Africa occidentale, i Caraibi, la costa nord-orientale americana. Luoghi molto distanti tra loro, ma accomunati da elementi culturali che hanno viaggiato e viaggiano insieme alle persone, protagoniste di grandi movimenti di popoli. A Cuba i culti di origine africana si costituiscono fin dall’Ottocento, spesso in forma segreta o semiclandestina, vivamente osteggiati dalle autorità civili e religiose del paese. La santeria, o Regla de Ocha, condivide con altri culti di derivazione africana simile alcuni aspetti fondanti, il carattere sincretico, la credenza negli esseri divini chiamati Orixas, la possessione.
Gli Yoruba della Nigeria arrivano a Cuba nella prima metà del Seicento e la maggior parte vi si stabilisce nel XIX secolo, impiegati nelle piantagioni di canna da zucchero la cui lavorazione determina un boom economico mai sperimentato prima.
In questo secolo Cuba si trova ad avere il monopolio di questo prodotto, dopo che la rivoluzione ebbe lasciato la rivale Haiti in uno stato di isolamento economico. Posizione privilegiata che dura fino agli anni Settanta dell’Ottocento, quando deve cedere alla concorrenza europea, più efficiente e aggressiva, e i finanzieri americani ne iniziano a capitalizzare le risorse.
Santeria widespread
Contestualmente, numerosi culti di origine africana si costituiscono in associazioni sotto il patronato di un “santo” o di una “Vergine”, adottando le modalità e il linguaggio dei coloni. Queste società, dette cabildos, riscontrate già nella Spagna trecentesca, erano spesso segrete, organizzate forse sul modello della massoneria. La più celebre si chiamava abakuá e riuniva membri di origini diverse: africani, creoli, europei.
Con l’abolizione della schiavitù, nel 1886, e la proclamazione dell’indipendenza nel 1898, i cabildos vengono progressivamente marginalizzati e quindi proibiti.
Il positivismo razionalista ne fece le nemiche della modernità e del progresso, e agli inizi del XX secolo una vera e propria ondata di repressione ridusse le religioni di origine africana a culti privati praticati semiclandestinamente all’interno delle mura domestiche e si attribuì loro l’appellativo generico e infamante di brujerìa, stregoneria.
Cuba Libre
L’indipendenza non migliora le condizioni degli afrocubani: l’alto grado di analfabetismo della comunità, di fatto, li esclude dal diritto al voto e per questo non ottengono rappresentanza negli organi di governo e della pubblica amministrazione.
Con la proclamazione della Repubblica si definisce il declino della vecchia borghesia terriera di madrepatria spagnola, subito soppiantata dal nuovo colonialismo economico americano. Gli ex schiavi diventano braccianti a ore per un altro padrone, mentre la piccola borghesia creola nativa dell’isola, con il placet della chiesa cattolica, accresce la sua influenza e si aggiudica alte posizioni nell’industria e nel commercio. Sarà comunque destinata a perdere il controllo dei propri capitali, a vantaggio della superpotenza statunitense.
Per tutti gli anni Trenta del Novecento il clima sociale è incandescente e la leadership risponde con politiche violente e repressive: censura, torture ed esecuzioni costituiscono la legalità. Contro questo nuovo “ordine” si schierano varie forme di resistenza, mentre la classe media vacilla su posizioni ambivalenti che rendono tale anche la nascente idea di identità nazionale.
Contraddittorio è anche l’atteggiamento verso il contributo africano all’identità cubana di recente formazione, che si manifesta in tre principali attitudini, o tendenze: quella di netto rifiuto, quella moderata che propone un sincretismo blandamente "spiritualista" e quella, più entusiasta, di certi intellettuali che vedono nell’héritage africano una ricchissima fonte di ispirazione artistica di cui la giovane cultura nazionale ha bisogno.
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Regla de Ocha
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’emigrazione cubana verso altri paesi coinvolge soprattutto le classi medio-alte ostili alla dittatura di Castro. Il flusso verso gli Stati Uniti continua senza ostacoli fino alla metà degli anni Settanta, quando il livello socioeconomico degli immigrati cubani progressivamente decresce. Tuttavia, ancora nel 1970 i cubani americani sono in stragrande maggioranza bianchi – 96%, contro il poco più del 3% di neri.
La Santeria cubana, o Regla de Ocha (regola o legge degli Orixas, o Orishas) è originariamente la religione della popolazione conosciuta col nome di Lucumí nelle colonie ispano-americane.
Gli Orixas sono, come in altri contesti religiosi afroamericani, numerosi e divisi per ordini, famiglie e competenze. Tra questi i principali sono Ochosi, protettore della caccia presso le popolazioni tradizionali africane, viene interpellato da chi ha problemi con la legge; Obatalá è il creatore dell’umanità, rappresentato anche in sembianze femminili o androgine; Orula presiede la divinazione, Eleggúa è il messaggero degli dei, invocato all’inizio di ogni cerimonia.
Tra i più popolari, inoltre, gli Orixas che proteggono e regolano la vita quotidiana – maternità, amore, sesso, salute: Changó, Yemayá e Ochún, la dea delle acque fresche.
Sulle pratiche rituali
Ogni Orixa occupa uno spazio a sé con il proprio altare.
Gli otanes sono pietre che incorporano lo spirito (aché, il potere dell’Orixa, Elegguá è dietro la porta o in una coppa; Oggún, rappresentato da oggetti di ferro, risiede in un calderone mentre Changó in un recipiente di legno, all’interno di un mortaio rovesciato.
I rituali iniziano con un moyuba (saluto rispettoso) agli antenati, rituali o biologici. Quindi si chiamano gli Orixas, a cominciare da Elegguá che apre il sentiero, ovvero la comunicazione tra spiriti e uomini, seguito da Oggún il quale, nei rituali che prevedono sacrifici, è il primo a mangiare, nel momento in cui il coltello riceve il sangue dell’animale; e quindi Ochosi e così via.
La liturgia è chiamata oro o oru e consiste in percussioni e canti guidati da un akpuón mentre i devoti cantano e ballano insieme in circolo.
Gli strumenti musicali sono modellati sugli originali africani. I tamburi sacri sono chiamati tambores de fundamento e a Cuba vengono suonati in tutte le cerimonie, non solo in quelle dedicate a Changó, il culto del quale è associato proprio ai tamburi in Africa.
A questo proposito, la periodica proibizione dei tamburi sacri da parte delle autorità nel corso del tempo dimostra il tentativo di allontanarsi dalle origini africane, e i tambores sacri a Changò suonano ora insieme a strumenti più specificamente afrocubani come i cosiddetti güiros (ricavati da una zucca essiccata) e i cajones (percussioni lett. “in scatola”).
I canti sono chiamati suyeres, sono espressi in lingua lucumí e narrano le vicende mitiche degli Orixas.
Durante la cerimonia un Orixa può “scendere” in un fedele, ovvero lo possiede: questi, chiamato elegún o caballo (cavalcatura, cavallo), entra in uno stato di trance nel quale assume le movenze e le caratteristiche dell’Orixa da cui è posseduto.
La possessione è tra le caratteristiche predominanti che accomuna tutti i culti afroamericani, dalla Santeria al Candomblè. Non vi sono preferenze di genere o di somiglianze: il guerriero Changó può “cavalcare”, ad esempio, una donna anziana e nella danza estatica farle compiere lunghe ed estenuanti performance.
Quando un Orixa scende tra gli invocanti, i danzatori si muovono secondo il suo aspetto e le sue caratteristiche: Changó può avere atteggiamenti guerreschi nell’atto di brandire la sua ascia (oche) o erotici, Yemayá incede solenne come le onde del mare, Ochún si diverte a provocare turbamenti amorosi.
Il prodigio è possibile perché, durante l’incontro, gli Orixas concedono ai fedeli l’aché. Questo potere è prodotto anche da alcune piante sacre (ewé): osainismo (da Osaín, l’Orixa medico e guaritore) è la conoscenza delle proprietà di queste ewé che si trovano su el monte (la foresta, boscaglia) e sono utilizzate per la preparazione di rimedi erboristici e nei sacrifici.
In tempi più recenti, i cambiamenti dell’ambiente floro-faunistico hanno imposto modifiche anche ai rituali, nei quali alcuni ingredienti, soprattutto animali, sono stati sostituiti con altri più facilmente reperibili.
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