Il cielo dei Finnici è un immenso coperchio trapunto di stelle, posato sul perno del mondo, con la stella polare allo zenit. Là regnano gli dei e gli spiriti, là abitano i Finnici buoni morti da tempo. Ukko Ylijumala, il dio del tuono, esercita il potere supremo su una gigantesca macchina divina composta da moltitudine di esseri divini. Tutto andava per il verso giusto, fino a quando i Finnici non hanno smesso di credere nei loro antichi dei.
Il figlio del dio del tuono di Aarto Pasilinna, romanzo del 1984, parla della venuta in terra, appunto, del figlio del dio del tuono del pantheon finnico, il vegliardo Ukko Ylijumala, su richiesta degli dei del firmamento, “dormienti” ma stanchi di essere oziosi.
E così Rutja scende tra gli uomini nel tentativo di riportare il popolo finlandese alla “vera”, antica fede, ma con una nuova consapevolezza, che rispecchi le mutate esigenze dei tempi moderni.
Sulle rive di Tuonela
Il popolo dei Finnici e i suoi dei sono legati da tempi antichissimi che risalgono al Neolitico, quando in una vasta area che comprendeva la Russia orientale, la Carelia finlandese fino ai paesi baltici e alla Polonia, fiorì la cultura detta “della ceramica pettinata”, cioè decorata con strumenti a denti di pettine.
Tutto andava per il verso giusto fin quando i Finnici adoravano i loro dei, una vera moltitudine di spiriti ed esseri divini protagonisti di storie e leggende, miti, poemi e fiabe che per secoli i rapsodi avevano tramandato con i loro versi.
Poi, non più di cinquecento anni fa, la Finlandia fu convertita alla fede evangelico-luterana e ben presto la popolazione dimenticò i suoi antichi dei, che ai tempi di oggi languono nelle loro dimore immortali senza che più nessuno dedichi loro dei sacrifici. La situazione è disperata: in tutto il paese si contano non più di cinquecento adoratori dei vecchi culti.
Paasilinna non opera un mero esercizio di stile nel descrivere accuratamente il pantheon finnico ma attinge al ricco corpus di poemi e tradizioni popolari della Finlandia, come l’ottocentesco Kalevala è la sintesi di una grande massa di canti che da secoli si vennero producendo e propagando, laulu o runo, termine che essenzialmente designa la poesia tradizionale, canti narrativi di soggetto eroico e magico, canti lirici di forma antica, canti di nozze, canti per l'orso e così via.
— Un commento sul romanzo di Paasilinna in Politeismi neoancestrali
Ukko è il dio più antico di tutti, «il più severo e il più potente», era anzi già vecchio quando nulla era stato ancora creato.
In finlandese, ukko vuol dire letteralmente “vecchio”, vegliardo, in senso lato padre, marito, maschio, genio o spirito. Familiarmente e per estensione, il nome indica anche il padre di famiglia, il capo, il padrone e simili, mentre il diminutivo ukkonen (vecchietto) significa anche tuono, fulmine. L’attributo Ylijumala è invece un composto per “padre degli dei” o “dio supremo”, simile al Giove/Zeus della mitologia classica.
I suoi poteri sono terribili: può far tremare la terra, scatenare uragani e provocare diluvi, far eruttare i vulcani con lava incandescente, precipitare meteoriti sulla terra, e ancora deviare l’orbita dei satelliti, oscurare la luna e il sole.
Ma, nelle brevi e intense estati, a volte gli piace decorare il cielo con l’arcobaleno, o d’inverno tappezzare la volta celeste di luminose aurore boreali.
Egli non risiede da solo sulle vette dell’olimpo nordico. Insieme a lui c’è «una gran moltitudine di dei», spiriti ed esseri magici di varia natura che compongono questa gigantesca macchina divina.
Il Kalevala esordisce con le formule di apertura che vengono pronunciate dai cantori. Di questi, il rapsodo principale si chiama esilaulaja, mentre il säestäjä è l’accompagnatore, recitano seduti uno di fronte all’altro tenendosi le mani.
I versi sono arcani insegnamenti svelati dai sussurri della natura, da un corso d’acqua, dalla pioggia, che hanno dipanato la matassa di parole facendone poesia. Dopo un gelo di lunghi secoli, le strofe tornano a fiorire sulle labbra di chi le pronuncia.
Nel primo runo, la vergine dell’aria Ilmatar discende sul mare e viene fecondata dal vento e dalle onde, diventando così madre dell’acqua. Ma la sua gravidanza si protrae per settecento lunghi anni, durante i quali vaga e nuota in preda al dolore, finché piangendo invoca il dio supremo Ukko perché l’aiuti. Ma Ukko non l’ascolta, e Ilmatar dovrà attendere ancora prima di partorire e dare così il via all’opera della creazione.
Moglie di Ukko è Rauni, madre della Terra, che regna insieme a lui. Nei consigli divini è solita poggiare una mano sulla spalla del consorte, in segno di possesso.
Grazie a lei, gli antichi Finnici appresero i segreti per sconfiggere gli orribili gnomi delle montagne, esserini mostruosi e invasivi dalla lunga coda «che non si lavano mai denti e hanno tante altre brutte abitudini». Il rapporto coniugale tra Ukko e Rauni non è dei più sereni, e quando lei “sbuffa” l’atmosfera si fa pesante e soffia vento di temporale.
Altra potente divinità è Ilmarinen domatore di fiamme, dio della pace e del sole, a cui si devono il bel tempo, l’aria calma e le giornate serene. Ilmarinen è tra i personaggi più espressivi del Kalevala,
il fabbro eterno, l’artefice operoso e ingegnoso, tardo nella decisione ma poi tenace nell’azione.
All’agricoltura e all’allevamento presiede Sampsa Pellervoinen, dio dalla folta capigliatura che ha il compito di lottare contro «lo strapotere dell’inverno» — perché organizzare la primavera, nella Finlandia ghiacciata, è impresa davvero ardua. Allora egli preme con forza sullo zenit, permettendo ai raggi del sole di penetrare la gelida coltre invernale e far splendere la terra sotto le nevi che si sciolgono. Gli piacciono i prati verdi e i raccolti abbondanti. La sua festa si celebra il 27 giugno, al tempo della maturazione del grano.
Un altro ragguardevole dio è Pelto-Pekka, impetuoso patrono della birra e personificazione dell’ebrezza e della gioia. Ama i canti e i giochi, le taverne, la birra che scioglie la lingua, i vecchi proverbi e i tornei a braccio di ferro. Per non dispiacergli basta comportarsi civilmente, «o almeno averne l’intenzione», e soprattutto stare allegri.
Dio della fecondità e delle nascite, Ägräs ha una voce suadente e un membro lungo e flessuoso con due grossi testicoli «che somigliano a una doppia rapa». Non sopporta i metodi anticoncezionali, il controllo delle nascite e l’aborto perché per lui i bambini sono sempre benvenuti, ed è favorevole alla rilassatezza dei costumi e alla lussuria.Connotazioni agricole hanno invece Virankannos e Ronkoteus, rispettivamente dio della segale e dell’orzo.
Spiriti, demoni, fantasmi
Il mondo dei morti è chiamato Tuonela, o Manala, la «fuligginosa fucina» che ospita le anime dei defunti, mentre chi ha commesso colpe gravissime è destinato all’inferno, l’Horna.
Qui i demoni Lempo e Turja, i «bollitori di sangue», aiutati da un’innumerevole coorte di diavoletti scarmigliati, si occupano di cuocere i dannati dentro dei grandi pentoloni per purificarli. Le anime che resisteranno a questo trattamento potranno essere traghettate su una zattera lungo le acque infuocate di Tuonela, discendendo le sue numerose e ribollenti rapide. Sulla riva, un terribile cane attende le anime che cadono dalla zattera per divorarle e abbandonare i resti sulla sabbia.
Migliaia di spiriti tutelari e folletti domestici popolano il “mondo di mezzo”, sottoterra, alcuni più affidabili e industriosi. Mentre il regno dei menninkäinen sono i cimiteri e le camere mortuarie. A dispetto del loro compito, cioè occuparsi dei defunti e ascoltare il pianto dei parenti, sono creature molto allegre, curiose e piene di vitalità.
strana creatura che un tempo, con l’aiuto delle streghe, andava a succhiare il latte delle mucche dei vicini.
si occupano delle aurore boreali e dei fuochi fatui e, quando passano delle silfidi, accendono per loro in cielo mille fiammelle.
Tra cielo e terra, e anche sotto terra, si muovono gli operosi Kyöpeli, Pökö, Kurko e Kouko, questi ultimi tre protettori dei pazzi e degli ammalati.
Ajattara è la più splendida, seducente e irrequieta degli spiriti. A lei brama Rutja, il figlio dei dio del tuono, per averla come sposa. Ha i capelli lunghi e
un riso languido che risuona al di là delle stelle,
indossa un mantello trasparente di fuochi fatui, radiosa e conturbante nella sua veste traslucida.
Un posto a sé nella fitta rete di creature celesti lo occupa Tapio, spirito delle foreste, dei boschi e degli animali che li popolano, che he regna sulla selaggina e sulla selvicoltura. Sua moglie si chiama Nyrkytär, i suoi figli Myyrikki e Nyyrikki. Tutti i componenti della famiglia sono molto affabili compresa Mieluutar, sua madre, che ha lo scoiattolo come animale prediletto e il pino come albero sacro.
Si racconta che un tempo, dopo una fugace notte d’amore con Ukko Ylijumala, il dio supremo concesse a Tapio di esprimere un desiderio. La dolce e modesta Mieluutar non volle nulle per sé, ma chiese che crescessero abeti invece che betulle, per permettere ai suoi scoiattoli di nidificare, e così da quel giorno la Finlandia cominciò a coprirsi di estese pinete. Tapio ha un aiutante, Hittavainen, che si occupa di procacciare la selvaggina per il desco e della protezione delle specie minacciate.
Ahti è lo spirito delle acque, coadiuvato da un’ondina, Vellamo. A volte, mari e laghi debordano, quando i due
folleggiano indecentemente.
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