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Buddhismo, 10 cose da sapere

Religione, filosofia, civiltà: molte definizioni sono state applicate al Buddhismo, molte se ne cercano ancora, ma nessuna categoria sembra riuscire a ingabbiare una tradizione così articolata, antica e diffusa. Nelle lingue anglosassoni si preferisce usare il termine mindfulness, consapevolezza; non esiste un dio, ma un fine ultraterreno; i suoi concetti sembrano inafferrabili agli strumenti della logica e possono essere compresi solo attraverso uno sforzo metaforico.

1. Buddha

La parola Buddha è un participio passato e significa ‘svegliato’, cioè ‘risvegliato alla conoscenza’. Nel Buddhismo, il Buddha è una qualità, un esempio, una via.

2. Siddharta

Il termine viene attribuito a un personaggio storicamente esistito, Siddharta Gautama (563-460 aC circa), principe indiano di un territorio dell’attuale Nepal. Un appellativo di Buddha è shakia/muni, ‘saggio che parla poco’; gli shakia erano una sorta di dinastia del VI sec. aC., e Siddharta è colui che ha realizzato perfettamente il suo destino.

3. L’essenza

Dalla stessa radice budh deriva il termine Bodhisatva, dove satva ha la stessa valenza del latino esse, e significa ‘colui la cui essenza è fatta di bodhi (risveglio)’.

4. Né dio né uomo

Buddha non è una divinità, non è venerato come un essere supremo o un dio creatore; al tempo stesso, però, non è neanche umano: è una realtà cosmica che si incarna per comunicare all’umanità sofferente una via di uscita. Nelle sue vite precedenti, Buddha è stato molte cose.

5. La “legge

Il dharma è l’insegnamento del Buddha, ma non è un testo scritto; è l’essenza dell’universo, una realtà assoluta che si fa sostanza attraverso la coscienza cosmica ma non è una forza creatrice; è la ‘luce immota’, perfetta e senza condizioni, è la fonte di tutti i pensieri ma non è un pensiero, e per effetto dei desideri si corrompe.

6. I veicoli

Il Buddha si fa uomo per comunicare il dharma; il Buddhismo Mahayana (‘del grande veicolo’) si diffonde in tutta l’Asia, mentre lo Hinayana (‘del piccolo veicolo’), di carattere prevalentemente monastico, rimarrà più strettamente legato agli insegnamenti originari. Buddha (la sua esperienza), dharma (l’insegnamento) e sangha (la comunità) sono i tre ‘gioielli’.

7. I tre corpi di Buddha

Si tratta di una dottrina che esprime i diversi aspetti della realtà, a cui non si arriva solo con la logica. Il primo è il corpo fisico, l’uomo realmente esistito; il secondo è il corpo glorioso: i lobi allungati, il punto tra le sopracciglia sono segni che possono vedere solo i ‘risvegliati’; il corpo del dharma, infine, è quello attraverso cui comunica la verità per accedere al nirvana.

8. La somma di tutto

Il concetto di nirvana ha sempre generato una sostanziale incomprensione. Nelle traduzioni occidentali è stato reso come il nulla, ma sarebbe più esatto dire ‘nulla di ciò che possiamo immaginare’, l’inconoscibile.

9. Le quattro nobili verità

Tutto è dolore, nulla è permanente; il dolore nasce dal desiderio, è la concezione di karma come espressa nelle Upanishad; non esiste l’anima individuale, né in senso occidentale né l’idea induista di atman: l’anima, nel Buddhismo, è un’entità trascendente al di là della comprensione logica umana; per far cessare il dolore, bisogna far cessare il desiderio, disciplinarlo, perché porta gli uomini a vedere il mondo attraverso il proprio limitato punto di vista. 

10. Coincidenza degli opposti

La fine della sofferenza corrisponde alla fine della permanenza. Per sottrarsi alla sofferenza si deve raggiungere uno stato privo di condizionamenti fisici, ma anche logici: bisogna compiere uno sforzo per andare al di là delle parole, dei concetti e anche delle contrapposizioni - uno stato assoluto nel senso latino di ‘sciolto’ (dai legami).

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Fonti: R. Payne, Buddhism or buddhisms: mirrored reflections (OUP) ; F. Scialpi, appunti di un intervento all’Università La Sapienza (14 aprile 2012) | img credit

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