Verso la fine del II secolo Galeno scrive il Trattato sulle passioni, o meglio il trattato sulla cura delle passioni, si suppone, sulla base di un’indicazione contenuta nella stessa opera, all’età di circa cinquant’anni. Per il celebre medico, le passioni e gli errori sono causati da un eccessivo amore di sé che produce illusioni e genera cecità. Ma nessuno può essere il medico di sé stesso: per guarire dall’amor sui bisogna affidarsi a un altro, preferibilmente maturo, schietto, non troppo ostile né indulgente e al di fuori della nostra cerchia di amicizie.
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Ferdinand Georg Waldmüller, Apothekenladenschilder, 1826. Via Wiki Commons |
Il principio da cui parte Galeno è quello secondo il quale non è possibile guarire se non si sa da cosa si deve guarire.
La scienza, o piuttosto la tekhne medica, ha bisogno di conoscere la malattia che dovrà trattare, ma nel trattato sulla cura delle passioni Galeno spiega che il suo obiettivo non sono la cura e la terapia delle malattie fisiche, bensì piuttosto delle passioni e degli errori.Perché, se è vero, egli dice, che i malati, pur senza conoscere la loro malattia, ne soffrono abbastanza, o a causa di essa soffrono di una serie di disagi abbastanza manifesti – tali da indurli a recarsi spontaneamente dal medico –, per quel che concerne le passioni e gli errori, al contrario, ci si trova in una condizione di ben maggiore cecità.
La funzione dell’altro
Infatti, prosegue Galeno, si ama sempre troppo sé stessi per riuscire a non farsi delle illusioni.
Ma proprio il fatto che ci si crei delle illusioni scredita per ciò stesso il soggetto, che non può, pertanto, assumere la funzione di medico di sé stesso che potrebbe avere, o che potrebbe altrimenti pretendere legittimamente di esercitare.
Una tesi del genere, dunque, non ci autorizza a giudicare noi stessi, ma legittima altri a farlo. Di qui la necessità di fare ricorso a un altro per guarire dalle proprie passioni e dai propri errori che nascono da quell’amor di sé che produce illusioni su tutto.
Ma a chi affidarsi? A questo proposito, dice Galeno, occorre fare attenzione e stare in agguato. L’Altro di cui si ha assolutamente bisogno per guarire da sé stessi non dovrà essere nei nostri confronti né indulgente né ostile, né dobbiamo farci abbagliare da valori esteriori come la ricchezza, la potenza o la mostra e il vanto di sé.
Qualità morali
Galeno, da medico, evidentemente traspone nell’ambito della direzione dell’anima un certo numero di nozioni e di concetti tratti dalla medicina, utilizzando la nozione fondamentale di pathos, insieme a tutta la serie delle analogie che vanno dal corpo all’anima. In nessun momento, comunque, Galeno ritiene che colui al quale ci si affida in questi casi debba essere una sorta di tecnico dell’anima. Quello che gli si chiede è di possedere un certo numero di qualità morali, due in particolare.
In primo luogo la franchezza (parrēsia), l’esercizio del parlar-franco, in secondo luogo la maturità: è infatti preferibile scegliere un uomo che sia già avanti negli anni.
A questo proposito, quasi in risposta a Socrate che raccomandava ad Alcibiade di approfittare della sua giovinezza per occuparsi di sé stesso («A cinquant'anni sarebbe ormai troppo tardi»), Galeno scrive:
Per diventare un uomo completo, ciascuno ha bisogno di esercitarsi, per così dire, per tutta la vita.
Infine, in maniera abbastanza singolare in un’epoca in cui la maggior parte degli intellettuali tendeva a creare rapporti di direzione e continuità da maestro ad allievo nella cerchia delle amicizie già consolidate, per Galeno colui al quale ci affideremo dovrà essere uno sconosciuto.