uomo, che sì dice perseguitato (persecuted) per le sue idee religiose. Andrew si definisce guidato dagli dei pagani della terra («guided by the pagan earth gods») e a loro avrebbe desiderato dedicare uno spazio speciale per il culto privato e la meditazione.
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