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Sudafrica, neopaganesimo post-apartheid

Dall’8 all’11 luglio 2016 si è tenuto l’incontro annuale del Sapra — the South Africa Pagan Rights Alliance, un’associazione fondata nel 2004 con il proposito di promuovere e garantire la libertà d’espressione religiosa in Sudafrica, come sancito dalla Carta dei diritti (Capitolo 2 della Costituzione della Repubblica), fornendo supporto anche economico e sostegno legale per le vittime dei sempre più frequenti episodi di discriminazione,in particolare verso i neopagani o wiccan accusati di ‘stregoneria’. Lo riporta il quotidiano online Times Live.

Jim Chuchu è un artista multidisciplinare di Nairobi, La sua serie fotografica “Pagans” racconta e ricostruisce la religiosità africana pre-coloniale. Via Vimeo e Mariane Ibrahim Gallery

Caccia alle streghe

“I Wiccan hanno ancora il timore di esprimere la loro identità religiosa nel luogo di lavoro o in ambito familiare per paura di discriminazione e ritorsioni”, mentre le accuse di stregoneria e le vittime di crimini a sfondo religioso, denunciano ancora dall’Alliance, non solo sono stati molto numerosi dal 2000 a oggi, ma non ricevono un’adeguta attenzione da parte dei media. Così, confema il magazine sudafricano, lo scorso aprile la polizia ha assistito impotente alla tortura di una donna accusata di stregoneria da parte dei suoi vicini in un villaggio nella provincia di Mpumalanga, e nel marzo dello stesso anno, con la stessa accusa, un anziano è stato giustiziato in una località del distretto sud-orientale di KwaZulu-Natal.

Uno scatto da “Pagans: Reconstruction of Future-Past Anonymous African Deities, Their Devotees and Forgotten Religious Rites”, 2014. Via jimchuchu.com

In Sudafrica più che altrove, tra colonialismo e post-colonialismo, la ‘religione’ è stata a lungo sinonimo unilaterale di ‘Cristianesimo’ per diventare strumento, soprattutto attraverso le istituzioni scolastiche missionarie, di controllo e conversione della popolazione nera allo stile di vita e al sistema di valori dei bianchi: i luoghi di lavoro, le istituzioni pubbliche, gli organi di giustizia e persino gli ospedali erano accessibili ai neri solo esibendo un certificato di battesimo e un nome occidentale; le pratiche tradizionali africane (Atr — African Traditional Religion) erano tacciate di ‘stregonerie’ e duramente condannate.

Sui tradizionalisti africani


Repubblica sudafricana

Nel novembre 1910 la Provincia del Capo, il Natal, il Transvaal e l’Orange si univano in federazione con la denominazione Unione del Sudafrica e lo status di ‘dominion’ (comunità semi-indipendenti) all’interno del Commonwealth, con una Costituzione unitaria. Nel 1931 l’Unione acquistava la piena autonomia come Stato sovrano associato al Commonwealth, dal quale recedeva nel 1961 con la proclamazione della Repubblica; lo stesso anno viene emessa una nuova Costituzione, nella quale i riferimenti a ‘Dio onnipotente’ sono funzionali al riconoscimento politico, oltre che degli organi della Repubblica, di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra (Dio e religione nelle Costituzioni africane, Comité International pour le Développement des Activités Educatives et Culturelles en Afrique, Roma 1979).

Dalla metà degli anni ’70 e soprattutto negli ’80, però, inizia a maturare sempre più la consapevolezza dell’ingiustizia che accompagna il sistema di apartheid nei confronti della popolazione nera e la risposta sembra risiedere in una progressiva e sistematica secolarizzazione della società, dagli organi di informazione alla pubblica istruzione, tanto che il processo di democratizzazione non sembrò possibile senza un ‘affrancamento’ dalle posizioni religiose (cristiane), che fino ad allora avevano goduto per Costituzione di una posizione privilegiata. Il cambiamento fondamentale avviene nel 1994, quando il sistema politico basato sull’apartheid viene sostituito da un nuovo governo in cui viene affermata una completa separazione tra confessioni religiose e Stato; proprio in questa fase si apre uno scenario più complesso e molte religioni non cristiane trovano ora una condizione favorevole al pluralismo e a un dialogo distensivo (Religion and Politics in South Africa from apartheid to democracy, Waxmann 1999).

L’identità emergente dei neopagani in Sudafrica

In quegli anni dal clima favorevole, in Sudafrica si sono costituiti molti gruppi, scuole, circoli associativi e reti di aggregazione — come il Penton Independent Pagan Media nato nel 1995, che ha contribuito a collegare le varie comunità nazionali — godendo della libertà d’espressione garantita dalla Carta; il sito del Sapra ricorda quelli che nelle ultime decadi hanno avuto maggiore incidenza:

The Grove dal ’95 è un ordine iniziatico eclettico di stampo gnostico; il Clan of Ysgithyrwyn, di due anni più tardi, una ‘coven’ dalla spiccata vocazione cerimoniale; Lunaguardia Tradition (2000) fondato nella città di Nelspruit, è una ‘coven’ eclettica che muove verso il ‘sentiero solitario’ e l’identificazione personale con la Divinità; il Circle of the African Moon (Cam, 2001) è una rete che promuove l’educazione pagana; e ancora il Celestine Circle, fondato nel 2001 nella provincia sudorientale del paese; la Correlian Nativist Church, fondata nel 2002 nella provincia del Capo occidentale e che ha dato origine a numerosi templi, come il Clan of Kepher Temple fondato a Città del Capo nel 2005. Nel 2003 la sinergia tra la Pagan Federation of South Africa, The Grove, Lunaguardia, The House of Ouroboros e altre associazioni pagane non allineate ha dato vita al Pagan Freedom Day Movement, un’iniziativa per l’organizzazione e promozione di una festività nazionale che si sarebbe tenuta a Johannesburg il 27 aprile 2004 per celebrare i dieci anni della libertà religiosa in Sudafrica. Infine, il South Africa South Council (Sapc) è un’organizzazione non-profit fondata nel dicembre 2006 e attualmente funge da tavola rotonda per tutti i gruppi pagani pubblici riconosciuti, comunità ed eclettici solitari che scelgono di non appartenere ad alcun gruppo organizzato.

Una isangoma mentre raccoglie muti, la ‘medicina’, sulla spiaggia di Rocktail Bay, sull’Oceano Indiano presso il confine con il Mozambico. Foto di Chris Johns, da “100 Best Unpublished Pictures”, 2004, National Geographic

Un richiamo — piuttosto sommario —, negli orizzonti teologici del moderno paganesimo sudafricano, all’“héritage etnico e familiare per riscoprire le pratiche degli antenati” non fa dell’Alleanza pagana un movimento ‘indigeno’ o ‘indigenista’, in quanto le religioni tradizionali, nella estesissima gamma di manifestazioni, sono funzionali a contribuire a un sistema rituale e di valori — il neopaganesimo o Wicca e il suo particolare eclettismo — che resta principalmente ‘occidentale’: bianchi sono i portavoce, bianchi i fondatori, bianchi i sacerdoti e le sacerdotesse.

Le celebrazioni del 27 aprile 2004 furono una presa d’atto della marginalizzazione a cui erano sottoposte le popolazioni locali e le loro credenze religiose, ed è per questo che i gruppi pagani coinvolti nell’evento ebbero l’idea di estendere la partecipazione — occasione unica e irripetuta — agli Izangoma, termine zulu (plurale di Isangoma) per i guaritori tradizionali e specialisti nel riconoscere e identificare i praticanti di stregoneria ‘negativa’ (Healers or Heretics: Diviners and Pagans Contest the Law in a Post-1994 Religious Field in South Africa, in D. Wallace, Bourdieu in Africa, Brill 2015 http://booksandjournals.brillonline.com/content/books/b9789004307568_008)

La storia recente di razzismo e alienazione della popolazione nera che ha segnato il Sudafrica ha di certo contruibuito a sensibilizzare un’opinione pubblica più liberal sulla necessità di affermare il principio generico dell’uguaglianza del cittadino rispetto alla legge senza alcuna discrimazione etnica e religiosa; ma sul piano giuridico non solo in Sudafrica, ma in nessuna delle costituzioni africane è possibile rintracciare alcun riferimento specifico ai culti e alle credenze delle religioni tradizionali. L’unica eccezione, di ancor più sorprendente portata se si tiene conto della predominante tradizione islamica del Paese, è la Repubblica democratica del Sudàn;uscito dopo una lunga e dura lotta dal dominio anglo-egiziano nel ’56; nel 1973 l’Assemblea del Popolo promulgava la sua Costituzione “permanente” che all’art. 16, punto c) stabilisce:
“non è lecito offendere né vilipendere le religioni celesti (al-adyan as-samawiyya) e i nobili aspetti delle credenze spirituali (karim al-mu’taqidat ar-ruhiyya) dei cittadini”.


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