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Marie Laveau, regina creola

Bella e carismatica creola congolese di discendenza francese di cui è difficile tracciare con esattezza le origini, grazie a un operato costante e capillare ha saputo riplasmare il vodou americano contribuendo in maniera decisiva alla sua diffusione, fino a diventare un punto di riferimento per la sua comunità, dal più umile e bisognoso ai ceti più elevati, che poi ne ha codificato il mito: la continuità del suo agire magico è garantita dalle sue figlie, eredi di un sapere che si protrae lungo un’esistenza longeva fino all’inverosimile dagli anni Venti dell’Ottocento, quando, giovane sposa, viene registrato negli archivi di New Orleans il suo matrimonio, fino al 1930, e le diverse identità si confondono in una sola, eterna.

Ritratto giovanile di Marie Laveau via frenchcreoles.com

Molte donne portavano il nome Marie Laveau (o Laveaux) secondo gli archivi della Louisiana del XIX secolo e gli inizi del XX. La prima, quella che interessa questa ricerca, risulta nata agli inizi dell’Ottocento e la sua morte è registrata nel 1881, mentre la seconda è sua figlia, qualche volta chiamata Marie Laveau II, che dopo la madre assume il titolo di nuova regina del vodou alimentando la leggenda che questa potente donna non invecchiasse mai. La terza, e ultima, sarebbe infine vissuta attorno agli anni Trenta del Novecento.

Quasi tutte le biografie riportano un singolare episodio: la polizia cerca di sgomberare l’affollatissima Congo Square dove si attendeva l’arrivo di Marie. Ella si presenta insieme ai suoi seguaci, adornata come una sacerdotessa; indossa una lunga e scollata veste di cotone che volteggia al suo incedere, porta orecchini e braccialetti d’oro e il tignon — il tradizionale fazzoletto che le creole annodano come un turbante — le avvolge i capelli ergendosi verso l’alto in sette estremità.

Entra scalza nel circolo che la folla le apre spontaneamente intorno e tutti, bianchi e neri, la chiamano “la più potente” e si inginocchiano davanti a lei in silenzio. «Padre, Figlio e Spirito Santo» — o «Fede, Speranza e Carità» — sono le parole che pronuncia battendo in terra, mentre da una scatola ai suoi piedi si solleva un grosso serpente di nome Grand Zombi che le si avvolge intorno al corpo.

Il bacio del serpente

Tutti ne sono ipnotizzati, persino gli agenti di polizia; a quel tempo Marie doveva avere appena quarant’anni. L’episodio, riportato con emozione da alcuni testimoni, rielabora un rito che nella tradizione africana vede una sacerdotessa alle prese con un serpente, di solito un pitone, al quale permette di “baciarla” sul viso per trasferirle poteri e visioni.

Marie attraversa la folla stringendo le mani dei presenti. Al centro, in un calderone, bolle dell’acqua e al suo interno vengono gettate le offerte che possono includere galline, rane, lumache e serpenti mentre la sacerdotessa canta
L’Appé vini, le Grand Zombi, L’Appé vini, pou fe gris-gris!
Il Grand Zombi sta arrivando per fare gris-gris, parola creola per incantesimo o amuleto caricato magicamente con il potere delle divinità e che nel vodou può essere rappresentato da qualsiasi oggetto o animale, vi torneremo più avanti. Talvolta, il serpente è simboleggiato da un uomo che danzando reca in mano una bara di piccole dimensioni, nudo, con i lombi avvolti da un panno cremisi.

Il Grand Zombi nel vodou di New Orleans è la divinità suprema congolese Nzambi Mpungu, lo spirito che parla attraverso il serpente.

Widow Paris

Il nome Marie Laveau compare per la prima volta negli archivi alla data del matrimonio con rito cattolico registrato tra una giovane donna nera e libera di ventun anni e Jacques Paris, il 4 agosto del 1819. Entrambi battezzati, non hanno avuto figli; Jacques morirà tra il 1822 e il 1824 e Marie, divenuta la “vedova Paris”, trova impiego come parrucchiera e arriva così nei salotti delle facoltose signore della New Orleans bene.

Attraverso questa nuova rete di frequentazioni, Marie accede all’upper class cittadina e conosce Louis Cristophe de Glapion, un mulatto libero di discendenza francese con il quale avrà ben quindici figli, pur non sposandosi mai.

Struttura matriarcale

Il vodou di New Orleans si forma a “strati” in evoluzione dinamica e sincretica tra radici africane, influenze caraibiche, suggestioni nordamericane e cattolicesimo europeo, e si distingue per un tratto marcatamente matriarcale dell’autorità, che viene rappresentata ed esercitata da una queen piuttosto che da un king.

Marie dovette iniziare la sua pratica di operatrice vodou negli anni Venti dell’Ottocento. La prima testimonianza di un riconoscimento del suo ruolo religioso è un articolo sulla stampa locale nel 1850, dove viene definita “capo delle donne vodou”. Sono anni, quelli a metà XIX secolo, che vedono dure persecuzioni da parte delle istituzioni nei confronti dei praticanti vodou e delle religioni tradizionali.

Gli anni del boom

Un’altra particolarità del tutto specifica di questo vodou americano è la profonda influenza del cattolicesimo romano sulle forme del culto, dalla venerazione dei santi alle preghiere a una ritualistica improntata su un cerimonioso sacramentalismo; decisivo nella formazione di Marie Laveau è l’incontro e la profonda amicizia che d’ora in poi manterrà con Pére Anton, parroco della cattedrale di Saint Louis, ricordato per aver protetto la gente di origini africane o haitiane di New Orleans durante le dure repressioni messe in atto dalle autorità angloamericane che avevano assunto il controllo del territorio nel 1803; d’altra parte, questa data segna anche la caduta di molte restrizioni per la gente nera: viene loro concesso per la prima volta, infatti, di radunarsi liberamente in occasione di cerimonie religiose come i matrimoni, sullo sfondo di un notevole incremento della popolazione causato dallo spostamento di neri liberi e rifugiati haitiani dopo il 1804.

Marie l’intoccabile

Le disuguaglianze razziali, ai tempi di Marie, sono ancora una piaga per il giovane paese, dove i proprietari terrieri bianchi tentano di imporre, giustificare e detenere una supremazia o “superiorità” ideologica oltre che economica.

Secondo la leggenda, Marie era nipote di una nganga congolese o medium. In lei sembra essersi incarnata alla perfezione l’esigenza e la voglia di un popolo dinamico e aperto tra l’esperienza ancora viva della terra d’origine e questo nuovo mondo di difficoltà ma anche di possibilità, respirandone tutte le correnti.

Madre, oceano, Iside del Sud

Marie “riplasma” la teologia e il pantheon vodou originario introducendovi la Madonna e altri santi, e adottando il termine god invece di nomi di origine africana come Mawu-Lisa, Gran Mét o Bondyé. La liturgia così ripensata è fortemente influenzata dal cattolicesimo: i suoi Salmi sono preghiere “infuse di vodou” dove l’adorazione per una dea, centrale nel rito e nelle preghiere nell’ottica “matriarcale” di cui sopra, si combina con quella per la Beata Madre Maria.

L’innovazione più significativa è proprio la devozione speciale alla Beata Madre ‒ si noti, non si fa cenno alla verginità. Questa divinità
ha molti nomi e nella tradizione africana è Oshun, dea dell’amore, Oya, dea dei fulmini e del vento, o Yemaya, dea dell’oceano...
ed è anche lo Spirito Santo, Grazia di Dio, Iside del Sud.

Confezionava e vendeva con grande successo imprenditoriale e di positivo ritorno sulla sua immagine degli strumenti magici, incantesimi, che sono quelli della tradizione africana: il gris-gris, ad esempio, è termine generico diffuso in tutta la letteratura vodou tra l’Africa e Haiti e può riferirsi praticamente a tutto, persino a un segno tracciato sul terreno o all’atto di sistemare una croce. Lei li corredava poi di
erbe e radici, peperoncini, zucchero, sale, aromi, scarti animali, terra di cimitero, polvere da sparo, aghi e puntine, unghie, bambole, candele, incenso, acqua benedetta e immagini dei santi.
Uomini e donne di ogni classe sociale andavano da lei per ricevere un consulto o acquistare gli amuleti “benedetti dagli dèi”, la sua fama cresceva nella misura in cui la paura verso il vodou andava scemando anche grazie alle “rivisitazioni” più rassicuranti di Marie, e in molti si affacciarono timidi e curiosi sulla soglia vertiginosa delle antiche religioni africane di possessione-divinazione.

Nel frattempo Marie è impegnata in opere di carità presso i bisognosi, soprattutto nelle carceri: si reca spesso nelle celle dei condannati e le sue visite sono accolte dai detenuti come una benedizione.

Marie Laveau trasforma il vodou in una “curiosa mistura” tutta sua, popolare e meno temibile, legato per sempre alla figura di questa donna che lo ha così profondamente ripensato e reso accessibile. Della centralità della figura femminile nel culto e nella devozione ha saputo fare un punto di forza in primo luogo per se stessa, libera, decisa, potente, stimata e benvoluta, mai sopra le righe, facendo eco a un proverbio creolo che recita:
Petit á petit,
l’oiseau fait son nid
 (a poco a poco, l’uccello fa il nido).

*

(P. T. Dolan, Catholic in the Morning, Voodoo by Night: An Analysis of Marie Laveau’s Syncretistic Practice of Roman Catholicism and Voodoo)

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