Passa ai contenuti principali

Oro e argento per gli dei di Canaan

Recipienti, calici, piatti per bruciare incensi e aromi, maschere, oltre a ossa di vari animali, due pithoi di amplissima capacità (200 litri ciascuno) di provenienza cipriota: sono le più recenti scoperte portate alla luce dagli archeologi nel sito di Tel Burna in Israele, identificato con una città fortificata canaanita compresa all’interno del biblico Regno di Giuda al confine con la Filistea. Il team che si occupa degli scavi, iniziati nel 2009, rompe l’iniziale prudenza e ufficializza: lo spazioso edificio dove sono stati rinvenuti in gran quantità questi oggetti, ampio quasi 16 metri e costruito interamente su roccia, non ospitava una casa privata ma un luogo di culto, se non un tempio per se, dove nel corso del I millennio si svolgevano regolarmente festività rituali. Su questo i ricercatori non nutrivano dubbi neanche prima: il numero dei reperti identificabili come rituali, la loro varietà per origine e datazione non sembrano il risultato di cerimonie sporadiche né casuali, ma si lasciava comunque spazio all’ipotesi che si potesse trattare di una costruzione privata. La pagina ufficiale e aggiornata sugli scavi è a questo indirizzo The Tel Burna Excavation Project.

Divinità canaanita seduta sul trono, in bronzo e foglie d’oro. XIV-XIII sec. aev, via Met Museum

Terra fertile a vocazione agricola, l’area di Tel Burna era nota nel mondo antico come “il granaio del Sud” ed è forse qui che aveva sede la biblica Libna, di cui non è certa l’ubicazione. 

Le piccole statue di divinità che si diffusero nel II millennio ci permettono di conoscere le influenze che una varietà di culture ebbe sul popolo canaaneo: il cappello conico ad esempio, indossato da molte figure sedute, richiama una fattura egiziana, come probabilmente furono le raffigurazioni del faraone vittorioso a ispirare l’immagine del cosiddetto “dio che colpisce”: dall’aspetto giovanile e dagli attributi bellicosi, è rappresentato in forma dinamica mentre trionfa sui nemici caduti ed è riconducibile al dio della tempesta Baal

Così come le figurine in posizione seduta, invece, rappresenterebbero il capo del pantheon El sul trono.

— Leggi anche: Nuove ipotesi sul culto di Pan.

Quale identità canaanita

Rimane controverso se sia effettivamente esistita una “religione canaanita”, o piuttosto una “religione siro-palestinese” di più vasta estensione. Il termine infatti non designa un gruppo etnico né un nome proprio, sebbene la sua etimologia resti incerta: alcune consonanti potrebbero richiamare la radice del verbo “legare”, o “piegarsi”, altrimenti, più verosimile, rimanderebbe alla tinta color porpora delle vesti, il “rosso scuro” che trova eco nel termine con il quale i Greci indicavano i Fenici

Una spiegazione “mercantilistica” delle popolazioni così designate che ben si accorda alle vivaci attività di commercio ivi attestate, in particolare di beni di lusso.

Nei testi antichi Canaan indica un territorio, non una cultura, e canaanita era chi proveniva da quella terra sulla costa orientale del Mediterraneo, tra la Siria sud-occidentale, il Libano, Israele, la Giordania e la Palestina. 

Un’iscrizione egizia, per esempio, nomina Israele tra i popoli sconfitti dal faraone Merneptah quando egli conquistò “la terra di Canaan”. Di conseguenza non stupisce che tecniche e materiali, produzioni artistiche e architettoniche civili e templari trovino nella regione stili e strutture simili (cfr. K. L. Noll, Canaanite Religion, Brandon University).

Scarabeo egizio incastonato in oro trovato nel sito canaanita di Gezer, via Haaretz

La storia di Canaan, a partire dalla tarda Età del bronzo (tra la metà del XVI e il XIII-XII secolo), è strettamente associata a quella egizia, da cui provengono le principali fonti. Annessa da Tuthmosis III al nascente Nuovo Regno, Canaan se ne affrancherà quando la pressione delle migrazioni che interessarono l’intera regione (in particolare Israeliti e Filistei, in seguito al collasso dell’impero hittita) sarà destinata a modificare l’assetto che l’intero Vicino Oriente aveva avuto fino al II millennio.

L’altra fonte scritta che riguarda Canaan è l’Antico Testamento, in particolare i libri del Pentateuco, Giosuè e Giudici che, sebbene non possano essere considerati di valore propriamente storico, annoverano con dovizia di particolari molti gruppi etnici presenti nella regione prima della conquista israelita e descrivono l’esistenza di città-stato basate su un sistema urbano altamente fortificato.

L’evidenza archeologica infine, con il ritrovamento su ampia scala di numerosissimi reperti, non ultimi quelli di Tel Burna, conferma la presenza di civiltà strutturate sia dal punto di vista civico, sia cultuale e templare.

(cfr. R. Gonen, Burial Patterns and Cultural Diversity in Late Bronze Age Canaan, Eisenbrauns, Winona Lake, IN, 1992, pp. 1-3)

Due maschere tra gli oggetti di culto

Della scoperta in situ di due maschere in ceramica risalenti al XIII sec. aev racconta lo stesso Itzick Shai della Ariel University, capostaff della campagna di scavi, in un contributo ospitato nel saggio The Physicality of the Other. Masks from the Ancient Near East and the Eastern Mediterranean, Tubingen 2018 (Two Late Bronze Age Ceramic Masks from Tel Burna, Israel). 

I reperti sono stati trovati all’interno dell’edificio fortificato nell’area cosiddetta B1, un’alta terrazza dell’ala ovest di cui non è chiara la pianta esatta. 

Altri ritrovamenti nelle prossime vicinanze, sul pavimento di un ampio cortile, includono un sigillo cilindrico, alcune perle e uno scarabeo che forse facevano parte di uno stesso monile. 

Il ricco corredo comprende anche una vasta gamma di oggetti identificabili con ragionevole sicurezza come rituali tra cui calici, coppe, tazze e piattini, recipienti e vasi di forma zoomorfica fabbricati a Cipro. E l’elenco continua enumerando altri oggetti in ceramica di varia natura, funzione, epoca nonché provenienza, alcuni identificati di origine micenea.

I frammenti delle due maschere

Questo il contesto che ospitava le due maschere simili ma non identiche, rinvenute purtroppo in pochi frammenti dai quali sono riconoscibili il naso, la bocca e l’apertura per gli occhi. Le analisi petrografiche ne rivelano la fattura locale. 

La preparazione consisteva nel predisporre un vaso su cui plasmare l’ovale del volto mentre il naso veniva applicato successivamente, poi si incideva per le aperture di bocca e occhi e per finire un tocco di design con la modellatura di labbra, narici e altri particolari.

«Facci un dio che cammini alla nostra testa»

Le dimensioni naturali fanno supporre un utilizzo decisamente umano, mentre in altri siti israeliani sono attestate alcune maschere di misura più piccola che erano forse usate per adornare le statue delle divinità. 

Sebbene fossero oggetti largamente diffusi in un ampio periodo di tempo nelle culture che popolavano questa zona meridionale del Vicino Oriente, le maschere sembrerebbero comunque associate a una funzione sacrale, forse cerimoniale

I riferimenti biblici al termine, 28 in tutto tra cui Esodo, Deuteronomio e Giudici, sembrano alludere a una fattezza piuttosto che a un oggetto, in ogni caso in affinità con i metalli: Aronne forgiò il vitello d’oro «fondendolo in una forma», e ne ottenne un idolo di metallo fuso.

in [ Vicino_Oriente_Antico ]

Commenti

Articoli correlati