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Santeria panic

L’Africa occidentale, i Caraibi, la costa nord-orientale americana sono luoghi molto distanti tra loro. Ad accomunarli sono elementi culturali che viaggiano insieme alle persone, loro malgrado, protagoniste di grandi movimenti di popoli. Gli Yoruba della Nigeria iniziano ad arrivare a Cuba nella prima metà del Seicento, ma la maggior parte vi si stabilisce nel XIX secolo, impiegati nelle piantagioni di canna da zucchero la cui lavorazione determina un boom economico mai sperimentato prima.

In questo secolo Cuba si trova ad avere il monopolio di questo prodotto, dopo che la rivoluzione ebbe lasciato la rivale Haiti in uno stato di isolamento economico; posizione privilegiata che dura fino agli anni Settanta dell’Ottocento, quando deve cedere alla concorrenza europea, più efficiente e aggressiva, e i finanzieri americani ne iniziano a capitalizzare le risorse. 

Immagine da C. Garoutte, Crossing the water: a photographic path to the Afro-Cuban spirit world, 2007, via Internet Archive

Santeria widespread

Contestualmente, numerosi culti di origine africana si costituirono in associazioni sotto il patronato di un santo o di una Vergine, adottando le modalità e il linguaggio dei coloni. Queste società, dette cabildos (riscontrati già nella Spagna trecentesca), erano spesso segrete, organizzate forse sul modello della Massoneria; la più celebre fu abakuá, che riuniva membri di origini diverse (africani, creoli, europei. cfr. K. Argyriadis, Religión de indígenas, religión de científicos: construcción de la cubanidad y santería). 

Con l’abolizione della schiavitù (1886) e la proclamazione dell’indipendenza (1898), i cabildos furono progressivamente marginalizzati e quindi proibiti; il positivismo razionalista ne fece le nemiche della modernità e del progresso, e agli inizi del XX secolo una vera e propria ondata di repressione ridusse le religioni di origine africana a culti privati praticati semi-clandestinamente all’interno delle mura domestiche e si attribuì loro l’appellativo generico e infamante di brujerìa (stregoneria).

Cuba Libre

L’indipendenza non migliora le condizioni degli afro-cubani: l’alto grado di analfabetismo della comunità di fatto li esclude dal diritto al voto e per questo non ottengono rappresentanza negli organi di governo e della pubblica amministrazione. Con la proclamazione della Repubblica si definisce il declino della vecchia borghesia terriera di madrepatria spagnola, subito soppiantata dal nuovo colonialismo economico americano, e gli schiavi diventano braccianti a ore per un altro padrone; la piccola borghesia creola nativa dell’isola, con il placet della Chiesa cattolica, accresce la sua influenza e si aggiudica alte posizioni nell’industria e nel commercio, ma solo per perdere di nuovo il controllo dei propri capitali a vantaggio della superpotenza statunitense.

Per tutti gli anni Trenta del Novecento il clima sociale è incandescente e la leadership risponde con politiche violente e repressive: censura, torture ed esecuzioni costituiscono la legalità, contro la quale si schierano varie forme di resistenza, mentre la classe media vacilla su posizioni ambivalenti che rendono tale anche la nascente idea di identità nazionale. Contraddittorio è anche l’atteggiamento verso il contributo africano all’identità cubana di recente formazione, che si manifesta in tre principali attitudini, o tendenze: quella di netto rifiuto, quella moderata che propone un sincretismo blandamente ‘spiritualista’ e quella, più entusiasta, di certi intellettuali che vedono nell’héritage africano una ricchissima fonte di ispirazione artistica di cui la giovane cultura nazionale ha bisogno.

Regla de Ocha

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta l’emigrazione cubana verso altri paesi coinvolge soprattutto le classi medio-alte ostili alla dittatura di Castro. Il flusso verso gli Stati Uniti continua senza ostacoli fino alla metà degli anni Settanta, quando il livello socioeconomico degli immigrati cubani progressivamente decresce. Tuttavia, ancora nel 1970 i cubani americani sono in stragrande maggioranza bianchi – 96%, contro il poco più del 3% di neri.

La Santeria cubana, o Regla de Ocha (regola o legge degli Orixas, Orishas) fu originariamente la religione della popolazione conosciuta col nome di Lucumí nelle colonie ispano-americane; gli Orixas sono, come in altri contesti religiosi afro-americani, numerosi e divisi per ordini, famiglie e competenze. Ochosi, protettore della caccia presso le popolazioni tradizionali africane, viene interpellato da chi ha problemi con la legge; Obatalá è il creatore dell’umanità, rappresentato anche in sembianze femminili o androgine, Orula presiede la divinazione, Eleggúa è il ‘messaggero degli dei’, invocato all’inizio di ogni cerimonia. I più popolari sono tuttavia gli Orixas che proteggono e regolano la vita quotidiana – maternità, amore, sesso, salute: Changó, Yemayá e Ochún, la dea delle acque fresche.

Sulle pratiche rituali 

Ogni Orixa occupa uno spazio a sé con il proprio altare.

Gli otanes sono pietre che incorporano l’aché (spirito e potere) dell’Orixa, Elegguá è dietro la porta o in una coppa; Oggún, rappresentato da oggetti di ferro, risiede in un calderone mentre Changó in un recipiente di legno, all’interno di un mortaio rovesciato.

I rituali iniziano con un moyuba (saluto rispettoso) agli antenati, rituali o biologici. Quindi si chiamano gli Orixas, a cominciare da Elegguá che apre il sentiero (la comunicazione) seguito da Oggún, che nei rituali che prevedono sacrifici è il primo che mangia, nel momento in cui il coltello riceve il sangue dell’animale, e quindi Ochosi e così via.

La liturgia è chiamata oro o oru e consiste in percussioni e canti guidati da un akpuón mentre i devoti cantano e ballano insieme in circolo. Gli strumenti musicali sono modellati sugli originali africani. I tamburi sacri sono chiamati tambores de fundamento e a Cuba vengono suonati in tutte le cerimonie e non solo in quelle dedicate a Changó, il culto del quale è associato proprio ai tamburi in Africa. Anzi: la periodica proibizione dei tamburi sacri da parte delle autorità nel corso del tempo dimostra il tentativo di allontanarsi dalle origini africane, e i tambores sacri a Changò suonano ora insieme a strumenti più specificamente afrocubani come i cosiddetti güiros (ricavati da una zucca essiccata) e i cajones (percussioni lett. ‘in scatola’).

I canti sono chiamati suyeres, sono espressi in lingua Lucumí e narrano le vicende mitiche degli Orixas. Quando un Orixa scende tra gli invocanti, i danzatori si muovono secondo il suo aspetto e le sue caratteristiche: Changó può avere atteggiamenti guerreschi nell’atto di brandire la sua ascia (oche) o erotici, Yemayá incede solenne come le onde del mare, Ochún si diverte a provocare turbamenti amorosi.

Durante la cerimonia un Orixa può scendere in un fedele: questi, chiamato elegún o caballo (cavalcatura, cavallo), entra in uno stato di trance nel quale assume le movenze e le caratteristiche dell’Orixa da cui è posseduto. Non vi sono preferenze di genere o di somiglianze: il guerriero Changó può ‘cavalcare’ una donna anziana e nella danza estatica farle compiere lunghe ed estenuanti performance.

Il prodigio è possibile perché durante l’incontro gli Orixas concedono ai fedeli l’aché; questo ‘potere’ è prodotto anche da alcune piante: osainismo (da Osaín, l’Orixa medico e guaritore) è la conoscenza delle proprietà di queste ewé (piante sacre) che si trovano su el monte (la foresta, boscaglia) e sono utilizzate per la preparazione di rimedi erboristici e nei sacrifici. 

In tempi più recenti, i cambiamenti dell’ambiente floro-faunistico hanno imposto modifiche anche ai rituali, nei quali alcuni ingredienti sono stati sostituiti con altri più facilmente reperibili (il sacrificio di volatili, ad esempio, ha soppiantato quasi del tutto quello di quadrupedi).

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T. FalolaM. D. Childs, The Yoruba Diaspora in the Atlantic World, Indiana University Press, 2005.
G. Brandon, Santeria from Africa to the New World, Indiana University Press, 1997.

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