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Prodromi di una dea

Ecate è una delle più enigmatiche divinità del mondo greco e, poi, romano. Benevola benefattrice o regina oscura degli spiriti inquieti, è difficile stabilire, in origine, a quale specifica sfera d’azione soprintendesse. Per Esiodo, che nella Teogonia parla di lei con l’ardore di un apostolo dedicandole quaranta versi appassionati, è una divinità che, a differenza del più distante Zeus, è vicina alla gente comune e la aiuta. Di provenienza nordasiatica, con forti legami con Apollo e Artemide, la sua grande diffusione potrebbe derivare da un antico attributo di patrona della magia e della stregoneria e protettrice di chi la pratica, aspetto che sarà consolidato in epoca classica ed ellenistica quando assume per eccellenza il ruolo di signora notturna degli spiriti e dei morti.

Ricostruzione della fanciulla che corre da Eleusi. Via Internet Archive

Eco di rituali notturni  

La dea tremenda l’udì e dai recessi profondi venne a ricevere l’offerta. Il capo era cinto di spaventosi serpenti, intrecciati con rami di quercia: lampeggiava l’immenso bagliore delle sue fiaccole; d’intorno ululavano con acuti latrati i cani infernali.

Così Apollonio Rodio (Argonautica, 3, 1215-1219) nel III sec. a.C. (ma siamo già nell’Egitto ellenistico), descrive la “notturna” Ecate nell’intreccio delle vicende mitiche legate al principe Giasone e alla sua sposa Medea, la sacerdotessa più potente e famosa della dea, «che più di ogni altra ha istruita nell’arte di tutti i filtri», tra i personaggi femminili più controversi della letteratura greca.  

e rendi onore ad Ecate, figlia unigenita [μονογενής] della dea Perse, libando da una coppa l’opera dell’alveare (1034-1035).

Ma, per comprendere meglio l’identità e le funzioni di Ecate, occorre fare un passo indietro. 

La dea che viene dal nord

Il luogo di origine di Ecate è oggetto di controversie, tra chi ne fa una divinità autoctona (tesi in voga nel XIX secolo, sostenuta soprattutto dall’evidenza del nome ellenico) e chi una dea di origine asiatica al pari di Latona, Apollo e Artemide, con i quali ha forti legami. 

Il suo nome si incontra, infatti, anche come epiteto di Artemide e, al maschile (Hèkatos), di Apollo. Il nome di sua madre Asterìa, che Esiodo dice essere «di buon auspicio», è noto inoltre come l’originaria denominazione di Delo, l’isola su cui nacque Apollo, altro elemento di unione con Apollo e il suo culto.

Leggi anche: Riepilogo sugli epiteti di Apollo nell’inno omerico

Ad Anfipoli, nel nord-est della penisola, tra la Tracia e la Macedonia, vi sono testimonianze esplicite dei culti di Ecate Phosphoros (Φωσφόρος), portatrice di luce (per questo spesso raffigurata recante torce) insieme a Ilizia Eileithyia, “protettrice delle partorienti”, per le quali un legame con il culto di Artemide è facilmente ipotizzabile, con una (parziale) sovrapposizione funzionale e iconografica tra le tre divinità femminili. 

In particolare, Artemide Tauropolos (rappresentata in groppa a un toro inghirlandato e recante fiaccole nelle mani) ed Ecate Phosphoros (nella variante “notturna”), ad Anfipoli come altrove, potrebbero essere state due figure divine distinte ma contigue, se non addirittura due aspetti di un medesimo culto.

Leggi anche: Epiteti e attributi di Artemide

In Beozia e in altre regioni settentrionali della Grecia, come in Tessaglia, la dea aveva un culto e sempre in relazione ad Artemide. Una leggenda tessala ne fa proprio la figlia di Pheraia, attributo di Artemide, collegata alla dea tracia Bendis a sua volta affine a Cibele, il cui culto aveva a che fare con i Coribanti e i Cabiri e prevedeva riti orgiastici e la pratica della magia

In Samotracia, sempre a nord, vi fu inoltre un centro importante del culto di Zerintia, appellativo egualmente attribuito a Ecate e ad Afrodite. Alcune caratteristiche più “sinistre” della sua personalità sembrano essere anch’esse un’eredità nordica e non un apporto greco.

Ecate (o forse Artemide), accompagnata da un cane, che reca torce in mano, periodo arcaico. Via Wiki Commons

La tesi attualmente più accettata è quella di una dea straniera poi diffusa in maniera molto estesa in Grecia fino alle colonie in Asia Minore, Sicilia e altre parti d’Italia. Il suo culto è invece assente nelle zone più interne della Grecia, come in Arcadia. 

Nel culto eleusino di Demetra e Persefone, Ecate è associata alle due dee nella funzione di guidare il ritorno della Kore dagli inferi (talvolta la accompagna nella discesa sotterranea):

τῇσιν δ᾽ ἐγγύθεν ἦλθ᾽ Ἑκάτη λιπαροκρήδεμνος:
πολλὰ δ᾽ ἄρ᾽ ἀμφαγάπησε κόρην Δημήτερος ἁγνήν:
ἐκ τοῦ οἱ πρόπολος καὶ ὀπάων ἔπλετ᾽ ἄνασσα.
Venne loro vicino Ecate dal velo splendente,
e abbracciò stretta la figlia dell’augusta Demetra:
da allora la dea è sua battistrada e sua scorta.

(Inno a Demetra, in Inni omerici, a cura di G. Zanetto, BUR, Milano 2000, vv. 438-440; qui il testo originale.)

Le evidenze di una sua presenza nel culto di Eleusi, tuttavia, sono labili e non del tutto certe, ma questo non vuol dire che non avesse una parte nel culto misterico, che, per via della segretezza nella quale è stato tenuto, non conosciamo. 

Se può essere riferita a Ecate la raffigurazione della fanciulla che corre con le torce in mano di provenienza eleusina, analogamente la dedica ad Artemide Propylaia (letteralmente “posta innanzi alla soglia”, accanto a Posidone Pater) fa supporre che il luogo fosse in epoca arcaica un santuario dedicato a Ecate: entrambe le dee presentano infatti la medesima funzione di “custodi delle porte” (Paus. 1.38.6; cfr. infra).  

Gli attributi specifici e le funzioni legate alla magia e alla stregoneria non sembrano quindi essere di origine greca ma molto più antichi, probabilmente alla base della grande popolarità della dea almeno in alcune zone nel nord della penisola greca.

Una dea dai molti poteri

Le tracce letterarie di Ecate anteriori all’età classica ed ellenistica sono scarse. Le testimonianze principali provengono da Esiodo, nella Teogonia, e quella contenuta nel citato inno omerico a Demetra.

γείνατο δ᾽ Ἀστερίην ἐυώνυμον, ἥν ποτε Πέρσης
ἠγάγετ᾽ ἐς μέγα δῶμα φίλην κεκλῆσθαι ἄκοιτιν.
ἢ δ᾽ ὑποκυσαμένη Ἑκάτην τέκε, τὴν περὶ πάντων
Ζεὺς Κρονίδης τίμησε: πόρεν δέ οἱ ἀγλαὰ δῶρα,
μοῖραν ἔχειν γαίης τε καὶ ἀτρυγέτοιο θαλάσσης.
ἣ δὲ καὶ ἀστερόεντος ἀπ᾽ οὐρανοῦ ἔμμορε τιμῆς
ἀθανάτοις τε θεοῖσι τετιμένη ἐστὶ μάλιστα.
καὶ γὰρ νῦν, ὅτε πού τις ἐπιχθονίων ἀνθρώπων
ἔρδων ἱερὰ καλὰ κατὰ νόμον ἱλάσκηται,
κικλῄσκει Ἑκάτην. πολλή τέ οἱ ἕσπετο τιμὴ
ῥεῖα μάλ᾽, ᾧ πρόφρων γε θεὰ ὑποδέξεται εὐχάς,
καί τέ οἱ ὄλβον ὀπάζει, ἐπεὶ δύναμίς γε πάρεστιν.
ὅσσοι γὰρ Γαίης τε καὶ Οὐρανοῦ ἐξεγένοντο
καὶ τιμὴν ἔλαχον, τούτων ἔχει αἶσαν ἁπάντων.
οὐδέ τί μιν Κρονίδης ἐβιήσατο οὐδέ τ᾽ ἀπηύρα,
ὅσσ᾽ ἔλαχεν Τιτῆσι μετὰ προτέροισι θεοῖσιν,
ἀλλ᾽ ἔχει, ὡς τὸ πρῶτον ἀπ᾽ ἀρχῆς ἔπλετο δασμός,
καὶ γέρας ἐν γαίῃ τε καὶ οὐρανῷ ἠδὲ θαλάσσῃ:
οὐδ᾽, ὅτι μουνογενής, ἧσσον θεὰ ἔμμορε τιμῆς,
ἀλλ᾽ ἔτι καὶ πολὺ μᾶλλον, ἐπεὶ Ζεὺς τίεται αὐτήν.
ᾧ δ᾽ ἐθέλει, μεγάλως παραγίγνεται ἠδ᾽ ὀνίνησιν:
ἔν τε δίκῃ βασιλεῦσι παρ᾽ αἰδοίοισι καθίζει,
ἔν τ᾽ ἀγορῇ λαοῖσι μεταπρέπει, ὅν κ᾽ ἐθέλῃσιν:
ἠδ᾽ ὁπότ᾽ ἐς πόλεμον φθεισήνορα θωρήσσωνται
ἀνέρες, ἔνθα θεὰ παραγίγνεται, οἷς κ᾽ ἐθέλῃσι
νίκην προφρονέως ὀπάσαι καὶ κῦδος ὀρέξαι.
ἐσθλὴ δ᾽ αὖθ᾽ ὁπότ᾽ ἄνδρες ἀεθλεύωσιν ἀγῶνι,
ἔνθα θεὰ καὶ τοῖς παραγίγνεται ἠδ᾽ ὀνίνησιν:
νικήσας δὲ βίῃ καὶ κάρτεϊ καλὸν ἄεθλον
ῥεῖα φέρει χαίρων τε, τοκεῦσι δὲ κῦδος ὀπάζει.
ἐσθλὴ δ᾽ ἱππήεσσι παρεστάμεν, οἷς κ᾽ ἐθέλῃσιν.
καὶ τοῖς, οἳ γλαυκὴν δυσπέμφελον ἐργάζονται,
εὔχονται δ᾽ Ἑκάτῃ καὶ ἐρικτύπῳ Ἐννοσιγαίῳ,
ῥηιδίως ἄγρην κυδρὴ θεὸς ὤπασε πολλήν,
ῥεῖα δ᾽ ἀφείλετο φαινομένην, ἐθέλουσά γε θυμῷ.
ἐσθλὴ δ᾽ ἐν σταθμοῖσι σὺν Ἑρμῇ ληίδ᾽ ἀέξειν:
βουκολίας δ᾽ ἀγέλας τε καὶ αἰπόλια πλατέ᾽ αἰγῶν
ποίμνας τ᾽ εἰροπόκων ὀίων, θυμῷ γ᾽ ἐθέλουσα,
ἐξ ὀλίγων βριάει κἀκ πολλῶν μείονα θῆκεν.
οὕτω τοι καὶ μουνογενὴς ἐκ μητρὸς ἐοῦσα
πᾶσι μετ᾽ ἀθανάτοισι τετίμηται γεράεσσιν.
θῆκε δέ μιν Κρονίδης κουροτρόφον, οἳ μετ᾽ ἐκείνην
ὀφθαλμοῖσιν ἴδοντο φάος πολυδερκέος Ἠοῦς.
οὕτως ἐξ ἀρχῆς κουροτρόφος, αἳ δέ τε τιμαί.
Costei [Asteria] concepì e generò Ecate, che fra tutti
Zeus Cronide onorò, e a lei diede illustri doni,
che potere avesse sulla terra e sul mare infecondo;
anche nel cielo stellato ha una parte d’onore
e dagli dei immortali è sommamente onorata.
E infatti anche ora, quando qualcuno degli uomini che abitano la terra
fa sacrifici secondo le leggi e implora la grazia,
invoca Ecate e grande favore lo segue;
facilmente, a lui benevola, la dea accoglie le preghiere,
a lui la ricchezza concede, perché di ciò pure ha potere.
Quanti infatti da Gaia e da Urano nacquero
e ricevettero onore, partecipa dei privilegi di tutti costoro;
lei nemmeno il Cronide d’alcuna cosa privò con violenza
di quelle che aveva ottenuto fra i Titani, i primi degli dei,
bensì la possiede, come dapprima all’inizio fu la spartizione;
né, perché unigenita, la dea ricevette onori minori,
e ha potere in terra e nel cielo e nel mare,
molto di più, perché Zeus le fa onore.
A chi essa vuole largo favore e aiuto concede;
e nel tribunale essa siede presso i re rispettati
e nell’assemblea fra le genti fa brillare colui che lei vuole;
o quando alla guerra assassina si armano
i guerrieri, la dea assiste colui che lei vuole
ornare, benigna, della vittoria e offrirgli la fama;
benigna assiste anche i cavalieri, quelli che vuole;
benigna anche quando gli uomini lottano in gara:
là la dea li assiste e soccorre;
e chi con forza e vigore consegue vittoria, bello il premio
coglie felice e i genitori orna di gloria.
E a coloro che l’azzurro tempestoso con fatica lavorano
e pregano Ecate e il profondo tonante Ennisigeo,
facilmente una preda la nobile dea fornisce copiosa,
ma facilmente anche se la porta via, non appena essa appare, se così vuole il suo cuore.
E con Ermes benigna nelle stalle le greggi fa crescere,
le schiere dei buoi e i branchi grandi di capre
e i branchi di lanose pecore, se così vuole il suo cuore,
da piccoli li fa grandi e da molti riduce a pochi.
Così, per quanto sia nata unigenita da sua madre,
fra tutti gli immortali è onorata di doni;
costei fece il Cronide nutrice di giovani, quanti a lei fedeli
videro con gli occhi la luce dell’aurora onniveggente.
Così fu, fin dall’inizio, nutrice di giovani e questi i suoi onori.

(Inno a Ecate, in Esiodo, Teogonia, introduzione, traduzione e note di G. Arrighetti, BUR, Milano 1984, vv. 411-452)

Esiodo fa derivare la stirpe di Ecate da Leto (o Latona), divinità mite e benigna, definita «la più clemente dentro l’Olimpo» (vv. 406-408), conosciuta nella mitologia greca soprattutto come madre di Apollo e Artemide, mentre suo padre è il titano Perse.

Ecate adempie a una funzione del tutto diversa da quella di Zeus, dio dell’universalità. Zeus progetta, sorveglia, punisce e ricompensa, ma in fondo non aiuta né oppone impedimenti; il suo volere coincide con l’ordine delle cose e nulla può andare diversamente da quanto da lui stabilito. Tuttavia, sebbene le due divinità abbiano funzioni diverse, fanno parte dello stesso sistema e tra loro non c’è conflitto.

La sfera di potere di Ecate si estende sulla terra, sul mare e sul cielo ed è molto rispettata dagli altri immortali. In realtà, Ecate partecipa di tutti i loro poteri, come farebbe una divinità “nuova” che si introduce nel contesto di una teologia già formata e si appropria di qualcosa che appartiene già ad altri.

Ma Ecate non è un’usurpatrice: ella ha ricevuto i suoi poteri da Zeus – ovvero Zeus glieli ha confermati, essendo essi precedenti la sua ascesa e conquista in quanto risalgono al tempo dei Titani – e quello che fa lo fa con il consenso di tutti. Esiodo mantiene il quadro di armoniosa collaborazione tra tutti i celesti, legati in egual misura al volere di Zeus e responsabili dell’equilibrio delle cose.

Ecate allora opera nella sfera umana stando accanto agli uomini in guerra e dando loro vittorie e gloria, così come all’atleta nelle gare sportive; insieme a Posidone concede ai pescatori un’abbondante pesca e con Hermes rende feconde le greggi. Infine, protegge e alleva la gioventù come Kourotròphos e siede accanto al re quando emette i giudizi equi e giusti, suscitando l’ammirazione del suo popolo.

È solo a partire dal V secolo che il suo carattere acquisisce una forma più definita come notturna signora degli spiriti e dei morti, patrona della stregoneria e protettrice di chi la esercita.

(R. Bianchi Bandinelli, a cura di, Storia e civiltà dei Greci, Milano 1979, pp. 275-6; Von Rudloff Farnell I. R., Hekate in ancient Greek religion, Horned Owl Pub., Victoria 1960; Cults of the Greek States, vol. II, Oxford 1896; Culti e miti greci in aree periferiche, a cura del Dipartimento di Studi Letterari Filologici e Linguistici, Tangram Edizioni Scientifiche, Trento 2012.)

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