Feticismo: dal portoghese fetiço, oggetto incantato, sortilegio che si suppone racchiuda o che sia associato a una forza o a un essere soprannaturale e che ha un utilizzo rituale. Nonostante abbia avuto una certa fortuna, soprattutto a proposito delle religioni dell’Africa occidentale dove è stata particolarmente indagata, oggi questa nozione è poco usata in etno-antropologia perché sotto di essa vi ricadono fenomeni diversissimi che, isolati dal loro specifico contesto culturale, non costituiscono una categoria operativa a sé.
L’originale portoghese deriva dal latino facticius (da facere), e mostra alla radice stessa della parola il concetto di cui si riveste: in magia, è “il fare” par excellence — fattura in italiano e faiture in francese antico.
Nel latino tardo si sviluppa il significato di potentemente magico: facturari, stregare, factura, stregoneria, da cui forse il termine anglosassone colloquiale fake.
“Feticcio” riprende quindi la forma passiva di facticius e letteralmente significa “fatto ad arte”, ovvero artificiale. Il termine fu probabilmente applicato per la prima volta a immagini, idoli o amuleti fatti a mano, fino a includere successivamente per estensione tutti gli oggetti dotati di potere magico, cioè stregati.
Nella storia degli studi, è stato definito feticismo il culto di oggetti inanimati, materiali e tangibili, considerati dotati di un potere “sacro” per sé stessi e non come simbolo, immagine o ricettacolo anche occasionale di una divinità.
Idolo (dal gr. èidon, lat. video, vedo),
L’idolo è ciò che si vede, un simulacro, una forma, e formula è il suo diminutivo. In latino, se forma vuol dire, tra gli altri, aspetto, figura, ritratto, immagine, statua, larva, apparizione, fantasma (formae deorum, apparizioni di dei, Cic.; terribiles visu formae, apparizioni terribili a vedersi, Verg.)..., la parola assume anche il significato giuridico di norma, esempio, regola stabilita dalla consuetudine e dalla legge. Formula, nello specifico, andrà a significare regolamento, contratto, accordo, convenzione a cui ci si deve attenere (cfr. Castiglioni, Mariotti, Vocabolario della lingua latina, Loescher, Roma 1990, ad voc.). Anche l’azione magica, come qualsiasi azione rituale, deve seguire un ordine esatto, scrupoloso, da ripetersi sempre uguale, che ne garantisce uniformità e continuità: una formula, appunto.
L’azione che crea la forma
Sono dunque, idolo e feticcio, due strumenti diversi? Se il feticcio è quello che si fa, l’idolo è quello che si vede. Nel primo caso, l’accento ricade sull’azione che crea, plasma la manifattura, mentre nell’altro sull’oggetto votivo come risultato dell’opera manifatturiera, quello che viene percepito attraverso la vista e quindi riconoscibile (una statua antropomorfa, ad esempio). Solo più tardi assumerà un’accezione negativa (idolatria come culto di un “falso” dio), retaggio della tensione biblica tra un “incontaminato” monoteismo e l’ammissione dell’esistenza di altri dei.
Teraphim o Lares, stampa vittoriana (1850 ca), Via old-print.com |
quell’insieme di atti e che risultano dal bruciare incensi, dal compiere sacrifici o dal fare offerte e voti,
sia di gesso, sia a colori, sia di pietra, di bronzo, d’argento o magari di filo.
Il revival occultista
Il XIX secolo scientista e moderno ha rifiutato la credenza in queste pratiche. Ma è anche il secolo dello spiritismo e dello spiritualismo, del revival occultista e della teosofia, dell’ipnotismo, un secolo ricco di suggestioni “psichiche” e di pratiche di magia nera più o meno riconosciute.
Nella dottrina teosofica di Madame Blavatsky, “feticcio” e “idolo” non differiscono di significato ricadendo entrambi nell’idea per cui certi oggetti, statue, immagini o amuleti, servono da temporanea o persino perenne residenza di una divinità, un genius o uno spirito — ipotesi che sembra essere stata condivisa da intellettuali di tutti i tempi, da Pitagora allo “scettico” Luciano.
Per Madame Blavatsky quindi il feticcio e l’idolo sono la stessa cosa, non l’uno una particolare declinazione dell’altro: il feticismo è l’adorazione di qualsiasi oggetto, sia vivente che non, di piccole o grandi dimensioni, in cui — o in connessione con il quale — qualsiasi spirito, una forza intelligente e invisibile, buona o cattiva, abbia manifestato la sua presenza.
Da un punto di vista storico-religioso, non è una questione di credere o non credere nelle immagini “animate”, ma di ammettere che di queste pratiche rituali esistono tracce per diverse migliaia di anni fin dalla più remota antichità.