I leader del Consiglio dei Nuu-chah-nulth alla First Nations, un’organizzazione che comprende le popolazioni autoctone del Canada e coopera per favorirne l’economia, lo sviluppo e la preservazione della memoria etnica, rispondono in merito a una lamentela che una madre ha avanzato alla scuola per aver ‘costretto’ i bambini a partecipare a una cerimonia tradizionale.
Gruppo di Chehalis appartenenti alla First Nations, 1910, via Wiki Commons |
La John Howitt Elementary School di Port Alberni, isola di Vancouver, è infatti coinvolta in una denuncia da parte della signora Candice Servantius, madre di due figli entrambi frequentanti la scuola, riporta la Cbc Canadian News; c’era stato un avviso da parte della direzione, nel settembre 2015, per informare i genitori che l’istituto avrebbe ospitato una cerimonia Nuu-chah-nulth in cui i partecipanti avrebbero recato in mano rami di cedro e fatto esperienza di una ‘depurazione energetica’.
La signora Candice, con allarmata disapprovazione, ha sollevato la questione davanti alla Corte; per ora la scuola non ha rilasciato dichiarazioni salvo una lettera dei propri legali, raccolta nei documenti al vaglio dei giudici, nella quale si commenta che il distretto scolastico non ha violato i termini dei programmi didattici e si ammette che la non obbligatorietà a partecipare all’evento poteva essere espressa con maggiore chiarezza.
Non altrettanto defilati i rappresentanti del Consiglio tribale, che attraverso i loro portavoce (vicepresidente Ken Watts e presidente Debra Foxcroft) hanno manifestato il rammarico per un’occasione educativa trasformata in contesa legale. Le scuole hanno il compito di integrare il loro curriculum con contenuti riguardanti le tradizioni aborigene per preservarne e diffonderne la lingua e la cultura; per Watts non si tratta di una religione, ma di un modo di vita.
Erano cacciatori
Esiste un lungo malinteso tra le popolazioni indigene dei ‘nuovi mondi’ e l’osservatore europeo. Si tratta del modo in cui vengono poste le domande: se si chiede di distinguere una sfera ‘religiosa’ da una ‘civile’ o laica, di definire un dio o una moltitudine di dei riconoscibili, di stabilire un confine tra il ‘sacro’ e il ‘profano’, stiamo ponendo la domanda sbagliata perché in un’ottica altra possono non sussistere quelle categorie presupposte.
Ora, se la signora Candice ha percepito un conflitto tra le proprie credenze religiose e l’esperienza proposta a scuola che implicava in ogni caso un ‘contatto’ con il sacro attraverso gli strumenti rituali di una tradizione altra, forse non ha tutti i torti. Definirsi una ‘cultura’ piuttosto che una religione non deve sminuire la prima nei confronti della seconda, piuttosto dovrebbe indicare la volontà di abbattere le barriere linguistiche e ridefinire anche terminologicamente i propri valori: non vuol dire che non vi è un rapporto con l’extra-umano, ma che questo rapporto è organizzato e stabilito secondo un linguaggio differente.
Canoe Nuu-chah-nulth, anno sconosciuto. Il cedro o ‘Albero della Vita’ forniva il materiale per la costruzione di queste imbarcazioni, preziose per l’economia tradizionale che si basava sulla caccia nelle acque dell’oceano. Via Simon Fraser University |
Non chiamateli Nootka, è la corruzione del nome originale della loro nazione così come lo aveva mal compreso l’esploratore James Cook quando li incontrò per la prima volta nel 1778, nel villaggio di Yuquot a ovest dell’isola di Vancouver.
Cacciatori di balene, pescatori, abilissimi intagliatori di legno e costruttori di canoe, i Nuu-chah-nulth furono decimati del 90% dalla contrazione di malattie occidentali come la malaria per arrivare a contare circa 2mila individui negli anni ’30 del Novecento. Oggi (censimento 2014) sono più di 4mila i Nuu-chah-nulth registrati all’anagrafe, ma solo 320 (2011) di loro riconoscono la lingua tradizionale come lingua madre (The Canadian Encyclopedia).
#colonialismo
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