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Atena/Allat dalla Siria a NY City

La ricostruzione parte da Palmira. The Spirit in the Stone è il titolo dell’esibizione che ha inaugurato il suo capitolo americano lo scorso 22 novembre: vi partecipano l’Institute for Digital Archaeology di Oxford, l’alta tecnologia italiana messa a disposizione dall’Onu, ed è patrocinato da Nazioni Unite ed Emirati Arabi allo scopo di preservare e diffondere il retaggio culturale siriano messo in pericolo dalle devastazioni della guerra; dopo aver ricostruito in 3D l’Arco di Trionfo, ugualmente andato distrutto nel 2015 a opera del Califfato, l’équipe ha realizzato la riproduzione della statua di Atena a grandezza quasi naturale il cui originale era conservato nel suo tempio in città.

Non sembra essere disponibile alcuna immagine ufficiale di questa riproduzione; l’unica testata che ad oggi riporta la notizia è Breaking Israel News che però fa confusione con un altro evento, il restauro di una statua degli anni Venti del Novecento che orna il Partenone di Nashville, Tennessee.

La dea Allat

Atena è in viaggio da molto tempo: prima di poggiare il piede oltreoceano è stata esposta a Londra, Dubai, al G7 di Firenze; ora è ammirata davanti al City Hall di New York. Prima di adesso riposava nel suo tempio, raffigurata secondo l’iconografia greco-romana nella sua qualità di dea della giustizia e della saggezza, la Allat venerata fin nel primo islam come moglie di Allah menzionata nel Corano.

Allat-Minerva, Siria, Museo nazionale di Damasco, via Wiki commons

A Palmira il suo tempio, eretto nel II secolo aev, era accanto a quello di Baal. A metà del V secolo aev Erodoto racconta che gli Arabi adorano due divinità, Orotal (Ruda, poi identificato con Mercurio secondo interpretazioni più tarde) e al-Ilât, della cui importanza in particolare si sofferma lo storico greco che la associa ad Afrodite Urania. Ancora Origene, molti secoli dopo, nota come gli Arabi credessero in due divinità, una maschile e una femminile. Il culto di Allat è condiviso da molte importanti famiglie a struttura tribale, che finirono con l’adorarla come un’antenata e a farle assumere dei connotati funerari che prima non le erano propri; lo stesso re dei Nabatei le dedica la costruzione di un tempio, inaugurato nel 56 ev, ricordando per l’occasione tutta la sua stirpe.
Questo è il tempio che Rawaḥu figlio di Maliku figlio di Aklabu figlio di Rawaḥuha costruito per Allat, la loro dea, che si trova in Salḥad, e il cui culto Rawaḥu figlio di Qasiu il bis-bisnonno di Rawaḥu sopra menzionato, ha qui stabilito. Nel mese di Ab, diciassettesimo anno di Maliku, re dei Nabatei, figlio di Haretat, re dei Nabatei, amante del suo popolo.
I Nabatei avevano occupato la regione collinare a sud della penisola araba dopo essere passati per Damasco, attorno all’85 aev; l’indicazione che la dea si trovi proprio a Salḥad confermerebbe che il culto è di importazione e non autoctono, arrivato insieme alle genti che ora legittimano il proprio primato.

Nomi diversi per la stessa dea

La diffusione è immediata e popolarissima. Le si dedicano banchetti e feste ed è ospite anche al tempio di Baal Shamin, dove le viene dato il nome Astarte (‘štrt), controparte fenicia di Ishtar, identificazione resa possibile dalle influenze vicinorientali nella regione. Sulle tesserae di cui si dotano fedeli e partecipanti è raffigurata seduta su un trono con un leone al suo fianco e sulla mano è posato un uccello oppure stringe una spiga (raffigurazione “prestata” da Atargatis), o ancora in piedi, con una lunga tunica, nell’atto di alzare uno scettro, e il suo epiteto è blty, mia signora. Un cammello che le si fa incontro aggiunge talvolta un motivo orientale.

Atargatis la dea pesce

In realtà il “dualismo” divino di cui fa menzione Erodoto non è così stringente. Alcune testimonianze riportano più divinità: Bel, Baal Shamin, Yahribol, Aglibol e Astarte sono raffigurati su una stele nella regione di al-Maqate‘, mentre un'altra da Wadi ‘Arafa mostra nove figure. Accanto all’offerente si trovano, da sinistra a destra: Astarte, Aglibol, Malakbel, Bel, Baal Shamin, Nemesis, Arsu e Abgal, dove Bel e Baal Shamin rappresenterebbero due teofanie dello stesso dio.

Palmira, tempio di Bêl

Nel II secolo ev Allat assume le caratteristiche proprie della Atena greco-romana e nel suo ambito, per così dire, “shiftano” anche il suo culto e la sua immagine; sotto l’influenza dell’arte ellenistica viene raffigurata con gli attributi classici, l’elmetto, l’egida e lo scudo; lo testimoniano le molte iscrizioni greche di dedica ritrovate nella zona, che però non sono sempre concordi: in una, ad esempio, è nominata “Allat che è Artemide”, alludendo forse a una similitudine con Atargatis a sua volta identificata con la dea della caccia e degli animali.

J. Teixidor, The Pantheon of Palmyra, Brill Arhive, 1979, pp. 53-62.

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