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Gli dei di Roma e il potere dei loro nomi segreti

“Indigitamenta” è un termine latino di etimologia incerta che identifica una collezione ufficiale di preghiere, contenente una serie di azioni rituali e formule di invocazione, appartenenti ai libri pontificii redatti dall’alto collegio romano, il quale sovrintendeva all’osservanza di tutte le questioni sacre. Vi erano contenuti i nomi delle divinità, i loro epiteti e le formule da usare nelle circostanze adatte che ne descrivevano le proprietà e l’origine. Queste lunghe liste, compilate con accuratezza dai pontefici, avevano lo scopo di attribuire il giusto nome alle azioni che sarebbero state compiute nel corso di cerimonie pubbliche o private.

Carl Friedrich Deckler (1838-1918), Vestale con ghirlanda (Wiki commons)

L’azione che concretizza il divino

La religione romana, definita dal greco Polibio (II sec. aev) “razionale”, educatrice, civica, manca di miti cosmogonici e teogonici o piuttosto i miti sono stati sottoposti a un processo di “storificazione”; la storia e il culto (cioè l’atto rituale) sono gli strumenti culturali della demitizzazione, l’una agendo sul piano razionale, l’altro sull’irrazionale[1]. L’azione contenuta nel rito era centrale nell’esperienza religiosa romana e attraverso gli atti compiuti dai celebranti, che per questo motivo dovevano essere precisi ed efficaci, gli dei si rendevano presenti.

Il “nome d’agente”

L’azione in sé, seppure condotta secondo il giusto criterio, non produce tuttavia, da sola, l’effetto di “richiamare” la divinità poiché non possiede quella qualità specifica che le viene conferita dalla parola, attraverso la quale ogni azione viene opportunamente “nominata” allo scopo di ottenere l’effetto desiderato.

Antichità divine

Gli indigitamenta, oltre ad altri scritti sacerdotali, ai libri dei pontefici e alle pubbliche formule di preghiera della fede sia popolare sia tradizionale, costituiscono le numerose fonti che Marco Terenzio Varrone ha utilizzato per la stesura delle sue Antiquitates rerum divinarum, un’estesa trattazione giunta in parte frammentaria, riportata da Tertulliano in Ad nationes e in De anima, e, con diversa finalità, nel De civitate Dei di Agostino; si tratta di una delle fonti principali da cui traiamo oggi queste informazioni, avendo il suo autore tentato di ricostruire, non senza difficoltà a suo stesso dire, le “genuine tradizioni religiose italiche”[2]. 

Lo scopo di Varrone non era tanto quello di offrire una interpretazione dottrinaria, quanto di riportare il più fedelmente possibile la religione popolare e quella tradizionale secondo il criterio dei documenti a sua disposizione.

Dii certi, dii incerti

Dopo una prima parte generale dove espone le sue idee sulla divinità e sul culto, soffermandosi anche sul culto delle immagini sacre, necessario per mantenere viva la fede, Varrone (libri XIV-XVI) distingue tra
  • dii certi, che hanno un’azione definita e circoscritta e vanno dai più antichi, riconducibili alle origini di Roma e introdotti da Romolo come Tiberinus, Picumnus e Plimnus, a quelli che via via furono adottati da altre culture e introdotti nel pantheon romano;
  • dei ausiliari (dii auxiliares), che presiedono a ogni aspetto della vita umana dalla nascita alla morte a qualsiasi altra attività, specialmente agricola. Varrone li distingue inoltre tra dei che presiedono alla persona e alla vita umana e quelli che riguardano le attività economiche, i beni materiali e la protezione della casa.
Non è chiaro cosa intendesse esattamente Varrone, il cui gusto per le classificazioni e l’ampia ed eterogenea mole delle fonti utilizzate possono averlo indotto a scelte talvolta arbitrarie. Per dii certi, Varrone doveva comunque intendere quelli riconosciuti e adorati ab immemorabili, ab initio certi et sempiterni, divisi a loro volta in dii proprii, che presiedevano ai singoli atti della vita privata e pubblica, e dii communes, che potevano essere invocati in ogni occasione.

La distinzione tuttavia è imprecisa poiché lo stesso Varrone altrove annovera tra i “comuni” alcuni dei universalmente riconosciuti tali, come Ercole, mentre tra i proprii le divinità che avevano un culto tra gentes particolari come Fauno tra i Romani, Tindaro tra i Lacedemoni e così via, chiamati quindi anche privati

Tra gli dei certi dovevano rientrare tanto i selecti (scelti) o praecipui, i principali, quanto i “minori” (minuti), chiamati così per via della limitatezza (o specificità) del loro campo d’azione; si tratta in ogni caso, per tutte le divinità nominate, di “veri dei” e non divi.

Dii selecti

Gli dei selecti sono quelli che a Roma avevano il culto più splendido e un maggior numero di templi e statue, gli dei maggiori del pantheon; questi dei vengono richiamati con i relativi attributi, a seconda del loro specifico campo d’azione o caratteristica, nomi che a loro volta sono identificabili con gli dei minori, come se ogni epiteto divino divenisse divinità a sé. Anticamente questi dei “privilegiati” avevano il titolo onorifico di pater e mater, poi esteso anche agli altri per “lusingarne l’ambizione”.

Il criterio di scelta e l’ordine non sono chiari, lo stesso numero è ben diverso dal sistema delle dodici divinità riconosciute nel mondo greco-romano (conformemente tra l’altro anche al pantheon etrusco), che Varrone chiamava dei consentes e avevano nel foro statue dorate:
Juno, Vesta, Minerva, Ceres, Diana, Venus, Mars, 
Mercurius, Joves, Neptunus, Vulcanus, Apollo
(Ennio, Annales, 7.206, 240-241)

Gli dei da Varrone messi nel numero degli dei scelti o superiori sono infatti non dodici, ma venti: Giano, Giove, Saturno, il Genio, Mercurio, Apollo, Marte, Vulcano, Nettuno, il Sole, l’Orco, Libero, la Terra, Cerere, Giunone, la Luna, Diana, Minerva, Venere e Vesta. 

  • Giano (Janus) bifrons e quadrifrons: Geminus, Pater, Patricius, Junonius, Consivius, Quirinus, Patulcius et Clavius, Clusivius, Duonus, Kerus Cenulus, Curiatius, Matutinus.
  • Giove (Jupiter): Victor, Dapalis, Invictus, Pistor, Opitulus, Fulgurator, Impulsor, Tonituralis, Stator, Fulminator, Centumpeda, Imbricitor, Supinalis, Serenator, Tigillus, Frugifer, Almus Custos, Ruminus, Hospitalis, Amicalis, Militaris, Triumphator, Propagator. Dio da cui dipendono le cause di ogni cosa, anima di questo mondo corporeo, sorgente principale della vita e della luce, detto anche Diespiter perché è colui che trae alla luce. Quasi tutti i suoi attributi si riferiscono a lui come dio delle battaglie.
  • Saturno, detto Crono, perché il tempo è necessario al seme per svilupparsi (da satu, generare), è il cielo principio delle cose, è il fuoco. Sua moglie era considerata la dea Opis (Opi), e insieme, nel Lazio, erano venerati come il cielo e la terra. 
  • Il Genio è l’anima razionale di ciascuno, e l’anima del mondo è il Genio universale. La parola genius, sebbene non sia esattamente il corrispettivo del greco δαἱμον, pure ha una amplissima estensione; etimologicamente affine a gens, indica la sostanza vivificante e creatrice che si agita invisibile ovunque ci sia la vita. Servio, commentatore di Virgilio, afferma che alla nascita un individuo “sceglie” il genio del bene o del male sotto la cui protezione porsi nel corso della sua vita, per poi consegnarsi a lui nel momento della morte; anche gli dei hanno il proprio Genio.
  • Mercurio (Mercurius): in antichissime iscrizioni è chiamato Mirqurios: inventore delle cose, viaggiatore veloce come le parole che si diffondono tra gli uomini.
  • Apollo (Apollon): Medicus, Pean, è un vaticinatore e un medico, dio dei carmi e della cetra, ispiratore dei poeti. 
  • Marte, identificato da Varrone con l’“invitto Ercole”, presiede la guerra; a questo nume, padre di Romolo e Remo, è particolarmente sacro il picchio (picus).
  • Vulcano, il fuoco forte e violento, fiammeggiante, diverso dal fuoco generatore (ignis) da cui tutto nasce. Durante le sue feste, le Vulcanalia, il popolo gettava nel fuoco animali in cambio delle proprie vite. 
  • Nettuno, fratello di Giove e Orco; così è chiamato il mare, da nubere, velare (da cui anche nozze), perché fa da velo alla terra come le nubi del cielo. Sua moglie è Salacia, che dà il sale alle acque marine. Associato a Conso (Consus), il dio che ispira buoni consigli, cui erano dedicate le feste Consualie che si tenevano il 18 agosto.
  • Il Sole, il fuoco, l’anima. Ebbe questo nome perché, secondo Varrone, da solo basta con la sua luce a fare giorno; è associato ad Apollo, alcuni vi vedono invece Giano.
  • L’Orco, o Padre Dite, fratello di Giove e Nettuno, sua sposa è Proserpina. Non è dio della fertilità ma della terra più profonda.
  • Libero, dio latino identificato con Bacco, dio del vino; con l’appellativo di Libero e Libera si offrivano inoltre voti a Giove e Venere per ottenere una buona vendemmia. Presiede il seme degli uomini e alla sua emissione e, nella sua forma femminile, delle donne.
  • Tellus e Tellumo, il principio femminino e mascolino della Terra: “il paziente”, il principio attivo della fertilità del suolo. I suoi attributi sono Seia, Tellumnus, Proserpina, Altor, Segetia, Rursor, Nodutus, Volutina, Patelana, Hostilina, Flora, Laciurnus, Matuta, Runcina, Tutilina, Maja, Bona Dea, Ops, Fauna, Fatuna.
Per Varrone la Terra è una dea, una grande madre che partorisce molte cose i cui attributi sono un timpano a indicare che la terra è rotonda e il capo turrito a simboleggiare le città. Accanto le si rappresentano dei seggi poiché, mentre intorno tutto gira, lei rimane ferma. I sacerdoti deputati al culto di questa dea erano eunuchi a significare che in lei tutto si trova, anche il seme che ad alcuni manca. Nelle cerimonie, i sacerdoti si agitavano violentemente davanti alla sua effigie a simboleggiare che chi si dedica al lavoro della terra non ha mai riposo, e si suonavano cimbali e strumenti di bronzo per riprodurre il rumore degli attrezzi. Accanto a lei si raffigura un leone mansueto, a simboleggiare il fatto che non esiste terra così selvaggia da non poter essere coltivata; è chiamata Ops perché coltivandola la si migliora, Proserpina perché fuori dal suo seno spuntano le biade, Vesta perché si ricopre di erbe.
  • Cerere (Ceres): Vervactor, Redarator, Imporcitor, Insitor, Obarator, Occator, Sarritor, Subruncinator, Messor, Convector, Conditor, Promitor. Associata anche alla fecondità delle sementi. Quando l’Orco ne rapì la figlia Proserpina, fu istituito pubblico lutto fino a che, quasi serpeggiando dal terreno, la fanciulla tornò libera in superficie.
  • Giunone (Juno): Covella. Consorte di Giove, è personificazione dell’aria diffusa che è congiunta all’etere (Giove) al di sotto di esso, e l’abbraccia. Il culto di Giunone Lucina era tra i più antichi e diffusi in Italia.
  • La Luna, poiché rischiara la notte, è chiamata Noctiluca, e il suo tempio splendeva sul Palatino. Identificata anche con Proserpina, Diana e Giunone Lucina, perché la luna è guida ai nascenti e reggitrice dei mesi dell'anno.
  • Diana, sorella di Apollo, detta anche Luna e custode delle vie; è vergine e si raffigura armata di saetta perché il raggio del suo astro arriva fino alla terra.
  • Minerva reggitrice degli atti umani, confusa talvolta con l’etere, tal altra con la Luna.
  • Venere, nata dalla spuma del mare, unione di fuoco (ignis, principio maschile, individuato nell'aria) e acqua (principio femminile), per questo detta victrix, annodatrice, da avvincere, annodare; chiamata anche caeligena, figlia del cielo, e genetrix, generatrice di vita, libentina (che procura desiderio); a lei sono sacri gli orti.
  • Vesta, dea italica venerata ad Alba, Lavinio, Tivoli e assimilata alla greca Estia, il cui culto fu introdotto a Roma dal sabino Numa; è il focolare pubblico della città, vincolo di unità civile e politica. 

Numinum moltitudo. Piccoli dei per ogni occasione

Lo stesso Cicerone ammetteva, in questa turba di divinità che Agostino definisce infinita, la divisione tra dii maiorum e minorum gentium (Tusc., I 13), annoverando sicuramente tra i primi «Divos et eos qui caelestes semper habiti colunto» e tra i secondi «ollos quos endo caelo merita conlocaverint, Herculem, Liberum, Aesculapium, Castorem, Pollucem, Quirinum» (De leg., II, 8, 19). 

I primi sono quelli che il popolo romano considerava i protettori della vita pubblica, consacrati come antichissime divinità della tradizione dei padri, il culto dei quali fondava insomma la religione dello Stato (genus civile); gli dei della seconda classe sono quelli assurti a vita immortale dopo un percorso umano, protagonisti del favoleggiare dei poeti (genus mythicum), altri infine sono gli dei “filosofici” (genus physicum), forze spirituali o materiali divinizzate come Mens, Virtus, Pietas, Fides.

Dii puerilis aetatis, gli dei dei bambini

  • Consivus, Janus, Saturnus, Janus Consivus, Liber, Libera: Giano apre la via all’esistenza umana a partire dai suoi semi (consivus), come Saturno dio delle sementi. Liber e Libera conferiscono ai semi la forza vitale per generarsi.
  • Fluvionia (Juno Fluvionia, Juno Fluonia): dopo il concepimento, Fluonia nutre il feto trattenendo il sangue della madre.
  • Februalis (Februa, Juno Februatis, Juno Februata): purifica i neonati dal sangue della placenta.
  • Vitumnus, dona la vita al neonato.
  • Sentinus, dona al neonato i sentimenti.
  • Alemona, nutre il feto.
  • Nona, protegge il feto al nono mese di gravidanza.
  • Decuma (Decima), protegge il feto allo scadere del nono mese di gravidanza.
  • Partula (Parca), assiste durante le doglie. Nona, Decima e Partula erano le Parche romane, Nona e Decima si riferiscono al tempo maturo del parto. Con la cognizione delle Moire greche, infine, le Parche divennero Nona, Decima e Morta e Parca, che prima era un nome individuale, diventa un appellativo.
  • Prosa, Postverta, Carmentis, Porrima, Antevorta, Postvorta, presiedono al parto a seconda della posizione in cui si presenta il feto.
  • Candelifera, le si accende una candela al momento del parto.
  • (Juno o Diana) Lucina, presiede alla nascita portando alla luce il neonato. Si tratta di uno dei culti romani più antichi: Giunone Lucina era la dea che per eccellenza vegliava sul parto, invocata da tutte le donne nei dolori del travaglio e a lei si offriva il taglio delle sopracciglia.
  • Numeria Natio: la prima presiede alle nascite rapide, la seconda tutela le donne feconde.
  • Diespiter (Dies Pater), porta alla luce il bambino.
  • Fata Scribunda, Geneta Mana, Fati, Fatae, Fatuus, Fatua, Faunus, insieme a Nundina, donano lunga vita e felicità al bambino.
  • Opis (Juno Opigena): per porlo sotto la sua protezione, il neonato veniva poggiato al suolo. Era considerata la sposa di Saturno e in questo caso la fecondità muliebre è associata a quella della terra, che ci accoglie appena nati nel suo grembo materno.
  • Intercidona, colpisce la soglia con un’ascia.
  • Pilumnus (Pilumnus, Picumnus), colpisce la soglia con un mortaio o giavellotto.
  • Deverra, spazza la soglia. Queste tre azioni erano compiute dalla puerpera per proteggersi dalle negatività.
  • Levana: il neonato era sollevato per porgerlo nelle braccia del padre il quale dichiarava con questo atto di riconoscerlo come figlio, di assumere tutti i doveri nei suoi confronti e di far valere sopra di lui i diritti di patria potestas.
  • Vaticanus (Vagitanus): apre la bocca del neonato per fargli fare il suo primo vagito.
  • Nundina: presiede alla purificazione del neonato durante il suo nono giorno di vita, quando gli viene conferito il nome.
  • Cunina: protegge la culla. Durante gli uffici a questa dea si libava con il latte e non con il vino.
  • Cuba: protegge il bambino nel passaggio dalla culla al letto.
  • Rumina (Juppiter Ruminus) abitua il bambino a succhiare dalla mammella, presiede all’allattamento e fornisce al seno materno e della nutrice latte in abbondanza. Anche alla dea Rumina si libava con il latte.
  • Potina (Potua, Potica, Pota), insegna al bambino a bere.
  • Edula (Educa, Edulia, Edusa, Victa), insegna al bambino a mangiare.
  • Carna, fa crescere i muscoli del bambino.
  • Ossipago (Juno Ossipagina), fa crescere e rafforza l’ossatura.
  • Farinus (Fabulinus), insegna al bambino a pronunciare le prime parole.
  • Locutius (Ajus, Ajus Locutius, Ajus Loquens), insegna a comporre le prime frasi.
  • Statina (Statilinus, Statanus), insegna al bambino a stare in piedi e camminare.
  • Adeona (Abeona), protegge il bambino quando si allontana per compiere i primi passi e lo fa tornare tra le braccia della madre.
  • Interduca e Domiduca, proteggono il bambino nei suoi primi tragitti fuori casa, come per andare a scuola.
  • Mens (Bona Mens, Minerva), apre la mente, dona intelligenza, buon senso e memoria.
  • Catius, dona abilità.
  • Consus Sentia, donano accortezza e buoni consigli; spettava al primo praebere consilia e alla seconda inspirare sententias.
  • Volumnus, Voleta, Volumna: conferiscono e rafforzano la volontà ed eccitano i desideri.
  • Peta, presiede alla prima manifestazione esteriore della volontà.
  • Stimula, induce all’azione, associata alla Semele greca.
  • Pollentia (Valentia), aiuta a realizzare ciò che si vuole.
  • Strenia, dà il coraggio di superare gli ostacoli.
  • Peragenor, Agenoria, Agonius: agiscono affinché si realizzi ciò che si vuole.
  • Praestitia (Praestana), porta a buon compimento l’atto voluto.
  • Paventina (Paventia), induce la paura e il pianto.
  • Venilia, rappresenta la speranza che si realizza e gli esiti inaspettati. Afferma un interprete virgiliano: «Quando la concepita speranza non era stata vana e si era avverata, sacrificavano a Venilia dea che molti associano a Nettuno».
  • Volupia, insegna la voluttà e il piacere.
  • Burnus (Liburnus), Lubentina (Venus Libentina, Venus Lubentia, Venus Lubia), fanno sorgere il piacere e il desiderio.
  • Cluacina (Venus Cluacina), fa sorgere passioni travolgenti.
  • Murcia (Murcida), induce alla pigrizia, appellativo di Venere.
  • Fessonia (Fessona), invocata durante le fatiche fisiche.
  • Quies, dona il riposo.
  • Numeria, insegna a contare.
  • Camena, insegna a cantare.
  • Juventa (Juventas), fa entrare il bambino nella fascia d’età degli juvenes. Poiché alcune iscrizioni recano Jupiter Juventus, questa dea può essere considerata la personificazione di una delle proprietà di Giove, che fioriva di eterna giovinezza. Juventas è la dea del fiorire degli anni dei maschi, il giorno un cui il giovane romano lasciava la toga praetexta per quella virile, e nel tempio della dea deponeva una moneta.
  • Mena, presiede alla regolarità del ciclo mestruale.
  • Fortuna Barbata, protegge l’ingresso all’età adulta. Anche in questo caso è una divinità specifica del genere maschile poiché richiama il primo taglio della barba, occasione per la quale si organizzava una festicciola di famiglia e i peli tagliati erano offerti a questa dea e ad Apollo. Nerone ne fece offerta in Campidoglio.

Dii coniugales (nuptiales o conserentes), gli dei del matrimonio

  • (Juno) Pronuba: favorisce i matrimoni.
  • Afferenda, porta la dote.
  • Camelae virgines.
  • Maritorum Genii.
  • Jugatinus (Juno Juga): unisce lo sposo e la sposa; erano le due divinità preposte al connubium.
  • Domiducus (Juno Domiduca), (Juno) Interduca: guidavano il corteggio nuziale con cui la sposa era accompagnata solennemente in casa dello sposo con un cerimoniale molto minuzioso.
  • Domitius: induce la sposa a entrare nella casa del marito.
  • Manturna: dea sotto la cui protezione si pone la sposa una volta entrata nella nuova casa, e dopo che si era seduta sopra una pelle di pecora per indicare che avrebbe atteso diligentemente ai lavori di filatura.
  • (Juno) Unxia: in suo onore la soglia di casa era cosparsa di sostanze e oli profumati e adornata di bende in segno di buon augurio.
  • Viriplaca: invocata dalle mogli durante i litigi.
  • (Juno) Cinxia: personifica l’atto di slacciare il cinto virginale della novella sposa.
  • Virginiensis (Fortuna Virginalis, Fortuna Virgo): presiedeva alla prima notte di nozze. Altro appellativo di Giunone, alla quale la sposa consacrava il sacrificio della propria virginità.
  • Mutunus (e/o Tutunus, Mutinus Titinus, Tutunus, Titinus): divinità assimilata a Priapo, la sposa si sedeva sul suo fallo la prima notte di nozze. Il dio aveva anche una cappella nella quale le donne recavano offerte con il capo velato.
  • Subigus, Prema, Pertunda, Perfica: quattro divinità che presiedevano al primo rapporto sessuale tra moglie e marito.

Dii quae presunt morti, gli dei della morte

  • Vidus, separa l’anima dal corpo.
  • Caeculus, toglie la luce dagli occhi.
  • Orbona, chiude gli occhi ai morti; invocata dalle madri che hanno perso un figlio.
  • Mortis Dea (Morta): dona la morte.
  • Libitina, presiede ai funerali.
  • Naenia, personificazione dei lamenti funebri con i quali si accompagnavano i defunti fuori dalla porta Viminale.

Dii deaque agrestes, gli dei del lavoro agricolo

  • Rusina, protegge i fondi rustici.
  • Ascensus, protegge chi sale per un sentiero.
  • Viabilia (Vibilia, Vehilia), accompagna sul giusto cammino.
  • Clivicola, protegge i clivi.
  • Jugatinus, protegge i gioghi dei buoi in montagna.
  • Collatina (Collatinus) protegge le colline; Montinus, protegge le montagne; Vallonia, protegge le valli.
  • Silvanus, Nemestrinus, abitano le foreste.

Dii deaeque omnes, studium quibus arva tuer, gli dei che preservano i campi

  • Janus, Saturnus, proteggono i semi quando sono sotto terra.
  • Sterculus (Stercutius, Sterces, Stercutus, Sterculinus, Sterquilinus), concima i campi con lo sterco.
  • Picumnus, presiede alla coltivazione dei campi.
  • Pilumnus, presiede alla macinazione del grano nel mortaio.
  • Vervactor, presiede l’atto di rivoltare la terra; Redarator, quando si ritorna ad arare; Imporcitor, vigila sull’aratura.
  • Obarator, presiede all’aratura.
  • Occator, passa l’erpice nel terreno.
  • Sator, seminatore, forse assimilato a Saturno.
  • Insitor, introduce i semi nel terreno.
  • Seja, Fructiseja, Semonia, Frugeria: nutrono i semi quando sono nel terreno.
  • Proserpina: fornisce al seme la forza di germogliare.
  • Segetia (Segesta), nutre la pianta quando spunta da sotto terra.
  • Nodutus, fa sviluppare i nodi della pianta e quindi la fa crescere.
  • Volutina, produce l’involucro che protegge la spiga.
  • Patelana (Patellana, Patina, Patella), permette alla spiga di fuoriuscire dal suo involucro.
  • Panda (Pantica, Panda Cela, Empanda), identificata con la stessa Cerere dea delle messi mature, era venerata ai piedi del Campidoglio.
  • Hostilina, fa crescere le spighe tutte della stessa altezza.
  • Robigus (m), Robigo (f), divinità pericolosa che può portare la ruggine al raccolto, il suo culto era antichissimo e lo dimostra un boschetto sacro dedicato alla dea Robigina con una festività propria, i Robigalia, che si teneva il 25 aprile. Servivano da vittime dei cani rossi, da cui il nome di Porta Catellaria da dove usciva la processione.
  • Spiniensis, tiene lontano rovi e spine.
  • Sarritor, protegge dalle erbe infestanti.
  • Runcina, Subruncinator, invocate quando si monda il grano dalle erbe infestanti.
  • Flora, fa fiorire il grano. La dea era onorata anche negli “spudoratissimi” giochi contro cui si scagliarono tutti gli apologeti cristiani.
  • Lacturnus (Lactans, Lacturius), protegge le giovani spighe.
  • Matura (Matuta), porta le spighe a maturazione.
  • Messia (Messor), vigila sulla mietitura.
  • Convector, raccoglie insieme le spighe tagliate.
  • Noduterensis, presiede all’atto di battere il grano sull’aia.
  • Conditor, seppellisce il seme sotto terra.
  • Tutelina (Tutilina), protegge il grano mietuto prima di essere immagazzinato.
  • Proma (Promitor), protegge il grano nei magazzini.
  • Fornax, dea dei forni dove veniva tostato il farro.
  • Mola, presiede alla molatura.
  • Pomona (Juno Pomana), porta a maturazione i frutti. Nelle tavole igubine (o eugubine) viene nominato anche un dio Poemunus; Pomona aveva a Roma un proprio flamine e molti centri consacrati al suo culto nelle campagne circostanti, come il “Pomonal” tra Ardea e Ostia. Leggi: Pomona dei giardini e dei frutteti.
  • Mellona (Mellonia), produce il miele.
  • Meditrina, presiede al medicamentum del vino.
  • Inuus (Faunus, Incubus): da inire, penetrare.
  • Lupercus (Faunus), forse da lupum e arcere, a protezione delle greggi e delle mandrie.
  • Bubona, divinità tutelare del genere bovino. A lei erano dedicati i ludi Bubetii.
  • Verminus, guarisce gli animali dalle infezioni intestinali.
  • Epona, protegge i cavalli.

Dii qui praesunt domi et fortuna, gli dei della casa e degli affari

  • Janus, Jana, guardiani della porta.
  • Arquis, presiede agli archi e alle volte.
  • Forculus, anch’egli sta sulla porta.
  • Cardea, protegge i cardini.
  • Limentinus, Lima, Limentina: proteggono la soglia.
  • Portunus, in doppia relazione con i porti e le porte. Etimologicamente, infatti, il termine portus indica qualsiasi fabbricato da cui si entra ed esce ed è usato anche come sinonimo di domus, per cui anche questo dio, come Giano, viene rappresentato con le chiavi in mano. Aveva un tempio lungo il Tevere presso il ponte Emilio e il giorno della sua festa, i Portunalia, cadeva il 17 agosto.
  • Lateranus, vigila sul fuoco domestico.
  • (Juppiter) Pecunia, porta denaro.
  • Arculus, protegge i cassetti.
  • Aescolanus, porta monete di bronzo; Argentinus, dio delle monete d’argento, era figlio di Aescolanus perché le monete di questo metallo sono state coniate più tardi.
  • Honorinus porta cariche politiche.
  • Dii Lucrii, portano guadagni.
  • Feronia era venerata in diversi luoghi d’Italia e secondo diversi significati. Per molti, come per i Sabini, era la dea dei fiori, ma con lo stesso nome era venerata anche una ninfa originaria della Campania protettrice dei liberti nel cui tempio veniva rasato il capo agli schiavi che ottenevano la libertà, simbolo della quale era un pileo o copricapo di forma conica. Un tempio di Feronia era anche a Terracina dove si trovava un sedile di pietra su cui era iscritto: benemeriti servi sedeant surgant liberi.
  • I Palici sono propriamente demoni delle esalazioni sulfuree e il loro culto era originato dai vapori che si sprigionavano da un cratere spento tra Enna e Siracusa.
  • la dea Luperca, vorace per sua natura, viene celebrata poiché risparmiò i due gemelli.

Dii auxiliares

  • Tutanus, Tutilina, proteggono nelle necessità.
  • Dei Limi, proteggono contro le situazioni ambigue.
  • Rediculus, permette il ritorno.
  • Pellonia (Juno Pellonia), allontana i nemici.
  • Populonia (Juno Populonia, Populona), dea vendicatrice, colei che distrugge.
  • Averruncus (Auruncus), allontana i mali.
  • Fulgurina (Fulgur Jovis), protegge dalle folgori.
  • Vica Pota (Vica Potua), signora del vicus.
  • Stata Mater, arresta il propagarsi del fuoco.
  • Anna Perenna, assicura il nutrimento e la buona sorte per un intero anno.
  • Fessonia e Quies, Pudicitia e Fides: è facile riscontrare in questi nomi divini personificazioni di virtù particolari, come la dea Virtus che aveva in Roma molti templi, tutti dedicati al valore militare. Il tempio della Fides pubblica era attiguo al Campidoglio, così come erano presenti in città una cappella alla Pudicitia patricia e una alla Pudicitia plebea.

Alcuni dei locali

Molte divinità sono inoltre legate a un luogo particolare o a una popolazione specifica. Visidianum protettore di Narni, forse dal verbo virere o virescere che richiama la radice di Virbius e Vires o Virites, ninfe boscherecce; Numentinum o Nemestrinum, altro dio boschivo; Ancharia, divinità di Fiesole; Nortiam, sotto il cui nome a Volsinio (presso Bolsena) si venerava la dea Fortuna e nel cui tempio si configgeva ogni anno un palo (clavus).

Dii incerti

Si è detto che sotto il nome di dii certi Varrone aveva catalogato quelle divinità considerate da sempre protettrici o preposte a un articolare aspetto della vita pubblica o privata dell’individuo/cittadino, secondo la tradizione dei libri sacri e degli antichi riti pontificali. Di conseguenza gli incerti sarebbero, per Varrone, quelli che non avevano una attribuzione sicura o stabilita. Agostino distingue tra dei incerti e ignoti ponendo tra i primi quelli di origine “attica” o straniera, ma non ci sono elementi per prendere per buona questa classificazione.

Si conosceva per esempio una dea Vitula, che presiedeva alla vittoria e al giubilo che ne consegue. Il dio Summano presentava caratteristiche simili a quelle di Giove e gli si attribuivano i fulmini notturni, ed era un dio antichissimo; aveva una cappella in Campidoglio e sopra di essa era posta una statua del nume in creta, la cui testa, colpita più volte dal fulmine, fu infine gettata nel Tevere; aveva un altro tempio presso il Circo Massimo e feste sue proprie, le Summonalia, quando presso il suo altare si offrivano delle focacce dalla particolare forma a ruota. A Summano si sacrificava un montone nero e il suo nome richiama quel momento della notte che sta per fare largo al nuovo giorno, prima dell’alba, sebbene il suo culto richiamasse il buio della notte più profonda.

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[1] cfr. D. Sabbatucci, Lo stato come conquista culturale. Ricerca sulla religione romana, Bulzoni, Roma 1984, 2ª ed., pp. 17 ss.
[2] M. Terenzio Varrone, Libri intorno alla lingua latina e Frammenti, Venezia 1874. Sugli indigitamenta cfr. anche M. Gallina, Indigitamenta, s.e.
Altri riferimenti: H. Thurston Peck, Harpers Dictionary of Classical Antiquities, 1898.

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