Potere, avidità, vendetta, complicate relazioni personali e tensioni sociali sono i cardini attorno ai quali si concentrano i processi per stregoneria nella Transilvania degli anni Ottanta del Cinquecento. I fatti si svolgono nel 1584 a Kolozsvár, la capitale. Personaggio chiave è Gyórgy Igyártó, uno dei procuratori della città, che inizia la sua carriera come avvocato privato per ricoprire poi il ruolo di funzionario pubblico, noto persecutore di streghe e uomo ambizioso e corrotto. La ricerca nei registri giudiziari e nei documenti processuali, ma anche sui libri contabili e fiscali della città e su altri documenti amministrativi non direttamente collegati alla stregoneria, ha permesso di ricostruire il quadro dell’ambiente sociale e delle relazioni che intercorrevano tra i personaggi coinvolti, e quindi delle motivazioni che spesso conducevano le accusate di fronte al tribunale.
Dopo alcuni casi sporadici riportati dalle fonti medievali, come nel resto d’Europa anche se con qualche decennio di ritardo, in Ungheria le persecuzioni su larga scala per stregoneria e magia iniziano nel XVI secolo, sullo sfondo di un travagliato periodo storico. All’indomani della sconfitta contro le truppe ottomane nel 1526, il paese passa sotto l’occupazione turca per i successivi centocinquant’anni, fino a quando il trono ungherese viene ereditato dagli Asburgo. La parte orientale del regno, la Transilvania, diviene invece un principato semiautonomo, sotto l’influenza dell’Impero ottomano, con capitale Kolozsvár (Cluj-Napoca).
Le guerre di religione non risparmiano il paese, dove la Riforma conta molti sostenitori, soprattutto da parte luterana e calvinista, mentre la Controriforma è promossa nei territori dominati dagli Asburgo. La prima serie di processi alle streghe si verifica in un ambiente urbano, a Kolozsvár, estendendosi successivamente, nel XVII secolo, alle città sassoni della Transilvania e agli altri territori. I procedimenti si diffondono ovunque, nelle città come nelle campagne, promossi dai tribunali feudali o avviati dai funzionari dell’amministrazione della contea. Quando sono legati agli intrighi di corte, non risparmiano neanche la nobiltà e l’alta aristocrazia.
Due terzi di tutti i processi alle streghe nel territorio del Regno ungherese si verificano tra il 1690 e il 1768, fino a quando l’imperatrice Maria Teresa li proibisce, per un totale di 2.275 processi, 4.263 “streghe” accusate (di cui 3.673 donne e 590 uomini) e 702 condanne a morte, ma in molti casi i documenti sono incompleti.
I dati, comunque, testimoniano una relativa “mitezza” e una minore intensità rispetto all’esplosione della caccia alle streghe nel resto dell’Europa occidentale, soprattutto continentale, anche perché la demonologia calvinista ungherese rimase sempre scettica nei confronti della “stregoneria diabolica” e dei suoi fenomeni, come il “mito del Sabba”. Nelle descrizioni del Sabba delle streghe contenute nei documenti dei processi ungheresi, piuttosto, si riscontrano tracce di un altro sistema di credenze arcaico radicato nella mitologia delle fate del folklore dell’Europa sud-orientale.
I persecutori di streghe
La categoria dei persecutori di streghe annovera personalità tristemente famose in tutta Europa a partire da Heinrich Kramer (Institor), autore insieme a Jakob Sprenger del Malleus maleficarum (Strasburgo, 1486-87), lo stesso Jean Bodin con la Démonomanie des sorciers (1580), il giurista Henri Boguet nativo della Franca Contea, autore nel 1602 di un Discours des sorciers, Pierre de Lancre nei Paesi Baschi francesi, cui si deve un Tableau de l’inconstance des mauvais anges et démons (1612), e ancora Nicolas Rémy in Lorena, Friedrich Fórner, lo “spiritus rector” di Bamberga, Matthew Hopkins e il collega John Stearne in Inghilterra nella metà del XVII secolo e molti altri.Il nome di Gyórgy Igyártó compare per la prima volta nei registri giuridici di Kolozsvár nel 1564 e al 1576 risalgono le prime notizie circa il suo lavoro come avvocato. Il 16 gennaio 1579 il Consiglio dei Cento è informato dal giudice reale di atti “raccapriccianti e terribili” da lui commessi e ne decide l’arresto, insieme alla seconda moglie, il giorno delle nozze; viene tuttavia rilasciato presto in libertà vigilata grazie all’intervento di alcuni garanti.
Nel 1581-82 Igyártó, che all’epoca non ricopriva cariche pubbliche ma era semplicemente un privato cittadino, convoca di fronte al primo giudice Anna Rengó, già nota alle forze dell’ordine e in precedenza temporaneamente bandita dalla città con l’accusa di fornicazione e per aver organizzato cortei di carnevale in maschera per le strade. A sua volta, Anna accusa il procuratore di averla picchiata prima di arrestarla e lo minaccia di rivelare una sua relazione extraconiugale dalla quale sarebbe nato anche un figlio, nonché di aver avvelenato la prima moglie per poter sposare la sua amante — sarebbero stati questi gli atti “raccapriccianti e terribili” già posti all’attenzione dei Centumviri qualche anno prima. Poche settimane dopo, Igyártó avvia un procedimento contro Anna per calunnia contro il suo onore e la sua reputazione.
Description et figure du Sabbats des sorciers, dal Tableau de l’inconstance des mauvais anges et démons di Pierre de Lancre (dettaglio), 1612 (via Wiki Commons) |
Tra il 1583 e il 1584 Igyártó intraprende una serie di azioni legali non solo contro Anna, ma anche contro tutti coloro che avevano rilasciato testimonianze a favore della donna. Tra queste Borbála Kassai, che aveva rivelato dettagli sull’amante incinta di Igyártó, convocata in tribunale con l’accusa di stregoneria, fornicazione, furto e adulazione. Grazie a un atteggiamento deciso e a una schiera di testimoni ben scelti, Igyártó riesce ad assolversi dalle accuse e a costringere la sua avversaria ad abbandonare la città, e di Anna Rengó non si hanno più notizie.
Al contrario, si moltiplicano le apparizioni pubbliche di Igyártó. Dal 1584 le fonti lo menzionano come procuratore eletto. In veste di funzionario cittadino avvia una serie di procedimenti nei confronti di chi rappresentava una minaccia contro il bene comune, la sicurezza e la moralità, accuse che comprendevano l’adulterio, la fornicazione e la prostituzione, oltre che i più comuni furti e rapine, e che spesso si risolvevano con la condanna a morte.
Contestualmente prosegue l’attività di caccia alle streghe. In questo periodo vengono condotte in tribunale con l’accusa di stregoneria sette donne di cui sei finiscono bruciate sul rogo: Péter Székely, nata Kató Szabó, János Sós, nata Orsolya, Miklós Szeles, Ambrus Zóld, nata Katalin Varga, Antal Lakatos e Mihály Kórós. La settima, si verrà a sapere dopo, è riuscita a evitare la forca solo perché suo marito ha pagato un “riscatto” di 11 o 12 fiorini a Igyártó per fargli ritirare le accuse.
Nella rete della vendetta
Nel corso del 1585 la notorietà del procuratore raggiunge il culmine quando la città lo ricompensa per i suoi servizi conferendogli perfino un premio in denaro, mentre nello stesso anno altre due donne vengono accusate di stregoneria. Nel 1586 invece la sua ascesa sembra subire una prima battuta d’arresto. Per decisione dei Cento, le azioni giudiziarie non possono più essere gestite dai soli procuratori, ma diventano soggette al permesso del primo giudice.
Dalla fine di quell’anno al successivo inizia la fase discendente della promettente carriera di Gyórgy Igyártó. Sempre più spesso lo vediamo comparire di fronte al magistrato in veste di accusato per frode, violenza verbale e fisica e tutta una serie di altri abusi. La prima a presentare una dichiarazione al giudice contro Igyártó per cattiva condotta è Orsolya, cameriera di un orafo, dopo essere stata convocata in tribunale dal procuratore.
In risposta, Igyártó querela il datore di lavoro della ragazza, Lukács Beregszászi, e la suocera di lui, Zsófia Teremi. Quest’ultima, insieme a Orsolya, era stata amica e confidente della prima moglie di Igyártó, sebbene il marito di lei, Gergely Urberger, nel frattempo deceduto, fosse stato tra i garanti che avevano consentito il rilascio di Igyártó nel 1579, probabilmente in cambio della promessa da parte del procuratore di lasciare in pace la sua famiglia.
Il castello di carte abilmente eretto da Gyórgy Igyártó a suon di bugie, tentativi di corruzione, minacce, ricatti, doppiogiochismo, tradimenti, tangenti e altre odiose pratiche illecite viene giù con il moltiplicarsi di testimonianze contro di lui. Dal 1589 Gyórgy Igyártó scompare dalle fonti, probabilmente morto, dal momento che l’anno successivo vengono assunti altri procuratori per le cause ancora in corso, lasciando tra l’altro alla moglie e ai figli una notevole quantità di debiti.
Da quel momento, il Consiglio dei Cento ha posto dei limiti alle istituzioni giudiziarie cittadine delineando con maggiore attenzione il campo di attività dei pubblici ministeri, proprio perché non si verificassero di nuovo occasioni di abuso da parte di uomini che finivano con il detenere troppo potere nelle loro mani.
Come persecutore di streghe, le azioni di Igyártó suggeriscono che non fosse mosso da zelo religioso, vocazione, misoginia, paura o motivazioni sadiche, quanto piuttosto da avidità, egoismo, ambizione e vendetta contro chi minacciava il suo posto nella gerarchia sociale e politica della città.
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