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Cassandra “menade frenetica” tra apollineo e dionisiaco

Capacità profetica ispirata, seppure accompagnata dalla mancanza di affidabilità, follia, verginità, giovinezza e straordinaria bellezza. Cassandra, figlia di Priamo ed Ecuba, racchiude in sé tutti i tratti più peculiari dell’eroina, in particolare nelle versioni tragiche del V secolo di Eschilo (Agamennone) ed Euripide (Troiane), anche se il suo percorso e la configurazione del suo profilo mitico sono iniziati ben prima. Questi temi sono i motivi per cui la vicenda della principessa troiana ha goduto e gode di una fortuna ininterrotta fino ai nostri giorni, nell’arte come nella letteratura, che ne ricordano i principali episodi tra cui l’oltraggio compiuto da Aiace durante la presa di Troia e l’essere stata scelta da Agamennone come preda di guerra¹.

Cassandra, John Collier (1850-1934), via Wiki commons

Si tratta di due percorsi interconnessi, la vicenda drammatica delle donne di Troia e quella di Cassandra concubina di Agamennone e vittima di Clitemnestra, una parthenos destinata al gamos ma che pure muore vergine, fin dalle fonti omeriche (Il., 15, 700) è lodata e ricordata per la sua eccezionale bellezza e le doti fisiche, “simile all’aurea Afrodite”. Il dono profetico sembra essere un motivo inserito posteriormente, anche se già noto a Pindaro (Pitica XI), in cui Cassandra viene già chiamata μάντιν κόραν.

Addio Ilio, addio “bella cerchia di torri”. Posidone avvia l’azione tragica nelle Troiane di Euripide presentando il funesto destino di Troia che soccombe, distrutta e saccheggiata, all’ultimo assalto degli Achei. Il dio è pronto ad abbandonare i templi della città ridotta in fumo perché in una tale devastazione “langue il culto dei Numi”. Quindi appare Atena, decisa ad ottenere dal “mite” Posidone un aiuto in favore dei Troiani.

Alla caduta di Troia Cassandra fugge nel tempio di Atena inseguita da Aiace Oileo che la trascina via mentre tenta di rimanere abbracciata alla statua della dea. Di questo episodio, che tanta fortuna avrà nelle arti figurative, non c’è alcuna menzione nei poemi omerici.

Nel dialogo che segue tra Atena e Posidone «si lascia intendere che il gesto sacrilego compiuto da Aiace [...] convince Atena a infliggere agli Achei un’aspra punizione divina: l’affronto rivolto alla dea Parthénos non resterà invendicato e “affinché gli Achei imparino a rispettare i suoi santuari”, Atena, con la complicità di Posidone, riserverà per loro un amaro ritorno»².

E intanto Cassandra, prossima al suo funesto connubio, in preda al delirio profetico, con la mente che erra senza posa tra psicosi e creatività divinatoria, vestita da sacerdotessa brandisce le fiaccole sacre a Imeneo e intona un canto ambiguo.

Io porto la fiaccola, io celebro, inondo di luce

L’inno a Imeneo, protettore delle nozze, si confonde nelle parole di Cassandra con una preghiera votiva a Ecate, divinità lunare identificata con Persefone, signora d’oltretomba.

per te, Imenèo, per te, Ècate, [faccio brillare] il fuoco che si addice a nozze virginee

Quando il canto si commuta in danza, Cassandra, come invasata, un’“anima accesa dal dio”, invoca Apollo ma emette il grido di giubilo delle Baccanti:

Nel tuo tempio, fra i lauri, conducilo, o Febo, a onorarmi, tu stesso, Imen o Imene.

«Invita quindi la madre e le fanciulle frigie a unirsi ai suoi passi per celebrare le nozze con Agamennone, e la sua danza non avrebbe fine se Ecuba non intervenisse a trattenere la figlia e a far cessare i suoi slanci, cui neppure la sventura ha restituito il senno»².

Infine la lucidità ritorna, sa di essere destinata come vittima sacrificale a una morte cruenta che sola può spegnere il suo furore, altrimenti destinato a un moto perpetuo come nel modello delle “vergini erranti”. Tutto tace su Ilio distrutta, piangono le donne, le troiane protagoniste del dramma, Andromaca e la vecchia Ecuba, che con le sue “tremule, tremule membra” s’appresta a trascorrere i suoi ultimi anni in servile esilio.

Nelle Troiane il rapporto tra Cassandra e Apollo è diverso da come viene risolto in Eschilo: nell’Agamennone l’eroina e il dio sono nemici, lei osa un atto di disobbedienza rifiutandosi di sottomettersi al desiderio altrui, di essere una preda di guerra, e la punisce; in Euripide invece Apollo non è un antagonista ma un alleato. La vergine invasata da Apollo e Dioniso non ha altri nemici che gli uomini, i quali osano tentare di violarla senza neanche rispettare gli dèi che la proteggono¹.

Per questo ambivalente rapporto con gli dei, per la stessa natura ossimorica dell’eroina in un continuo sbilanciarsi ora verso il nomos ora verso la ribellione, la verginità e il gamos, la ragione e la mania, la figura mitico-tragica di Cassandra si pone lungo una particolare linea di confine che separa il divino e l’umano in una “mescolanza di voci” tra appartenenza ed emarginazione, la verità e l’inganno, il sacrificio e la vendetta¹.

Cassandra supplice presso la statua di Atena durante il sacco di Troia, Jérome Martin Langloi, 1810, via Wiki commons

1) D. de Paco Serrano, Cassandra e le donne tragiche, Università di Murcia-Grimm, Trieste. 2) L. Faranda, Dimore del corpo. Profili dell'identità femminile nella Grecia classica, Meltemi, 2007, pp. 74 ss. I versi riportati sono adattati dalla trad. di E. Romagnoli.

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